Audaci. Sconvolgenti. Folli. La Famiglia Fang non è una famiglia ordinaria. Il suo modo di vivere la vita è usare una banca, una piazza, una pista da pattinaggio come teatro di posa per le loro performance. Caleb e Camille, assieme ai piccoli Annie e Baxter hanno sempre fatto parlare di sé, sia nel mondo dell’arte che nella vita ordinaria, ma cosa sarà successo quando i due bambini sono cresciuti? Questo amore per la follia e la stravaganza sarà rimasto?
Tratto dall’omonimo e acclamato best seller di Kevin Wilson, La Famiglia Fang è un film senza mezze misure. Un’ironica riflessione sull’arte e una cinica rappresentazione della vita e i suoi legami. Scritto dal premio Oscar David Linsday-Abaire, la regia del film è stata affidata all’attore (interprete in questo caso del cresciuto Baxter Fang) Jason Bateman, il quale viene da una lunga esperienza come regista nel campo televisivo.
Ad affiancare sullo schermo Bateman troviamo il Premio Oscar Nicole Kidman, assolutamente bellissima come sempre, nei panni di Annie Fang, e nei panni di Caleb e Camille Fang troviamo il Premio Oscar Christopher Walken assieme a Maryann Plunket.
La pellicola entra nell’immediato nel vivo della storia, facendo un ritratto pittoresco della famiglia Fang fin dalle loro origini. Camille e Caleb, rispettivamente interpretati nelle loro versioni più giovani da Kathryn Hahn e Jason Butler Harner, si conoscono dai tempi dell’università. Insieme hanno studiato improvvisazione e arte drammatica. Caleb ha mostrato aver un attacco morboso nei confronti della performing art fin da subito. Il suo credo è sconvolgere, andare oltre le apparenze camuffando la realtà. Camille lo ha fin da subito seguito e non ci è voluto molto prima che anche i loro figli, Annie la primogenita e Baxter, venissero coinvolti nelle bizzarre performance pubbliche dei genitori.
Ma quando si è bambini tutto viene preso come un gioco, e per Annie e Baxter l’arte dei loro genitori era davvero divertente, fino a quando, crescendo, non hanno trovato quell’attaccamento stancante e sminuente.
Tra genio e follia, La Famiglia Fang è fin da subito entrata nella bocca di tutti, dai critici ai normali passanti vittime delle bizzarre performance. Per Annie e Baxter non è facile vivere con questo fantasma, caricati di eccessi e stimoli fin da bambini, sono incapaci di vivere una vita stabile e in equilibrio. A distanza di anni, Annie vive dall’altra parte degli Stati Uniti, concentrata sulla sua carriera da attrice, che stenta però a decollare perché ancora troppo legata, da parte della critica e giornalisti, alla figura dei suoi genitori.
Per Baxter le cose non sono migliori. Dopo un grande bestseller e un secondo libro mediocre, lo scrittore è intrappolato nella stesura del suo terzo manoscritto da anni e si guadagna da vivere scrivendo articoletti commissionati da varie riviste. A causa di in incidente, proprio durante delle ricerche bizzarre sul campo per un nuovo articolo, Baxter è costretto a tornare per un periodo di convalescenza dai suoi genitori.
Ne approfitta anche Annie, bisognosa più che mai di un periodo solo per se stessa e per schiarirsi le idee. Caleb e Camille interpretano “male” il ritorno dei figli, e quando si trovano davanti al rifiuto di questi verso una nuova performance, il risultato è una classica litiga tra genitori e figli. Incomprensioni che si accumulano su rimorsi e rimpianti.
Caleb non accetta che i suoi figli si siano staccati così tanto dall’arte, non apprendendo nulla dalla loro infanzia. Non comprende soprattutto l’atteggiamento fin troppo razionale di Annie, incapace di vedere oltre il proprio naso, fermandosi unicamente all’apparenza.
Eppure qualcosa sconvolgerà radicalmente l’esistenza di tutti i membri della famiglia, riunendoli in modo inconsapevole, cioè la scomparsa improvvisa di Caleb e Camille.
