Recensione Control: Lynch, Nolan, Kubrick e new weird nel nuovo videogioco Remedy

Il nuovo titolo Remedy è un viaggio al limite del metafisico che assorbe cinema, letteratura e videogioco per dare vita ad un unico sistema davvero in grado di sorprendere ed affascinare. Tra new weird, Lynch, Nolan e Kubrick, Control vanta un fascino innegabile quasi impossibile da trovare nell’intrattenimento contemporaneo.

Nel corso degli anni, Remedy Entertainment non ha mai lesinato nel forgiare una dimensione creativa in qualche modo decisamente atipica, volta ad una sperimentazione che – sebbene piuttosto imperfetta – ha sempre distinto le esperienze del team finlandese.

L’implementazione del bullet time in Max Payne, l’ibridazione con il medium televisivo di Alan Wake e Quantum Break, intrecci derivativi e ricchi di virtuosi riferimenti cinematografici e letterari: il nome di Remedy nel bene e nel male finisce per accompagnarsi sempre ad un coraggio creativo in toto invidiabile.

Control, la nuova creatura del gruppo, non fa eccezione e non abbiamo nessun tipo di incertezza nel proclamare – tanto per partire – l’immensa qualità artistica di un titolo che ad ogni battuta svetta per un immaginario tanto solido e stupefacente da far gridare al miracolo. Il mondo paranormale di Control si configura come un viaggio metafisico dove architettura brutalista, contrasti cromatici, influenze new weird, paradossi lynchiani ed estetica kubrickiana vivono in un amalgama eclettico che già da solo merita l’acquisto.

Al netto della natura claudicante di alcuni aspetti del gioco, il pacchetto completo dell’avventura inter-dimensionale di Jesse Faden è dunque senza la minima ombra di dubbio un successo, pieno riscatto dopo il clamoroso fallimento rappresentato dal rinnegato Quantum Break.

Oggetti del potere, soglie dimensionali ed entità paranaturali.

Prima di iniziare vi ricordiamo che Control è disponibile dallo scorso 27 agosto su PlayStation 4, Xbox One e PC Windows, pubblicato dalla italiana 505 Games.

 

 

 

 

 

 

In Control il dubbio viene stimolato e l’interpretazione diventa fondamentale.

Il racconto di Control non è certo dedito ad essere esplicito fin dalle prime sequenze, nella sua reticenza il dubbio viene stimolato e l’interpretazione del giocatore acquista un’importanza fondamentale, laddove solo nelle ultime ore qualche risposta definitiva viene in parte rivelata.

Ci troviamo quindi nei panni di una misteriosa ragazza di cui per il momento conosciamo solo il nome, Jesse Faden. Jesse – come si scopre man mano che nuovi dettagli vengono alla luce – ha acquisito degli strani poteri a seguito di un incidente avvenuto durante la sua infanzia, entrando tra l’altro in contatto con un’entità su cui poco è dato all’inizio sapere.

Avendo avuto dunque uno spaventoso contatto con il paranormale, Jesse ha trascorso gran parte della propria vita nel tentativo di mettere un punto alla follia affrontata, intenzionata a strappare una volta per tutte il sottile velo che nasconde gli abissi della realtà sensibile.

Trovatasi a New York, la ragazza riesce finalmente ad accedere al Federal Bureau of Control, agenzia dedita al controllo del soprannaturale su scala globale e racchiusa nelle sue operazioni interne dallo strano edificio brutalista della Oldest House.

 

 

Il precedente direttore dell’agenzia è tuttavia deceduto, e in tempo zero Jesse si trova a prenderne il posto proprio nel momento di massima difficoltà, nel corso dell’invasione dell’Hiss, una forza extra-dimensionale che sembra aver posseduto gran parte del personale dell’edificio. La Oldest House non è però un edificio come gli altri, nonostante le mastodontiche dimensioni le persone all’esterno sembrano ignorarlo, ignare delle sue capacità mutaforma e del curioso collegamento che sembra mantenere con le sottili barriere tra una dimensione e l’altra.

L’immaginario di Control è tutto da scoprire e da comprendere

Per introduzione tanto basti, perché l’immaginario di Control è tutto da scoprire e da comprendere, senza dover essere a priori spiegato e illustrato, pena il lutto del grande fascino dell’opera Remedy. Difatti, almeno a partire dal concept e dalla direzione creativa/artistica, l’ascesa di Jesse Faden è magistrale sotto qualsiasi ottica, assorbendo come già anticipato suggestioni cinematografiche e letterarie più o meno evidenti.

 

 

Già a partire dai trailer mostrati e dalle frazioni maggiormente d’impatto, un occhio poco allenato potrebbe quantomeno riconoscere il Nolan pomposo di Interstellar ed Inception, nelle torsioni degli ambienti e soprattutto nel setting squadrato e tipicamente brutalista. A dispetto però di quanto evidente superficialmente, Control eredita soprattuto da Lynch (già Alan Wake prendeva molto da Twin Peaks) e da Kubrick, dal primo per il mistery onirico intaccato da misticismo e precisa mitologia, dal secondo per una filosofia estetica di estrema simmetria degli ambienti e delle forme presentate.

