NIFFF 2017: Cupe risate all’insegna del cinema fantastico

Le nostre impressioni sulla diciassettesima edizione del Neuchâtel International Fantastic Film Festival (NIFFF), svoltasi dal 30 giugno all’8 luglio.

Nove giorni di proiezioni, discussioni, incontri legate alle nuove tendenze del fantastico.

Come ogni anno, a fine giugno/inizio luglio la città di Neuchâtel, nella regione francofona della Svizzera, è diventata una meta di pellegrinaggio per gli appassionati del cinema di genere: nove giorni di proiezioni, discussioni, incontri legate alle nuove tendenze del fantastico ma anche alle pietre miliari dello stesso, tra cinema, letteratura, videogiochi, web e realtà virtuale.

Un luogo dove appassionati e addetti ai lavori coesistono a stretto contatto, anche quando si tratta di personalità del calibro di George R.R. Martin, George A. Romero, John Landis e Kevin Smith, per citare solo alcuni dei registi e autori che nel corso degli anni hanno presenziato in riva al lago di Neuchâtel per partecipare al NIFFF.

 

 

 

Questa diciassettesima edizione, curata come sempre dalla fondatrice Anaïs Emery, può essere riassunta come uno spazio intermedio tra le incertezze dei tempi in cui viviamo e la necessità di ridere: da un lato, il film premiato dalla giuria internazionale si chiama, non a caso, Super Dark Times (e nella competizione principale c’era anche A Dark Song); dall’altro, la retrospettiva era dedicata alle commedie di fantascienza. Ma la risata era presente ovunque, anche in concorso, dove ai racconti di adolescenza tormentata (Super Dark Times, appunto) e di fratelli alle prese con una misteriosa setta (The Endless di Justin Benson e Aaron Moorhead, premiato dalla critica) sono state alternate le avventure esilaranti di un gruppo di suore vittime di tentazioni (The Little Hours, commedia americana basata sull’opera di Boccaccio) e quelle meno riuscite di una combriccola di YouTubers francesi (Le manoir, sorta di rivisitazione gallica degli stilemi di Scary Movie).

 

Per certi versi, il culmine dell’equilibrio fra tragica realtà e iperbolica satira è stato rappresentato da Tragedy Girls, uno slasher postmoderno ed esilarante dove due adolescenti ossessionate dalla fama online, tra Twitter e Instagram, decidono di fare il salto di qualità emulando le gesta di un serial killer locale. Un film feroce e beffardo, dove gli omaggi al passato sono pochi e sparsi nei punti giusti, lasciando il giusto spazio ad un’analisi coerente e non tanto inverosimile degli effetti nefasti della rete sulla psiche umana, per quella che sostanzialmente è una prosecuzione del discorso iniziato in Scream 4. Deliziose soprattutto le due protagoniste, Alexandra Shipp (X-Men: Apocalisse) e Brianna Hildebrand (Deadpool).

 

 

 

Zombie e maestri

La figura del morto vivente non ha ancora smesso di fungere da fonte d’ispirazione per cineasti di qualunque estrazione.

Curiosando tra le varie sezioni del NIFFF – concorso, New Cinema from Asia, Ultra Movies – è emerso chiaramente il fatto che, complice The Walking Dead, la figura del morto vivente non ha ancora smesso di fungere da fonte d’ispirazione per cineasti di qualunque estrazione.

Nel corso della kermesse abbiamo infatti potuto assistere a uno spettacolo strambo come Zombiology, dove Hong Kong viene invasa dai cadaveri rianimati in seguito alle azioni di una gallina gigante (!), o al folle e divertente inseguimento di It Stains the Sands Red, dove una donna attraversa a piedi il deserto del Nevada con uno zombie alle calcagna (per fortuna si tratta della variante romeriana, incapace di correre).

Senza dimenticare, in concorso, Hostile, produzione francese (ma recitata in inglese) dove alla storia principale sulla sopravvivenza in un mondo post-apocalittico si contrappone un antefatto all’insegna dell’amore tragico, con risultati a dir poco discutibili (ma a giudicare dal premio assegnato dalla giuria dei giovani potrebbe comunque ottenere un discreto successo con una determinata fascia d’età).

 

 

Allontanandoci un attimo dalle proiezioni, non sono mancati gli ospiti speciali di fama internazionale, segno della costante evoluzione del NIFFF come appuntamento cinefilo di prestigio.

Quest’anno, dopo illustri predecessori come Chris Carter e John Carpenter, la posizione di rilievo è toccata al giapponese Takashi Miike, autore estremo e prolifico che ha presentato ben quattro film nel programma del festival. Uno di questi, JoJo’s Bizarre Adventure: Diamond Is Unbreakable, è stato mostrato in anteprima mondiale, a pochi mesi di distanza dal precedente Blade of the Immortal, e il pubblico ha apprezzato, assegnandogli l’apposito premio.

Nell’ambito della sezione letteraria della kermesse, invece, il piatto forte è stato l’incontro con il disegnatore transalpino Jean-Claude Mézières, co-creatore del fumetto Valérian et Laureline da cui Luc Besson ha tratto il suo nuovo film (in uscita a fine mese nelle sale americane e francesi). Una presenza illuminante, con aneddoti sul contesto culturale in cui è cresciuto, la collaborazione con Pierre Christin e il suo rapporto con la sua creazione più famosa, che proprio quest’anno festeggia il cinquantesimo anniversario.

 

 

 

A tutto gas!

Quella del NIFFF è, ogni anno, un’esperienza viva e frenetica, dove il pubblico è invitato a partecipare attivamente.

Quella del NIFFF è, ogni anno, un’esperienza viva e frenetica, dove il pubblico è invitato a partecipare attivamente: ogni proiezione è caratterizzata da certi rituali in sala, tra frasi ricorrenti e l’abitudine di applaudire quando appare il logo della casa di produzione del film; i presentatori sono regolarmente accolti dal coro “A poil!” (un invito a spogliarsi); e qualora si verifichino situazioni non del tutto gradevoli, per l’esattezza attacchi di vomito durante una proiezione, l’unica certezza è che tutti ne parleranno per il resto della kermesse.

È un evento caratterizzato – anche – dal caldo, con un sole a volte così rovente che in determinati luoghi di proiezione gli spettatori ricevono gratuitamente bottigliette d’acqua per sopravvivere. È un luogo dove si va soprattutto alla scoperta di perle inedite, destinate a rimanere invisibili in sala al di fuori del circuito festivaliero (è il caso del delizioso Better Watch Out, che il pubblico italiano ha avuto l’occasione di vedere al Torino Film Festival).

 

 

Eppure non si disdegnano titoli più popolari, per i quali è prevista una distribuzione regolare (anche se nel caso della Svizzera è opportuno sottolineare che, a causa della divisione linguistica, certi titoli possono uscire su una parte ristretta del territorio nazionale).

E in tal senso l’edizione 2017 del festival di Neuchâtel ha individuato il titolo perfetto per salutare i frequentatori fedeli in attesa del prossimo anno: Baby Driver, il nuovo lungometraggio di Edgar Wright che sta attualmente spopolando nelle sale USA (in Italia arriverà il 7 settembre). Un’opera studiata al millimetro ma al contempo liberissima, inscindibile dall’immaginario autoriale del suo regista, connubio ipnotico e strepitoso di film d’azione e musical, ritorno trionfale di un cineasta che non si è fatto intimidire dall’esperienza negativa di Ant-Man.

 

 

Un prodotto di nicchia accessibile a tutti, esattamente come il festival di cui è stato l’apprezzatissimo film di chiusura.

 

 

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