Recensione Monsters


Six years ago NASA discovered the possibility of alien life within our solar system. A probe was launched to collect samples, but crashed upon re-entry over Central America. Soon after, new life form began to appear and half of Mexico was quarantined as an INFECTED ZONE. Today, the American and Mexican military still struggle to contain “the creatures” Our story begins when a US journalist agrees to escort a shaken tourist through the infected zone in Mexico to the safety of the US border.

Quando si parla di film Horror, mi torna in mente sempre la stessa immagine: un figo di turno con espressione godereccia mentre la povera donnina impaurita, con una mano a coprirsi l’occhio e lo spiraglio aperto tra indice e medio, si appoggia ai suoi maschi pettorali. Sullo schermo, intanto dei tentacoloni verdi che cercano di uccidere l’eroe di turno. Più o meno questo è stato l’horror per la seconda metà del ventesimo secolo, alle volte al posto di un tentacoloso mostro c’era un vampiro o una creatura delle paludi, ma il risultato è sempre stato lo stesso. Ma torniamo ai nostri tentacoli: cosa simboleggia questo proto-arto, nel nostro immaginario collettivo? Forse ci fanno schifo perché viscidi, oppure è la natura amorfa che ci spaventa, o ci da fastidio perché le sue ventose tutto prendono e tutto avvolgono.
Fatto sta che di punto in bianco, i mostri tentacolati venuti dallo spazio, sparirono, per tornare nel loro ambiente naturale e fare da mostri marini. Colgo l’occasione per ricordare Day Of The Tentacle (sono un nostalgico delle avventure puntaeclicca).

Quest’anno, uno sconosciuto regista/tecnico di effetti speciali, decide di girare un horror, e, con duecentomila verdoni a disposizione (per Hollywood questo è un very low budget) un operatore di camera e due attori, ha imbracciato gli attrezzi per girare una road movie molto particolare: Monsters.
Il film è valido, e avvalora la mia tesi secondo la quale la mancanza di fondi portano alle volte a tocchi di genio dovuti alla necessità.

Cominciando dalla metodologia del girato: l’intera pellicola è fatta on location, con solo un altro membro della crew oltre ai due protagonisti. Le comparse sono state prese direttamente sul luogo, tra i locali, gli effetti speciali editati nei tempi morti tra una ripresa e l’altra dallo stesso regista. Tanto per rendersi conto della mole di lavoro di Gareth Edwards (o del suo egocentrismo), il suo nome appare nei titoli sotto la voce Writer, Director, Cinematographer, Production Designer, Visual Effects.
Gli attori: lei è Whitney Able, che non solo recita in modo impeccabile ma è anche all’83 posto fra le donne più sexy del mondo secondo Maxim, interpreta una figlia di papà che è in Messico dispersa non si sa per quale motivo, e deve tornare a casa yankee per sposarsi; lui è Scott McNairy, un fotoreporter che lavora per il papino della promessa sposa, e per entrare nelle grazie del ricco imprenditore, si prende l’incarico di riportare sana e salva la gentil pulzella.

La strada che li separa da casa è lunga, ed a cavallo col confine c’è quella che si chiama “Zona infetta” dove ci sono degli imprecisati mostri venuti da chissà dove. Seguendo i nostri “eroi” ci ritroveremo fra giungle e piramidi Maya (anche se è del tutto impossibile, dato che i Maya conquistarono il sud del Messico, non il nord, ma questo è il cinema) e “coyotes” che aiutano la gente a passare il confine, stavolta braccati da esseri ben più pericolosi che i Gringos.

Gli Americani nel frattempo attaccano con mezzi pesanti, e durante tutto il film assistiamo a caccia che sfrecciano verso le montagne, e vediamo luminose esplosioni provenire da dietro le nubi, ma anche macerie di rotori e ali incendiate, a testimonianza del fatto che la guerra è ben lungi dall’essere vinta.

Inutile dirlo, ma i riferimenti alla realtà ci sono tutti: gente che cerca di passare il confine, mostri che lo impediscono, muraglie immense tirate su lungo il confine per contenere il “contagio”, ora o sono io il malpensante, oppure qui c’è una bella critica alla politica Americana contro gli immigrati…

I mostri sono bellissimi, per quel poco che si vedono. Per evitare di rovinare sorprese (anche se la vedo difficile dato che il film ancora non è stato distribuito in Italia, e forse non lo sarà, mentre ha già fatto il giro dell’Europa) spoilero.
[spoiler]

Questa specie di polpofante, alto una ventina di metri è il mostro del film. Attenderete un ora buona prima di vederlo per intero. A me ha affascinato, perché ha un verso simile a quello delle balene, poi gli zamponi da elefante e una specie di polpo al posto della testa, in più fa luce ed è lento ed elegante. Devo dire che è poco spaventoso, ma credo sia una scelta registica[/spoiler]

Il film è ben fatto, gli effetti anche, i due attori ben calati nel ruolo, la storia ha qualche incompletezza. In sostanza 94 minuti ben spesi, per vedere un horror di altri tempi, in chiave moderna. Ottima opera prima per un regista del quale, sono sicuro, sentiremo ancora parlare. (Consiglio: portatevi una femmina paurosa al cinema, per godere dell’effetto macho).

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