La Oldest House è un luogo straripante di sorprese che sa regalare soddisfazioni immense

A tutto questo si sommano di raccordo ovviamente ingenti correnti new weird, votate alla complessità di un world building tanto stravagante quanto semplicemente illuminato. Muovendosi dalle teorie dell’inconscio collettivo di Carl Jung, un frigorifero diventa essere famelico e portale d’accesso alla dimensione del piano astrale (centrale nel gioco), un’ancora finisce per generare e lanciare orologi, una televisione permette la levitazione, codici di lancio nucleari la telecinesi, e così via. La Oldest House è un luogo straripante di sorprese che, se esplorato, risulta perfetto nel regalare soddisfazioni immense al giocatore, estasiato da una visione senza precedenti.

Se quindi da una parte è indubbia la forza devastante di una direzione artistica di questo livello, lo stesso purtroppo non è possibile dire della narrazione lineare del gioco, fin troppo semplice e scandita da una protagonista piatta e poco approfondita.

Mentre tutto intorno al mondo costruito Control cattura, nella sua progressione principale fallisce nell’interessare alle vicende di Jesse e di suo fratello Dylan, attraverso un canovaccio che sa di già visto, per di più costruendo un climax non corrisposto nella fiacca resa dei conti.

 

 

 

 

 

Le missioni secondarie e l’esplorazione della Oldest House risultano la parte più interessante del pacchetto

Paradossalmente, le missioni secondarie e l’esplorazione della Oldest House risultano la parte più interessante del pacchetto, glorificazione di quel diverso esaltato in ogni modo da Control. Sì, perché Control può essere definito a tutti gli effetti un action game con componenti da metroidvania, di conseguenza molto meno lineare rispetto al resto dei videogiochi Remedy.

Nonostante difatti il grosso delle vicende di Jesse Faden sia racchiuso nelle dieci missioni principali, la Oldest House non esaurisce certo in questo modo i propri misteri, nascondendo (anche in endgame) una moltitudine di questline secondarie mirate ad approfondire alcuni aspetti della mitologia pseudo-scientifica presentata, tra boss segreti e interi ambienti messi da parte o appena accennati dalla campagna.

A fronte della debolezza della narrazione Remedy, perdersi nella Oldest House in impieghi di secondo livello è essenziale nel godimento del titolo.

A fronte proprio della debolezza della narrazione Remedy – di nuovo poggiata su una fastidiosa quantità di collezionabili (audio/filmati/documenti) – , perdersi nella Oldest House in impieghi di secondo livello è conditio sine qua non nel godimento del titolo, in primis per rompere il ritmo compassato della progressione lineare, in secondo luogo per motivi ludici (rafforzamento del personaggio e delle armi). D’altronde, tre dei cinque poteri di Jesse possono essere sbloccati esclusivamente completando specifici obiettivi secondari. Ma andiamo con ordine.

 

 

In Control – assunta la struttura simil metroidvania – sarà ad un certo punto possibile girovagare in gran parte della Oldest House, alla ricerca di chicche più o meno valide nella consistente manciata di side quest messe sul piatto del giocatore (e su cui evitiamo di darvi anche la minima anticipazione).

In questo modo sarà possibile ottenere ulteriori punti abilità (necessari per l’apposito albero dedicato al potenziamento di salute, poteri, ecc.), crediti fonte (valuta di gioco), mod personali e materiali vari per scalare di livello le forme dell’Arma di Servizio, l’unica vera e propria arma del gioco. Inutile evidenziare l’utilità degli impieghi opzionali per una crescita uniforme su ciascuno dei suddetti versanti, anche in funzione di una difficoltà nelle fasi finali a volte non esattamente gentile.

L’arma di servizio può assumere forme diverse, da shotgun a lanciamissili

Come dicevamo, l’Arma di Servizio, uno degli oggetti del potere a cui occorrerà legarsi  per ottenere particolari capacità, è l’unica arma che vi accompagnerà nelle 12/13 ore del titolo (23/24 verso il 100% di completamento), ma la stessa può acquisire varie forme, sbloccabili sempre con l’utilizzo di materiali e crediti già citati. La forma Presa è una pistola standard, Frantumazione fa da shotgun, Raffica fa da automatica, Perforazione permette colpi caricati e precisi, Carica lo possiamo invece equiparare ad una sorta di lanciamissili. Non esistono munizioni, ma un semplice sistema di ricarica variabile a seconda della forma scelta (intercambiabile con quadrato).

Dal menù accessibile con touchpad su PlayStation 4 viene dunque data la possibilità di selezionare le due forme dell’Arma di Servizio da intercambiare e le relative mod (velocità di ricarica, danni, dispersione dei proiettili e così via), queste ultime anche parte del drop dei nemici sconfitti, come pure le mod personali (salute, boost dei poteri, ecc.).

