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Il restauro della USS Enterprise

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In tempo per il 50° anniversario di Star Trek, lo Smithsonian si prepara a tirare a lucido la USS Enterprise. L’unico modello al mondo visibile al pubblico.

Nel settembre del 1966 venivano trasmessi negli USA i primi episodi della celebre serie Star Trek, che racconta i viaggi e le avventure dell’equipaggio della USS Enterprise durante la missione quinquennale di esplorazione nel cosmo alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà.

Oltre al gusto sci-fi squisitamente retrò, il ritratto di un equipaggio composto da uomini e donne provenienti da sistemi differenti che coopera per portare a termine una missione comune rende immediatamente Star Trek una delle produzioni televisive di maggiore successo, spingendo la formazione di una vasta comunità di fan e la realizzazione di successive serie in franchise.

 

 

La serie ha avuto un tale impatto culturale sulla comunità che il primo Space Shuttle costruito dalla NASA nel 1976, in prima battuta chiamato Constitution in onore del bicentenario della Costituzione USA, venne ribattezzato Enterprise a seguito di una campagna di raccolta firme tra i fan.

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La USS Enterprise

Non è del piacere della visione di Star Trek che voglio parlare, ma del restauro del modello originale della USS Enterprise che si sta svolgendo proprio in questi mesi presso l’Emil Buehler Conservation Laboratory.

Dopo un anno dedicato allo studio della nave, lo Smithsonian celebra il cinquantesimo compleanno della serie televisiva e il quarantesimo anniversario dell’apertura dell’Air and Space Museum riportando l’Enterpise al suo aspetto originale e in grande forma.

Il design della nave stellare venne rielaborato otto volte dal 1964,

a partire da un grezzo modellino in cartone e cartapesta di 10 centimetri –servito per l’episodio pilota The Cage– fino ad arrivare alla struttura attuale in legno e metallo di oltre tre metri per 90 Kg di peso.

Quest’ultimo modello fu costruito a Burbank, California, da un team di quattro persone –Volmer Jensen, Mel Keys, e Vernon Sion– sotto la supervisione di Richard Datin sui disegni di Matt Jaffries, art director di Star Trek.

Il modello compare in tutti i 79 episodi della serie originale, e nel corso della serie vennero apportate piccole migliorie, come l’aggiunta degli oblò e delle componenti elettroniche, fino al 1967 quando, da quanto è noto, assunse il suo aspetto definitivo debuttando nell’episodio Animaletti Pericolosi.

 

USS Enterprise smontata

 

Nel 1969, l’Enterprise fu smontata, imballata in casse di legno e stoccata nei depositi della Paramount.

Con il termine delle riprese nel 1969, l’Enterprise fu smontata, imballata in casse di legno e stoccata nei depositi della Paramount, dove rimase esposta al caldo, al freddo, all’umidità e ad altri agenti atmosferici inadeguati per una conservazione ottimale.

Nel 1972 la nave fece una breve apparizione allo Space Week al Golden West College, a Huntington Beach, California, dove rimase esposta al pubblico per dieci giorni. Quella sembrava dovesse essere una delle rare “ore d’aria” della scultura.

 

 

L’arrivo allo Smithsonian

Ma la buona sorte è dalla parte della Enterprise: nel marzo del 1974 la Paramount Studios donò il modello allo Smithsonian Institute di Washington D. C. perché se ne prendesse cura e lo includesse nella sua collezione – che oggi conta 138 milioni di manufatti.

Quando le casse furono aperte fu un evento.

 

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Il team si accorse che la struttura, il rivestimento esterno, i fili elettrici e altre componenti interne subirono importanti danneggiamenti durante gli anni passati nei depositi.

Lo staff procedette tempestivamente con un restauro –coordinato dal designer del modello Matt Jaffries e dal creatore di Star Trek Gene Roddenberry– per rimettere in sesto la nave prima di esporla al pubblico.

L’Enterprise è uno degli oggetti più studiati e meglio preservati dell’Air and Space Museum.

Negli anni successivi l’Enterprise è stata restaurata altre due volte (nel 1984, poi nel 1991) ed è stata oggetto di numerose indagini diagnostiche, rendendola uno degli oggetti più studiati e preservati dell’Air and Space Museum. Ma è solo nel 2009 che è iniziata la pianificazione di un intervento che ne avrebbe ripristinato l’aspetto definitivo del 1967.

