L’algoritmo di Instagram fomenta loop di tossica disinformazione

Un nuovo report del Center for Countering Digital Hate (CCDH) rivela come la struttura stessa di Instagram porterebbe a promuovere la disinformazione a individui che sono ben propensi a fagocitarla. Un no-vax si vedrebbe quindi promuovere il complottismo di QAnon e l’odio antisemita, mentre un complottista si troverebbe circondato da contenuti contrari alle vaccinazioni.

Il condizionale è in questo caso d’obbligo: nonostante Facebook Inc., azienda proprietaria di Instagram, sia nota per la tendenza a promuovere contenuti controversi allo scopo di produrre coinvolgimento negli utenti, è anche da sottolineare come il sistema di analisi adoperato dal CCDH sia quanto mai artigianale.

In sostanza, i ricercatori hanno creato dei finti account allo scopo di vagliare le raccomandazioni offerte loro dalla pagina Esplora del social, scoprendo che i tools a disposizione incoraggino gli iscritti a consultare fake news che, progressivamente, trascinano verso contenuti estremisti.

Lo staff si è connesso quotidianamente, registrando tutte le raccomandazioni ricevute dai 15 profili che avevano creato. L’indagine è andata avanti dal 14 settembre al 16 novembre del 2020, con il risultato che Instagram ha raccomandato loro 104 post contenenti disinformazione. Più di metà erano sul coronavirus, un quinto era sui vaccini e un decimo sulle elezioni statunitensi.

Tra tutti i profili imbastiti, gli unici a non vedersi promuovere fake news sono stati quelli che seguivano esclusivamente le autorità mediche riconosciute dalla comunità scientifica.

L’indagine del CCDH è su scala decisamente contenuta, tuttavia si appoggia ad altre ricerche che dimostrano come la disinformazione sia in grado di generare traffico ed engagement, due valori che alle piattaforme social fanno molta gola.

Facebook ha risposto al report sottolineando come questo faccia riferimento a dati ormai obsoleti e tratti da un bacino “estremamente minuscolo”. Obbiezioni valide, che tuttavia non tengono conto del fatto che ancora oggi gli utenti lamentano la presenza di raccomandazioni antisemite.

 

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