Brivido e adrenalina. Vita e morte. Uomo e natura. Queste sono le parole chiave di Point Break, film di Ericson Core con Edgar Ramirez, Luke Bracey, Teresa Palmer, Delroy Lindo e Ray Winstone, remake dell’omonimo cult anni novanta di Kathryn Bigelow con Keanu Reeves e Patrick Swayze.

Point Break è un film da prendere assolutamente con le pinze. Puro intrattenimento in stile ventunesimo secolo, sfrutta abilmente tutte quelle tendenze che le performance estreme hanno rilanciato negli ultimi anni grazie allo spasmodico uso di Youtube, dove il superamento del limite è la ricerca del limite stesso e la sua spettacolarizzazione.

Point Break ha ben poco a che vedere con il suo predecessore

Point Break ha ben poco a che vedere con il suo predecessore, se non per pochissime analogie che riguardano i protagonisti e il loro stile di vita. Ericson Core decide di puntare il tutto e per tutto sua una storia diversa, dal gusto più pop e decisamente più adrenalinica che lascia unicamente spazio all’uso del cinema come macchina di puro intrattenimento, privo di struttura e profondità.

Eppure, per quanto l’epoca di Youtube abbia condizionato moltissimo la visione percettiva delle cose, il cinema è ancora – e per fortuna anche – cosa molto diversa, e sperare di far reggere un intero film con le sole scene di spettacolare azione in bilico tra realtà e finzione, è una missione suicida.

Ericson Core, nonostante tutto, si butta giù dalla montagna senza imbracatura esattamente come i suoi protagonisti, disposti ad abbracciare la morte pur di arrivare a conoscere i loro limiti superandoli e andando, inevitabilmente, vero il loro punto di rottura.

 

Point Break

Il punto di rottura è quando la paura si impadrona di te e tu diventi il suo schiavo.

Già dall’inizio il film introduce lo spettatore in quello che sarà il filone da seguire fino alla fine: il puro, e anche un po’ mero, intrattenimento action.

Point Break vanta sicuramente di una composizione della scena e gestione delle sequenze che sfociano con naturalezza nel reale, merito anche dell’incredibile staff di professionisti tra stunt e atleti di cui Core si è circondato e anche hanno partecipato entusiasticamente al progetto sulla scia della pellicola del 1991.

Ciò che sicuramente Core, assieme allo sceneggiatore Kurt Wimmer, ha tentato di fare è caratterizzare i suoi personaggi, dandogli un arco di sviluppo quasi vogleriano, in modo tale che le sole loro azioni potessero mandare avanti l’intera pellicola, senza il reale bisogno di una struttura alla base. A modo suo ci riesce pure, ma in maniere abbastanza semplicistica a tal punto da scivolare nel deus ex machina più di una volta.

Lo sbaglio imperdonabile è la quantità di luoghi comuni e frasi apparentemente profonde, lanciate senza una vera raccolta successiva, rendendo i personaggi piatti. Una spolverata di sola superficie che non rende giustizia, senza scavare davvero affondo nell’animo dei suoi protagonisti, apparentemente diversi ma profondamente simili, a tal punto da non riuscire a chiudere definitivamente la loro “partita”.

 

 

Point Break

 

 

Johnny Utah (Luke Bracey) è un personaggio che ci viene mostrato per i primi secondi in un modo. Privo di limiti o inibizioni. Uno showman dello sport estremo. Ma ciò che vedremo per tutta la pellicola è una persona totalmente diversa. Un uomo che si è smarrito, che ha raggiunto il suo punto di rottura interiore e non è riuscito a tornare indietro. Utah è alla continua ricerca della propria via, e l’incontro con Bodhi metterà in discussione tutte le scelte fatte fino a quel momento.

Bodhi (Edgar Ramirez), invece, è corpo e spirito unito alla natura. Quello che potrà sembrare essere un atteggiamento sconsiderato nei confronti della sua stessa vita, va letto invece come una comunione tra carne e spirito. Bodhi usa disciplina in tutto quello che fa, buttandosi nel vuoto –figurativo e no- solo dopo aver fatto le sue adeguate valutazioni e individuato la sua via. Bodhi è la perfetta somma delle sue stesse scelte, e tenta di portare Utah sulla sua stessa via.

