Damsel, la recensione: una damigella in difficoltà

Damsel

Juan Carlos Fresnadillo è stato una grande promessa del cinema spagnolo. Vincitore del Goya alla prima pellicola, già con un cast internazionale, dopo studente alla corte di sua maestà Alejandro Jodorowsky e poi proiettato nel mondo di H0llywood con niente poco di meno che un sequel di quel 28 giorni dopo di Danny Boyle in grado di segnare un solco importante all’interno della tradizione del genere zombie sul grande schermo. Un talento cristallino al centro di una montagna russa che, come lo ha visto salire in fretta e furia, lo ha fatto sprofondare con la stessa velocità, risucchiato dalla maledizione che ha gravato per tanto tempo sull’attesissimo remake de Il corvo. Erano 13 anni che Fresnadillo non dirigeva e per tornare ha scelto un progetto sulla carta molto particolare e in cui poter far valere il suo talento nel cinema horror.

Nella recensione di Damsel, il nuovo originale Netflix, disponibile in streaming dall’8 marzo 2024, vi parliamo infatti di un fantasy nato con lo scopo di ribaltare il senso classico della fiaba cavalleresca, rileggendola in chiave completamente femminile. Un progetto ambizioso, supportato da un cast importante, guidato da una delle star lanciate dalla piattaforma del Tu Dum, Millie Bobby Brown, affiancata da nomi di prim’ordine come Robin Wright, Angela Bassett e Ray Winstone.

Erano 13 anni che Fresnadillo non dirigeva e per tornare ha scelto un progetto sulla carta molto particolare e in cui poter far valere il suo talento nel cinema horror.

I più attenti noteranno come questa operazione possa essere vista come un secondo tentativo del colosso di rileggere questo tipo di letteratura secondo il criterio “rosa” dopo Cursed, sfortunata serie con protagonista un altro volto dall’origine simile a quella di Brown, ovvero Katherine Langford, interprete della futura Signora del Lago del Ciclo arturiano,  basata sull’omonimo romanzo illustrato di Frank Miller e Tom Wheeler.

A ben guardare infatti anche in Damsel c’è un’idea di design fumettoso e patinato, che però, rispetto alla serie, non si complica inutilmente la vita, scegliendo la strada della semplicità in scrittura, e cerca un equilibrio maggiore per trovare un tono più dark (forse anche a questo è ascrivile la scelta di Fresnadillo) alla regia. Intenzione riuscita a metà, visto che, probabilmente, la via del B-Movie puro sarebbe stata più indicata. D’altro canto, questi sono i nuovi film direct-to-video secondo Netflix e nell’insieme questo titolo ci può stare.

Sacrifica oggi, sacrifica domani, prima o poi…

C’era una volta, tanto tempo fa, un re che ha deciso di inseguire un drago con un pugno di 10 uomini sprovvisti di scudo, all’interno di un buco in una montagna, ritrovandosi giustamente intrappolato, senza difesa alcuna e in balia di un bestione che però non lo uccide, ma decide di farci due chiacchiere. Chissà che si sono detti…

Secoli dopo siamo dall’altra parte del mondo, in un regno sull’orlo del crollo per cause non del tutto specificate (la terra non dà più frutti, non c’è più cibo, né verde), governato da che per evitare di ridursi alla fame è costretto a dare in sposa la sua primogenita, Elodie (Brown), al principe di un reame invece incredibilmente ricco, stringendo così un accordo economico con la sua famiglia e salvare così capra e cavoli. La ragazza, orfana di mamma, ma con una brava matrigna, è ovviamente reticente davanti alla prospettiva, ma il bene del suo popolo la spinge infine ad accettare.

Damsel

Chissà che si sono detti….

La famigliola quindi parte per la dimora dei futuri parenti e, nonostante le minacciose statue di drago ad accoglierli prima di entrare nei loro confini, decide comunque di proseguire non pensando ci possa essere qualcosa di pericoloso in serbo per loro. Il castello è bellissimo, il benvenuto è splendido, i suoi governanti sono affascinanti e cordiali, addirittura il principe sembra essere dolcissimo e, ciliegina sulla torta, il feeling tra lui ed Elodie scatta subito. Eppure c’è qualcosa di sinistro che aleggia sopra questa unione.

