Blair Witch: un sequel al sapore di remake

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Inaspettato e fuoriprogramma, arriva al cinema Blair Witch, sequel del classico horror in found footage The Blair Witch Project, diretto da Adam Wingard e con James Allen McCune, Valorie Curry e Callie Hernandez.

Sono passati ben diciassette anni da quando i videomaker Daniel Myrick e Eduardo Sanchez presentarono al Festival di Cannes il loro horror finto documentario, The Blair Witch Project che, oltre a sbalordire pubblico e critica, ricevette il Premio Giovani.

The Blair Witch Project è tra i film con il miglior rapporto tra basso budget e incasso, merito non solo della pellicola, ma anche dell’enorme campagna pubblicitaria che venne fatta.

The Blair Witch Project divenne un vero e proprio fenomeno crossmediale.

Prima e dopo l’uscita del film al cinema, The Blair Witch Project divenne un vero e proprio fenomeno crossmediale. Iniziarono a comparire siti internet, pagine web dedicate al mistero della strega di Blair e alle sue vittime, facendo sempre più credere che quello girato da Myrick e Sanchez non fosse un semplice film, ma le reali registrazioni dei tre malcapitati. La tesi venne avvalorata dal fatto che i tre attori esordienti interpretavano se stessi all’interno del film.

Provvisti di pochi mezzi, una troupe ridotta all’osso e un cast di soli tre personaggi, Daniel Myrick e Eduardo Sanchez crearono con The Blair Witch Project un fenomeno che non ha avuto rivali, lanciando la moda dell’horror girato in found footage.

 

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Non c’è da stupirsi se a distanza di diciassette anni, in uno dei periodi in cui la moda del momento è la rivisitazione delle vecchie pellicole in “chiave moderna”, anche The Blair Witch Project è finito nel mirino del cinema mainstream di intrattenimento.

Presentato per la prima volta, sotto mentite spoglie, al San Diego Comic-Con di quest’anno.

Presentato per la prima volta, sotto mentite spoglie, al San Diego Comic-con di quest’anno, Blair Witch riparte diciassette anni dopo lì dove Heather, Joshua e Michael si erano fermati.

A riprendere quello stesso insidioso cammino è il fratello di Heather, James (James Allen McCune), incapace di accettare la scomparsa e probabile morte della sorella.

James ha studiato fino alla follia i filmati rinvenuti nei pressi del bosco di Burkittsville, anticamente chiamato Blair, ed è sicuro che sua sorella Heather è ancora lì da qualche parte.

La pellicola comincia subito con le immagini forti, e anche piuttosto ambigue, di una ragazza che corre disperata e insanguinata, tra i corridoi scricchiolanti di una vecchia casupola. Più va avanti, più una presenza inquietante incombe su di lei. Ma chi è?

L’immagine  si blocca e veniamo catapultati in una stanza di un qualsiasi ventenne dei nostri giorni.

 

 

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James, insieme alla sua amica Lisa (Callie Henandez), studentessa di cinema e appassionata di tecnologia, studiano le immagini e il piano su come procedere per i futuri giorni di campeggio proprio nel bosco di Blair.

Ad accompagnare James e Lisa nella folle impresa ci saranno anche gli amici Peter (Brandon Scott) e Ashley (Corbin Reid).

Ognuno dei ragazzi è dotato di una telecamera personale con GPS, attaccata all’orecchio come fosse un auricolare. In più Lisa ha con sé diverse camere a visione notturna, una reflex e un drone con cui poter dare un’occhiata a tutta la radura per orientarsi meglio.

Nessuno dei ragazzi valuta seriamente i pericoli di quell’escursione.

Nessuno dei ragazzi valuta seriamente i pericoli di quell’escursione, eliminando a priori la possibilità che ci sia realmente qualcosa di oscuro e malefico in quel bosco. A poco servono anche gli avvertimenti di Talia (Valorie Curry) e Lane (Wes Robinson), due ragazzi nati e cresciuti a  Burkittsville e che si uniranno alla spedizione con gli altri quattro.

Fino a questo punto Adam Wingard risulta essere piuttosto lineare. Tocca i punti salienti della precedente pellicola, apportando il giusto fattore di novità per poter creare una storia ex novo.

 

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I problemi, in tutti sensi, arrivano quando i sei si ritrovano a passare la prima notte nel bosco. Fin da subito, le prime scene di Blair Witch sono ricalcate sul suo predecessore. Dinamiche e azioni, riprendono per filo e per segno quello che già Myrick e Sanchez avevano fatto nel 1999.

Regista non certo nuovo del genere, Wingard ha sempre saputo farsi apprezzare dalla critica.

