Scream VI, la recensione: lo stolto guarda il dito

Scream 6

È veramente incredibile come di fatto le stesse teste (meno una, forse la più importante, e non parliamo certo di Neve Campbell) che hanno creato un primo capitolo di un requel da una saga iconica praticamente perfetto, riuscendo in modo così coerente, peculiare e interessante a risollevarne le sorti (anche i fan più accaniti saranno d’accordo che quantomeno dal terzo capitolo in poi tutto fosse un pochino scaduto), abbiano poi creato un sequel che di fatto utilizza quegli stessi meccanismi su cui ha fondato le fortune in precedenza come un semplice specchietto per le allodole. Un tentativo di distrarre il pubblico. Un agente esterno che nulla ha a che vedere con il cuore della pellicola (forse motivi di produzione? Necessità di creare basi per fare universi vari ed eventuali?), rimanendo persino vittima. Non basta rievocare feticci vari ed eventuali come semplice materiale di scena, bisogna saper farli quanto meno rivivere. Neanche la base dell’effetto nostalgia.

Nella recensione di Scream VI, al cinema dal 9 marzo 2023 distribuito da Eagle Pictures, diretto ancora una volta dal duo Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett e scritto ancora una volta da James Vanderbilt e Guy Busick, vi parliamo di una pellicola che divora sé stessa nel tentativo di trovare una sua strada originale per destreggiarsi nello spirito della saga. Finendo con l’indicare verso tutt’altra parte, la stessa dove stanno tutti quegli altri titoli rappresentanti il fenomeno che il film stesso denuncia attraverso il solito personaggio (addirittura già autocitazionismo).

Un tentativo di distrarre il pubblico. Un agente esterno che nulla ha a che vedere con il cuore della pellicola, rimanendo persino vittima. Non basta rievocare feticci vari ed eventuali come semplice materiale di scena, bisogna saper farli quanto meno rivivere.

La cosa più incredibile, lo ripetiamo, è che parliamo di criticità che erano invece state i veri punti di forza del capitolo precedente, nel quale però c’era anche la presenza attiva di Kevin Williamson, la penna che “assistette” Wes Craven fin dal primissimo Scream, qui solo in veste di produttore. Forse una spiegazione può essere questa? A rigor di logica no, è veramente troppo poco.

Una che può essere invece già più credibile è l’ipotesi che gli autori si siano persi nel potpourri di ingredienti, alcuni, tra l’altro, potenzialmente gustosi, nel tentativo di trovare una ricetta che poi non riesce mai veramente ad azzeccare. Guardate, non che fosse facile, la meraviglia sta nel confronto con il passato recentissimo.

E pensare che di strade ce ne sono veramente, ma veramente tante, per andare in Paradiso, e una si era ancora intravista…

“Addio Woodsboro…”

Addio Woodsboro, addio tristezza, addio violenza, omicidi, sangue, coltelli e Ghostface. Benvenuta vita da collegiale tutta feste, ragazzi e tequile.

Probabilmente questo pensava Tara Carpenter (Jenna Ortega), fregandosene evidentemente del cognome che porta (scusate, è una stupidaggine, ma fa sempre ridere), quando aveva deciso di traferirsi a New York. Di tutt’altro avviso è la sorella maggiore, Sam (Melissa Barrera), che invece non la molla per un secondo, addirittura “teaserizzando” ragazzi la cui unica colpa è quella di trovare attraente la di lei consanguinea più prossima.

Lei non dimentica, lei non vuole dimenticare, lei vuole capire.

Addio Woodsboro, addio tristezza, addio violenza, omicidi, sangue, coltelli e Ghostface. Benvenuta vita da collegiale tutta feste, ragazzi e tequile.

Scream 6

Ma non quello che credete voi, c’è ben altro dentro la ragazza, qualcosa di più spaventoso del serial killer mascherato. Qualcosa che in realtà si può anche ben intuire, che la rende ancora di più un’appendice diretta della fu Sidney Prescott (che qui, per la primissima volta nella storia della saga, non compare).

E quindi eccoci: un nuovo gruppo di amici, con quattro volti storici e tre volti nuovi, un altro poliziotto, che fa coppia con un agente FBI che ha una faccia più che familiare, una città enorme, tutta una nuova serie di possibilità. Come può resistere il nero figuro alla tentazione di fare un ennesimo sequel?

Manca solo Gale Weathers (Courteney Cox), la quale, ovviamente, non tarderà ad arrivare, rea di aver scritto l’ennesimo libro (povero povero povero il nostro Linus). Stavolta però siamo di fronte ad un inedito, in teoria; quindi, tutti quanti sono veramente in pericolo, comprese le sorelle protagonista. Parola di nerd!