 

 

Le indagini

Era necessario raccogliere e ordinare tutto il materiale storico antecedente il 1976: foto, video, appunti, disegni, e testimonianze personali in possesso di chiunque abbia lavorato con il modello.

 

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Nel 2015 Margaret A. Weitekamp, scaltra curatrice dello Space History Department, annuncia pubblicamente la chiamata alle armi che dà il via definitivo al progetto chiedendo l’aiuto di trekkie, modellisti e della troupe per contribuire al successo dell’operazione, e quindi determinare l’esatta configurazione dell’Enterprise durante i primi anni di vita.

Parallelamente, viene costituito un comitato scientifico di dieci “Who’s Who” dell’industria creativa e del modellismo, dieci saggi che hanno lavorato nel comparto Trek da poter interpellare e coinvolgere nelle decisioni difficili.

Da manuale.

La nave poi è stata smontata in tutte le sue componenti per poterne studiare individualmente la struttura e le condizioni.

La notizia dello smantellamento ha suscitato interesse anche su Twitter, dove William Shatner (noto per il ruolo di James T. Kirk) ha espresso tutta la sua preoccupazione:

 

Era necessario avere un quadro generale delle condizioni della nave.

Molte analisi vennero già fatte negli anni precedenti, e il materiale a disposizione del museo non mancava; ma era necessario avere un quadro generale delle condizioni della nave, soprattutto sapendo che era stata manipolata così tante volte.

 

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Come di consueto, gli elementi sono stati documentati anche in luce ultravioletta per localizzare i vecchi restauri, e con la fotografia infrarossa per far emergere il disegno guida originale.

Esattamente come per un dipinto, il team ha deciso di andare più a fondo e raccogliere alcuni campioni, grazie ai quali è stata fatta chiarezza sulla successione stratigrafica delle vernici.

 

 

Fluorescenza UV della USS Enterprise

 

 

Una volta stabilizzata la superficie, verranno rimosse le manipolazioni posticce e ripristinata la vernice del 1967. Nel corso dello studio sono stati messi in luce altri difetti strutturali che colpiscono in particolare lo scafo e le gondole motrici, che restano insieme solo grazie ad un po’ di colla invecchiata.

Dei rinforzi strutturali impediranno agli elementi di flettersi; anche le luci originali – delle luci natalizie! – verranno sostituite con un innocuo sistema di illuminazione a LED controllabile in remoto.

Evito di dilungarmi oltre sui tecnicismi, ma intanto che questo pezzo di storia si prepara a tornare in pista vi invito ad osservare alcune foto di dettaglio, i video e i risultati delle indagini attraverso i link che ho riportato in fondo all’articolo.

 

 

Lunga vita e prosperità

Cinquant’anni fa un modellino di legno, metallo e vetroresina veniva manovrato con dei cavi in un set per girare una serie TV. Cinquant’anni fa veniva creato un mito.

 

 

La USS Enterprise sarà di nuovo esposta al National Air and Space Museum di Washington DC a partire da luglio 2016 nella Boeing Milestones of Flight Hall, assieme allo Spirito di Saint Louis ed il modulo di comando dell’Apollo 11.
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  1. Restoration of the Starship Enterprise, Greg Bryant, 4 giugno 2009, Airspace Blog
  2. The USS Enterprise at the Smithsonian, The National Air and Space Museum, 10 febbraio 2015, Rapid Notes
  3. We’re Sending the USS Enterprise Back in Time, The National Air and Space Museum, 8 settembre 2015, Airspace Blog
  4. USS Enterprise Conservation Begins Phase II, The National Air and Space Museum, 28 gennaio 2016, Airspace Blog
  5. The original USS Enterprise returns to spacedock for detailed restoration work, The National Air and Space Museum, 1 febbraio 2016, Rapid Notes
  6. Starship Enterprise in the shop for repairs, to voyage again later this year, Michael E. Ruane, The Washington Post
  7. Up Close and Personal With the Restoration of Star Trek’s Original Enterprise, John Wenz, 2 febbraio 2016, Popular Mechanics

 

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