Fake journalists, la nuova frontiera delle fake news
Nell’era della post-verità emerge una nuova insidia: i fake journalists, autori inesistenti che fungono da promotori di campagne propagandistiche.
Un’indagine della testata The Daily Beast ha rivelato come 46 siti conservatori si siano affidati a 19 falsi specialisti il cui unico scopo era elogiare le politiche degli Emirati Arabi Uniti a discapito di Paesi quali l’Iran, il Qatar e la Turchia.
Con foto profilo rubate online e curriculum inventati di sana pianta, ai profili di questi “giornalisti” non corrispondeva nessun essere vivente, ciò non di meno i loro sferzanti interventi sono stati supportati dai media per quasi un anno.
Tra le testate che sono cascate nel tranello compaiono il Washington Examiner, l’American Thinker, il The National Interest, il The Post Millennial, il The Jerusalem Post e il South China Morning Post, tutti portali che si stanno affrettando a rimuovere gli articoli generati dagli account incriminati.
Nella quasi totalità dei casi non è stata vergata alcuna rettifica, le pagine sono semplicemente scomparse.
Stando al report pubblicato ieri, una fetta significativa dei profili fasulli è riconducibile a due giornali registrati a febbraio da un medesimo IP: l’Arab Eye e il The Persia Now. Ambo erano gestiti da direttori sconosciuti e offrivano indirizzi e contatti telefonici inesistenti, entrambi sono stati ora rimossi dalla Rete.
Questa vasta operazione d’influenza evidenzia la facilità con cui attori malevoli possono sfruttare l’identità di persone reali, abbindolare agenzie d’informazione internazionali e vedere una propaganda di origine sconosciuta venir legittimata da media considerati rispettabili,
ha dichiarato al The Daily Beast Marc Owen Jones, assistente professore presso l’università Hamad Bin Khalifa del Qatar, uno tra i primi a segnalare le attività sospette dei sedicenti autori.
«Non dobbiamo più preoccuparci solamente delle fake news, ma anche dei fake journalists».
Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita sono i principali alleati mediorientali delle destre occidentali, ma la azioni antidemocratiche delle due nazioni sottopongono i rispettivi leader a scrutini giornalistici carichi di perplessità.
L’aver trovato degli analisti pronti a sospendere ogni critica nei confronti dell’asse arabo deve aver entusiasmato non poco i quotidiani conservatori, i quali si sono dimostrati pronti a offrire il loro endorsement omettendo di applicare le dovute verifiche.
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