Scordarsi il compito in cui si era preso 10

Scream è stata una saga in grado di portare sullo schermo l’intero bagaglio di elementi slasher dell’horror, coniugandoli con il thriller, ribaltando il concetto di scream queen e mutando l’idea stessa del serial killer in modo da trasferire la sua intera credibilità ultraterrena in dei feticci precisi e nel loro uso. Da quello del coltello a quello della maschera passando per i telefoni. Tutto quanto studiato per creare una cornice iconica in cui posizionare elementi come la sessualità, la famiglia, le storie d’amore, il potere dei mass media e, infine, la cinefilia.

Questa, tradizionalmente premiata da tutte quante le pellicole (o serie di pellicole) di stampo metacinematografico e qui invece, letteralmente, spezzata in due, trovando nelle sue sfaccettature gli elementi che permettono di risolvere l’arcano e finanche di godere appieno dell’intero svolgimento del meccanismo filmico e poi della saga stessa, ma anche criticata così aspramente da rendere gli assassini stessi dei cinefili. Forse i più appassionati, i più fissati. La dimostrazione più evidente della veridicità della celebre frase di François Truffaut.

Tutto quanto studiato per creare una cornice iconica in cui posizionare elementi come la sessualità, la famiglia, le storie d’amore, il potere dei mass media e, infine, la cinefilia.

Ghostface

Tenendo questo a mente, pensate ora all’importanza del controcampo, estremizzato fino al fuori campo, al non vedibile. Dalla sua funzionalità all’interno del meccanismo del jumpscare o della telefonata dell’assassino fino all’idea narrativa del dietro le quinte del film horror. Due elementi straordinari che in questo sesto capitolo pareva si potessero coniugare benissimo, aprendo la strada ad un punto di vista inedito su cui poter costruire un nuovo grande capitolo.

Lo capite bene: partire da elementi così dentro alla struttura primitiva della saga per riutilizzarli in chiave moderna e andare da una parte tangenziale dell’ordinario, ma che si muove, di fatto, nello stra-ordinario. Come nel capitolo precedente.

Tutto sbagliato. 

Stavolta tutto quando diventa semplice esposizione (c’è un elemento del film che suona proprio di confessione inconsapevole), in cui i meccanismi meta e gli elementi dello slasher diventano un grande tentativo di distrazione che però fa cadere in trappola in prima persona gli autori. Indicare la luna e poi guardarsi il dito, sperando poi lo facciano anche gli spettatori.

In Scream VI la cinefilia è solamente un accessorio, due poster in camera, e il controcampo diventa una banale evoluzione caratteristica che sinceramente si apre e si chiude da sola. Tutto si impronta alle più classiche delle storie familiari, che potrebbe anche essere una buona idea di coming of age in chiave dark e sanguinosa, ma si perde nel confronto con la nemesi, uguale e contraria. E nascondersi dietro l’ennesima citazione vuota per dare un senso a tutto non può bastare a coprire lo strafalcione. Lo spettatore stolto non è. Una saga cinefila dovrebbe saperlo.

 Scream VI è disponibile al cinema dal 9 marzo 2023 distribuito da Eagle Pictures.

50
Scream VI
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Scream VI è il secondo capitolo della "saga requel" della serie originale creata da Wes Craven. La pellicola è nuovamente diretta dal duo Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett e ha anche le stesse penne alla sceneggiatura, eppure fallisce in tutto quello che era stato il punto di forza del capitolo precedente. Gli elementi metacinematografici, i tributi, i meccanismi originali riproposti, persino l'effetto nostalgia, si perdono in una banalissima quanto vuota citazione continua. Eppure, l'intro prometteva non bene, di più. Il finale corona lo strafalcione, rivelando, di fatto, la trappola in cui inconsapevolmente sono caduti gli autori.

ME GUSTA
  • L'intro è fantastico
  • Ci sono delle trovate sceniche e narrative divertentissime.
FAIL
  • SOLO l'intro è fantastico
  • Andando avanti il film si sfilaccia sempre di più, rivelando la sua perdita di una direzione.
  • La progressiva mancanza di un efficace capacità metacinematografica interessante a fronte di un incalzante vuoto citazionismo.
  • Un paio di tradimenti di elementi originali.
  • Sarebbe da mettere mezzo voto in meno per l'incredibile passo indietro rispetto al capitolo precedente.
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