 

 

 

 

 

 

Gli impedimenti trovati nella Oldest House sono tutti in funzione della progressione centrale

I poteri sono invece sei, alcuni incontrati ed ottenuti durante le missioni principali, alcuni – stranamente – no; consiglio naturale dunque quello di affrontare quantomeno gli obiettivi opzionali più evidenti. Gli impedimenti trovati nella Oldest House – che talvolta vi impediranno di accedere a zone specifiche, come da buon metroidvania – sono tuttavia esclusivamente in funzione della progressione centrale, al termine della quale la sede del FBC sarà vostra da esplorare al completo.

Con il dorsale sinistro (L1) si alza dunque uno scudo di detriti, con X ci si solleva in levitazione, con il dorsale destro (R1) si usa la telecinesi per il lancio di oggetti, con triangolo si performa l’attacco melee, con cerchio la schivata e con quadrato infine si soggiogano i nemici trasformandoli in alleati (quando con pochi punti vita). Ogni abilità ha poi un consumo nella barra di energia apposita, ad eccezione della levitazione.

Una volta preso completamente il controllo – appunto – di comandi, movimenti e combat system, Control sa essere estremamente fluido e divertente, nel delirio di onnipotenza che sa trasmettere l’Arma del Potere (con un ottimo gunplay) quando perfettamente accompagnata da un utilizzo ragionato di levitazione e telecinesi.

Quantum Break presentava molto, ma falliva nel concerto collettivo delle capacità di Jack Joyce, spesso noiose, iterative e soprattutto imprecise. I poteri di Jesse al contrario – in un modo simile a quanto fatto da DOOM, Wolfenstein e simili – in alcuni casi riesce a fare esplodere energia pura dal pad; ci riferiamo in particolare alla missione 9, da incorniciare tra i migliori momenti di questa generazione.

L’unico appunto che ci sentiamo di mettere in evidenza a riguardo sta nell’ottenimento dei poteri solo nella prima parte del gioco, lasciando la seconda metà priva di sostanziali novità di gameplay, complice pure un sostanziale appiattimento delle classi di nemici.

Ribadiamo dunque l’importanza di perdersi nella Oldest House per godere appieno di Control, fulminati da boss e segreti in grado di dare nuova linfa vitale alla timida narrativa principale.

 

Tornando proprio allo splendore della Oldest House, l’ultima opera di Remedy fa quasi gridare al miracolo su PlayStation 4 Pro.

Tornando proprio allo splendore della Oldest House, l’ultima opera di Remedy fa quasi gridare al miracolo su PlayStation 4 Pro. Messa da parte la cura maniacale verso l’immaginario, l’architettura e la fotografia (in splendide contrapposizioni di colori asettici e saturi), il Northlight Engine – al netto di una ottimizzazione da rivedere – compie un lavoro sorprendente su illuminazione e fisica, che insieme ad un dettagliato uso di particellari portano alla vita situazioni di caos totale da capogiro.

Fogli di carta sparsi al minimo movimento d’aria, sezioni della Oldest House completamente distruttibili, interazioni con l’ambiente al top di gamma per quanto possibile ottenere ad oggi da un videogioco, sulla stessa scala di Quantum Break (che usava infatti lo stesso motore).

Su PlayStation 4 Pro – piattaforma della nostra prova – Control spesso soffre però di pesanti cali del frame rate (già fissato a 30 FPS), specie nelle situazioni più confusionarie e ricche di elementi a schermo, macchiato per di più dall’inspiegabile assenza dell’HDR (peccato capitale, visto lo splendore artistico del gioco), da texture molte volte in ritardo e da un motion blur abbastanza accentuato.

Se su PlayStation 4 Pro (e su Xbox One X, versione che non abbiamo personalmente provato) quindi il gioco Remedy non dà problemi critici di sorta, anzi, sulle versioni base delle console è in grado di scendere fino alla clamorosa soglia dei 10 FPS, con il team già al corrente del problema e al lavoro per risolverlo con una patch.

In conclusione, Control si piazza nell’Olimpo di questa generazione per un immaginario visionario e una direzione artistica clamorosa, derivazione del migliore cinema e immersa in un denso new weird. Peccato per una narrativa debole e una protagonista banali, che macchiano inevitabilmente l’esperienza.

 

90
ME GUSTA
  • Direzione artistica illuminata
  • Immaginario visionario
  • Combat system e gunplay decisamente divertenti, con picchi di delirio di onnipotenza
  • La Oldest House nasconde diverse missioni secondarie stupende
  • Gestione di fisica, particellari ed illuminazione da premiare
FAIL
  • Narrativa principale banale e piatta
  • Finale anticlimatico e privo di uno scontro degno
  • Cali di frame rate frequenti
  • Qualche giocatore potrebbe non apprezzare l'importanza dei tanti collezionabili per comprendere l'universo fittizio
  • Poca varietà nelle classi di nemici
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