Regista non certo nuovo del genere, Wingard ha sempre saputo farsi apprezzare dalla critica per la sua particolare bravura nel creare scene ad alta tensione. Sia con You’re Next che con il recente The Guest, film particolarmente osannato in questo 2016, Adam Wingard crea meccanismi apparentemente dettagli, in realtà molto semplici, dove lo spettatore si ritrova all’interno dell’immagine con il personaggio, vivendo le stesse tensioni e stati d’animo angoscianti.

Un’ansia che cresce, arrivando all’esasperazione, fino a toccare svolte inaspettate. Questo grazie anche alla collaborazione con il fedele sceneggiatore Simon Barrett che fin dai tempi di V/H/S accompagna Wingard nelle sue pellicole.

Sorprende non poco, allora, vedere come tutto, man mano che la narrazione di Blair Witch va avanti, assomigli sempre di più all’originale, a tal punto da non pensare più a un sequel ma un vero e proprio remake privo di anima e inventiva.

 

 

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Da un punto di vista tecnico, Blair Witch è un film impeccabile.

Da un punto di vista tecnico, Blair Witch è un film impeccabile che vanta, sicuramente, la mano di professionisti esperti del genere.

Il tocco di Wingard si sente, soprattutto nella costruzione di scene a più alta tensione, dove si è immersi all’interno di un buio fitto ed eterno. Una notte senza fine in cui gli unici suoni a farci compagnia sono urli, ansimi e il rumore della pioggia battente.

Tutto questo risulta, però, essere lavoro sprecato. Costruendo il film sulla stessa meccanica di The Blair Witch Project. Lì dove c’è il potenziale colpo di scena, il risvolto inaspettato, automaticamente parte la consapevolezza dell’aver già visto. Il ricordo, in un modo o nell’altro, che ci dice cosa dobbiamo aspettarci.

La narrazione di Blair Witch scorre dando la sensazione allo spettatore di un irreversibile déjà vu senza fine.

Adam Wingard apporta dei fattori innovativi, relegati sempre e comunque alla sfera tecnica, come per esempio l’uso di telecamere esterne, i visori notturni o il drone, che permettono allo spettatore di aver non solo la soggettiva “più amatoriale” dei personaggi, ma anche una visione molto più cinematografica e dettagliata in oggettiva.

 

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Molto interessante è l’uso del sonoro.

Molto interessante è l’uso del sonoro. C’è uno studio sulla colonna sonora, composta per lo più dai rumori ambientali e da quelli elettronici delle camere personali dei personaggi, molto efficace. Alcuni dei momenti di suspense maggiori sono dettati proprio dai suoni, che disturbanti riempiono la sala cinematografica, facendo immergere lo spettatore nel racconto.

Peccato che questo non basti a sopperire all’inevitabile banalità della trama, la quale diventa una copia 2.0 del Blair Witch di Myrick e Sanchez.

Eppure Adam Wingard, arrivando al terzo atto, nel “tanto atteso” ritrovamento della famosa casetta nel bosco, dimostra di aver avuto qualche intuizione. Uno sviluppo della storia diverso, intrigante, che punta molto più al thriller che al sopranaturale.

Sarebbe davvero bastato far partire la storia da lì, o appena da qualche passaggio prima per contestualizzare meglio il racconto, e poi andare avanti indipendentemente dagli avvenimenti messi in scena diciassette anni prima. In quel caso avremmo potuto parlare di sequel, a prescindere dalla sua riuscita o meno.

Nel caso del Blair Witch di Wingard siamo molto lontani dalla strada del sequel e pericolosamente vicini a quella del remake.

 

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Blair Witch è un grande omaggio all’horror che nel 1999 terrorizzò i più.

Blair Witch è un grande omaggio all’horror che nel 1999 terrorizzò i più. Una versione molto più accurata, migliorata grazie alle tecniche digitali che abbiamo adesso, rivolta sicuramente a un pubblico più giovane, gli adolescenti di adesso, esattamente come fecero Myrick e Sanchez.

Eppure ciò non basta a rendere un film riuscito, escludendo quella che doveva essere la fetta più importante: il vecchio spettatore. Non si può costruire un cinema fatto di nuovi riadattamenti per le nuove generazioni, dimenticandosi di quelle generazioni passate, quelle cresciute adesso e che continuano a essere una grossa fetta del cinema.

Adam Wingard confeziona un buon prodotto, tecnicamente convincente e forse perfino spaventoso per chi non ha mai visto The Blair Witch Project o film generati da quel filone. Al tempo stesso, però, Blair Witch è solo una “brutta copia” senza anima. Un compitino ben fatto senza nessuna originalità, innovazione e voglia di stupire e incuriosire. Senza la sana voglia di spaventare davvero.

 

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Blair Witch è in tutte le sale dal 21 Settembre. Scopri tutto sul film nel nostro hub dedicato: leganerd.com/blairwitch
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