Ma è davvero tutto un tragico incidente o solo una nuova trovata dei coniugi Fang per impressionare tutti, primi fra tutti i figli?
Arrendersi all’evidenza dei fatti oppure andare oltre all’apparenza? Cosa vogliono veramente dire Caleb e Camille? È davvero possibile che siano morti?
I molteplici interrogativi che si formulano fin dalle prime scene del film tra battute ironiche e cinismo sottile, dettano un ritmo serrato ad un film che convince fin dal primo sguardo.
La Famiglia Fang non è un film facile. Sicuramente, non è una storia dalla regia semplice. Assomiglia a quei classici racconti perfettamente funzionati sulla carta perché verbosi, bisognosi di lunghi respiri e silenzi interiori. Una storia costruita su più livelli, dove il punto di vista può cambiare a seconda di come ci si vuole approcciare alla storia.
Un racconto che mescola il genere della commedia e quello del thriller, ma che vuole anche essere una profonda riflessione sul mondo dell’arte, sul binomio realtà e apparenza e sulla difficoltà di essere genitori ma, soprattutto, figli.
Jason Bateman riesce in un’impresa per nulla facile. Una regia pulita ma che sa essere accattivante. Un film che scorre piacevolmente ma che richiede una sensibilità non indifferente. Un prova per l’attore/regista incredibile che riesce a convincere, pur presentando qualche piccola imperfezione nello svolgimento della narrazione.
È una discesa nel mondo di Camille e Caleb attraverso lo sguardo disincantato di Annie e Baxter, aiutati da falsi elementi di repertorio, come le interviste a due famosi critici d’arte o il documentario stesso girato sulla vita da performer di Camille e Caleb.
La Famiglia Fang si apre ad un mondo dove nulla è ciò che sembra, ed è proprio per questo motivo che Annie non riesce ad arrendersi all’idea di aver perso per sempre i suoi genitori. Quei fantasmi tanto odiati per la sua carriera, diventano un ricordo impossibile da lasciar andare a tal punto che la sua investigazione appare quasi folle e ossessiva.
Al lato opposto della medaglia si pone Baxter. Lui accarezza fin da subito l’idea di quella scomparsa. Asseconda Annie, eppure il timore che questa volta il sipario sia calato per sempre è più concreto. Questa diversità tra i due fratelli non li divide, ma li unisce. Abbandonandosi ai ricordi d’infanzia, Annie e Baxter cercano di capire qualcosa su quel mondo astratto da sempre idolatrato dai propri genitori.
Esattamente come accadeva per William in Big Fish di Tim Burton, il quale tenta di andare più in fondo nelle assurde storie raccontate dal padre, cercando di comprendere il confine tra realtà e finzione, allo stesso modo si muovono Annie e Baxter in una caccia al tesoro che li porterà anche a comprendere molto di se stessi, liberandosi dalle insicurezze del passato.
È una rottura dei legami, una critica piuttosto feroce al rapporto genitori figli, ma anche un inno al ritrovamento di se stessi, alla ricerca delle propria identità e anche delle proprie radici, con un confronto generazionale sempre presente.
La Famiglia Fang inizia come se fosse una commedia, continuando però come un thriller molto ambiguo, in quale si dirama tra realtà e finzione, tra l’oggettivo e il soggettivo, l’evidenza dei fatti e ciò che, invece, vogliamo vedere. In questo modo la pellicola si conclude come se fosse un’allegoria della vita stessa.
Un finale inaspettato, capace di spiazzare lo spettatore. Una drammaticità portata ad altissimi livelli che si esprime nel massimo del cinismo di tutti i personaggi. Un finale per nulla scontato, sicuramente non banale, a tal punto da rendere quasi insoddisfatti.
C’è una nota talmente tanto amara da rendere quasi inverosimile, nella sua paradossale realtà, la scelta della conclusione; eppure, accese le luci del cinema, si prende la consapevolezza che altro finale non poteva realmente esserci per La Famiglia Fang.
Le coinvolgenti ultime parole racchiudono il senso del film e, nelle sue piccole imperfezioni, La Famiglia Fang risulta essere un film davvero perfetto.