 

 

Point Break

Molte delle domande metaforiche che si pone Bodhi meritano un approfondimento, come la sua idea di essere davvero liberi e vivere secondo il proprio codice personale.

Afferma Core, il vero problema è che questo approfondimento non c’è stato. Core e Wimmer mescolano umanità e natura in modo totalmente diverso, alzando altri interrogativi e raschiando solo la superficie delle situazioni e delle teorie, a loro modo filosofiche, che Bodhi in primis solleva, ma che fanno anche gli altri personaggi, attraverso i loro passati e le loro storie.

Alcuni metodi adoperati da Bodhi e i suoi compagni atleti – come nel film originale – sono solo una scusa per poter riscattare, a suo dire, la natura per quello che gli ha offerto. La vera mission di Bodhi è compiere un’impresa impossibile, che va ben oltre il semplice estremismo, ovvero portare a termine Le Otto Prove di Ono Osaki, prove omaggio nei confronti della natura dove superare i propri limiti è solo l’inizio della sfida.

 

 

Point Break
Dal base jumping al wingsuit flyer, Point Break mescola la filosofia intima dell’atleta con le più sofisticate tecniche di ripresa digitale.

Il vero punto di forza di questo Point Break sta proprio nel suo riuscire a rendere reale, senza trucco, riprese di vere esecuzioni estreme come un volo alare con cinque persone che volano in formazione, in uno spazio angusto a velocità elevatissime.

Ovviamente per rendere la magia ancora più reale, il tutto è stato doppiamente ripreso da telecamere RED montate sui caschi delle controfigure. Questo metodo di ripresa è stato accostato a tutte le sequenze più estreme che costellano l’intera pellicola.

L’aiuto di vere maestranze nel settore dal freestyler Michael Swanson al campione australiano di surf Dylan Longbottom, oltre a filmaker specializzati in questo tipo di ripresa come Philip Boston, ha contribuito a rendere il risultato finale talmente realistico da riuscire a trasmettere la percezione allo spettatore di essere davvero accanto ai protagonisti, provando senso di vertigine e adrenalina.

 

 

Point Break
Point Break poteva davvero essere un film perfetto del genere

Point Break poteva davvero essere un film perfetto del genere, se solo gli autori ci avessero messo più impegno nella stesura della sua sceneggiatura, debole e ingolfata su se stessa, caratterizzata da un impianto basato sulle sole immagini edonistiche.

Personaggi di copertina circondati da uno scenario collettivo che gioca un po’ troppo sullo stereotipo della società giovanile attuale, dedita solo al divertimento facile dell’alcool e droga, resi poco credibili dai dialoghi didascalici e piatti, privi di contenuto o sentimento.

Ad infastidire ancora di più c’è l’inutile, e velocissima, linea sentimentale usata barbaramente come escamotage per uno dei colpi di scena finale. Wimmer in Giustizia Privata con Gerard Butler, pur scrivendo un film di intrattenimento, era riuscito comunque a costruire una struttura particolare e articolata da colpi di scena e piccole ingegnose trovate che rendevano il film, nonostante tutto, piacevole.

In Point Break si perde totalmente in se stesso, quasi appoggiandosi troppo su quella che poi sarà l’esaltazione performativa delle sequenze; ma, tirando le ultime somme, le immagini rendono molto scorrevole la pellicola, e se non si va al cinema con la voglia di una storia, ma con il solo desiderio di vedere uno spettacolo ad alta quota, allora Point Break è la scelta perfetta.

 

 

Point Break è un super videoclip appartenente alla cultura di YouTube.

Point Break è un super videoclip appartenente alla cultura di YouTube, dove si esalta lo sport, l’adrenalina e la sua messa in scena, come in uno spot di bibite energetiche, ma senza realmente andare a fondo nella storia e nei suoi personaggi che rimangono, piuttosto, degli strumenti di spettacolarità e intrattenimento.

Un film che si fa guardare, senza pretendere chissà che cosa, rivolto indubbiamente ai più giovani e agli appassionati, ma senza realmente lasciare il segno.

 

Point Break vi aspetta nelle sale italiane dal 27 Gennaio.