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Prison Break: Dan Cooper

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Tempo fa vi ho aiutato ad evadere dalla più grossa prigione sovietica mai creata, la Cortina di Ferro. Ve lo ricordate? Si parlava di Trabant lucenti, minatori improvvisati e polizia segreta. Oggi però alziamo il tiro: siete su un aereo di linea con 200.000 dollaroni strappati di mano al governo e con due F-106 alle calcagna.

Siete pronti ad una nuova puntata di “Fughe da Figo” ?

Ma andiamo con ordine:  tutto inizia in un una ventosa giornata, quella del 24 Novembre 1971. Siamo all’aeroporto Internazionale di Portland, Oregon.

Sulla pista, pronto a decollare, c’è un Boeing 727 destinato a Seattle. Il volo è breve, la durata del volo prevista è di soli trenta minuti.

 

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Al posto 18C, comodamente seduto in attesa della partenza, c’è Dan Cooper.

Nessuno dei presenti lo conosce ma a vederlo sembra un uomo d’affari ben vestito in giacca e camicia, con tanto di fermacravatta color madreperla. Sarà la valigetta che tiene fra le gambe a dargli quell’aspetto da businessman.

O forse è quel gesto:  subito dopo il decollo Dan allunga la mano verso Florence, l’hostess del volo, e le passa un bigliettino. Sembra il classico stereotipo del ricco uomo d’affari che cerca di sedurre con la grana col suo fascino una bella donna.

 

 

Il decollo

Ma, come ben sappiamo noi nerd, non sempre basta un bello script bash ad ingraziarsi una donna e così la hostess ripone il bigliettino in tasca. Ma Dan non ci sta e immediatamente la ferma sussurrandole qualcosa all’orecchio:

Faresti bene a leggerlo quel biglietto. Ho una bomba.

La donna sgrana gli occhi. Leggendo il biglietto Florence  ha conferma di tutto:

Ho una bomba nella mia valigetta. La userò, se necessario. Voglio che si sieda accanto a me. State per essere dirottati.

Dan apre la borsa, facendo intravedere otto cilindri rossi dai quali partono alcuni fili. Forse sono solo dei pezzi di plastica.

Forse.

Di sicuro c’è che Florence si alza, senza tradire alcuna emozione, va in cabina di pilotaggio e riporta le condizioni di Dan :

Voglio 200.000 $, quattro paracadute e un’autobotte a Seattle, pronta per il rifornimento dell’aereo.

L’equipaggio non ha assi nella manica, non è in grado di trattare con un dirottatore. Le condizioni vengono così accettate in toto e i passeggeri vengono avvisati che, causa piccoli problemi meccanici, l’atterraggio a Seattle avrebbe subito alcuni minuti di ritardo.

Minuti che sarebbero in realtà serviti all’aeroporto di destinazione per recuperare i soldi del riscatto (una volta avvertito l’FBI), i paracadute e tutto il necessario al rifornimento.

Cooper riceve l’ok dall’equipaggio ed ordina così l’atterraggio su una pista secondaria, spegnendo le luci in cabina per prevenire l’entrata in scena dei cecchini.

Una volta raccolto il bottino, paracadute inclusi, lascia scendere tutti i 36 passeggeri ed alcuni membri dell’equipaggio, tra i quali Florence, prima di ordinare al comandante il decollo.

 

 

Rotta verso il Messico

Durante la sosta Cooper spiega il piano all’equipaggio rimasto a bordo:

Rotta sud-sud ovest, verso il Messico, velocità di crociera più bassa possibile (190 km/h) e quota 3.000 metri. Per essere sicuro dà anche ordine di lasciare aperti sia il carrello di atterraggio che il portellone di carico posteriore (ve lo giuro, Florence non c’entra nulla questa volta).

La cabina depressurizzata eviterà le eventuali furbate del pilota.

Ma gli addetti alla sicurezza lo avvertono, il portellone aperto durante il decollo è un pericolo che è meglio non correre.Dan si lamenta dicendo che sa bene che non è vero ma non gli va di discutere e da il suo ok alla chiusura:

Va bene, quel portellone lo aprirò io durante il volo, non è un problema.

Già ma in Messico, in quelle condizioni di volo, non ci arriviamo. Si decide così per un altro scalo a Reno, in Nevada.

L’aereo riparte quindi da Seattle alle 19:40 di quel lungo pomeriggio e noi siamo arrivato al punto dal quale abbiamo iniziato:

Siamo a 3.000 metri di altezza su un Boeing 727, 200.000 dollari rubati all’FBI e la polizia di un intero continente alle calcagna.

Questo aereo comincia ad avere le sembianze di una prigione.

A completare il tutto, due F106 seguono il Boeing a distanza sufficiente per non essere visti da Cooper.

Poco dopo le 20 l’equipaggio rimasto, tutto radunato nella cabina di pilotaggio, nota un calo nella pressione interna del velivolo. Il fatto viene imputato all’apertura del portellone posteriore.

L’aereo, in queste condizioni, atterra alle 22:15 a Reno.

Di Dan Cooper non c’è traccia, è saltato via non si sa dove con un paracadute ben ispezionato e 200.000 dollari.

E con un’impresa che lo consegnerà alla storia criminale.

 

 

Le indagini

L’analisi dei fatti portò il detective Capt. Obvious a formulare una scottante teoria:

Dan Cooper non si chiama, in realtà, Dan Cooper.

A fare insospettire il Capitano è l’omonimia con l’allora eroe dei fumetti stellestrisce, tale Dan Cooper, che di lavoro viveva le avventure aeree più disparate.

 

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Nell’immediato si valutò anche una possibile incarnazione del fumetto in stile giudice Morton ma alcuni esami fatti con la salamoia su alcuni capelli di Dan esclusero l’ipotesi.

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Oltre a questo l’FBI scopre poco altro. Il lasso temporale del lancio, il forte vento e la traiettoria manuale del velivolo non aiutano le indagini e non solo non si fa chiarezza sulla reale identità di Dan ma non si riesce nemmeno a formulare un’ipotesi sulla zona di atterraggio.

Il caso sembra riaprirsi parecchi anni dopo, nel 1980, quando un bambino trovò, sulla sponda di un fiume, alcuni pacchetti di banconote deteriorate appartenenti, sicuramente, al bottino di Dan.

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Tuttavia anche in questo caso le indagini giungono ad un punto morto.

Quello che abbiamo di Dan è solo un identikit, la sua incredibile preparazione tecnica rispetto alla fisica di volo ed al velivolo utilizzato, la grande conoscenza dei luoghi interessati e la familiarità con la quale trattava con le forze dell’ordine.

Nel corse degli anni a Dan sono stati dati molti nomi: Kenneth Christiansen e William Gossett sono quelli più probabili.

Non si è mai tuttavia giunti ad una conclusione delle indagini e ad oggi Dan Cooper rimane nella lista dei 10 ricercati più famosi d’America.

 

Note, curiosità e fonti

  • Il nome del dirottatore, per errore, fu inizialmente riportato come D.B Cooper. Quello corretto è, tuttavia, Dan Cooper.
  • Dan Cooper è l’unico dirottatore riuscito a scappare vivo nella storia dell’aeronautica USA.
  • Dopo il fatto la Boeing modificò i propri 727 in modo tale da non consentire l’apertura del portello posteriore durante il volo.
  • Negli USA è molto famoso ed è citato in diversi telefilm quali Numb3rs e Criminal Minds
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