Dopo la cerimonia i due sposini vanno verso quella montagna che assomiglia a quella dell’incipit per la commemorazione del ricordo proprio di quel re lì, ma in un modo piuttosto spiacevole, perché essa prevede il sacrificio della nuova principessa del regno al drago che è rimasto a sonnecchiare in loro ad attendere via via che venga gettata nelle sue fauci la ragazza di turno. Perché? Cos’hanno fatto di male queste giovani? Se Elodie vuole sopravvivere lo deve scoprire.

Cuore di drago

L’idea dietro Damsel si sgama abbastanza facilmente. Il film ci prova all’inizio a sviare, indicando allo spettatore il proverbiale elefante nella stanza per cercare di distrarre lo spettatore, ma poi fornisce tutti gli indizi per lasciare intendere su che tipo di tasti gli autori avessero deciso di battere per questo rovesciamento narrativo.

L’idea è quella del coming of age di un’eroina uscita direttamente dalle ballate cavalleresche, ponendola prima al centro del più classico dei destini riservati alle donne di quella tradizione e poi contro la creatura per eccellenza che forma i cavalieri (e quindi gli uomini) di quella tradizione. Si prende un archetipo narrativo e lo si ribalta, semplicemente. La sottotrama che dà un senso più profondo (anche se, come detto sopra, così profondo non è) è quella di una figlia senza madre e di una madre senza figli. 

Millie Bobby Brown

L’idea dietro Damsel si sgama abbastanza facilmente.

La componente scenografica, nonostante il filtro scelto, è abbastanza convincente, anche se c’è qualche difetto di CGI e nella resa della creatura, a metà tra Sdentato e Smaug. Sicuramente la scelta di ambientare gran parte della storia all’interno di una caverna scura ha aiutato la divisione nell’impiego del budget e anche a far sentire a proprio agio un regista horror, che in effetti cerca di giocare molto con i tempi secondo i quali il mostro viene mostrato. Non con grandi risultati a dir la verità.

Scrittura semplice e a tratti improbabile per la seriosità che il film si vuole dare, regia monopasso, interpretazioni dei grandi nomi del cast molto poco convinta e resa effettistica che balla un po’ da una parte e dell’altra. L’ago della bilancia di Damsel è Millie Bobby Brown, che fornisce una prova fisica generosa ma comunque ancora molto grezza e invece dimostrando una volta ancora tutti i suoi limiti quando viene chiamata a lavorare secondo un altro registro. Si rimane dunque a metà su tutto. Eppure siamo convinti che il titolo poteva essere una buona origin story per una specializzazione attoriale per la giovane interprete. Magari se continua ad insistere il contesto giusto lo trova.

Damsel è disponibile su Netflix dall’8 marzo 2024.

55
Damsel
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Damsel è il nuovo fantasy originale Netflix diretto dalla fu grande promessa Juan Carlos Fresnadillo. Un'operazione simile a quella di Cursed, ma stavolta più centrata e pratica, lo si vede nella scrittura, nelle ambizioni e nella gestione delle risorse produttive. Il volto da copertina stavolta è quello di Millie Bobbie Brown, affiancata da dei pezzi da Novanta (solo sulla carta stavolta) come Robin Wright, Angela Bassett e Ray Winstone. Una pellicola abbastanza solida nella sua confezione, ma debole e anonima in un po' tutti quanti i reparti e depotenziata dalla sua voglia di essere seria. Idea penalizzante a livello cinematografico.

ME GUSTA
  • La scrittura è banalotta, ma solita nelle sue intenzioni.
  • La resa visiva è mediocre, ma tutto sommato convincente.
  • La generosità di Millie Bobby Brown nella sua prova fisica.
FAIL
  • Le prove dei grandi nomi del cast sono piuttosto discutibili.
  • La regia, che cerca un horror dinamico che non trova mai.
  • Difetti di CGI e nel design del drago.
  • Un film che rimane a metà in tutte le sue componenti, non riuscendo a posizionarsi.
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