Coderloop, storia di un successo italiano

La storia di Coderloop è una di quelle storie di successo che vorrei leggere tutti i giorni. Pochi in Italia ci mettono l’impegno, la grana e il sudore per arrivare ad avere successo online, essere notati in Silicon Valley e addirittura acquisiti da una società americana in forte ascesa.

Coderloop ce l’ha fatta.

Coderloop è, o meglio era, un servizio online che permetteva ai suoi utenti di dimostrare le proprie skills attraverso una serie di quiz e giochi, sbloccando achievements e interagendo con la comunità. Una gamification intelligente per arrivare a costruire una comunità di programmatori con la finalità di mettere in piedi un serbatoio di teste per chi fa recruiting o cerca programmatori, attività importantissima in questi anni di boom tecnologico.

Trovare un programmatore non è facile, trovarne uno bravo è difficilissimo, trovarne uno bravo, rispettato e che ha dimostrato sul campo il suo valore è praticamente impossibile. Coderloop ha creato una comunità che fa proprio questo: mettere in evidenza le teste migliori.

Non serve che vi spieghi quanto questo è importante per un head hunter o per una società in cerca di personale.

Partiti un anno e mezzo fa, italianissimi, i fondatori di Coderloop hanno messo in piedi un servizio online rivolto al mondo, in inglese, l’hanno promosso, seguito e fatto crescere fino ad arrivare a farsi notare da una start-up americana che ha obbiettivi assolutamente simili, Gild.

Gild ha annunciato questo mese di aver acquisito Coderloop, la sua tecnologia, i suoi utenti, i suoi fondatori. Ma come sono arrivati un paio di italiani a tutto questo?

L’abbiamo chiesto a Federico Faroldi, CEO e fondatore di Coderloop.

Come è nata Coderloop?
Il tutto è iniziato a fine 2009 quando, mentre lavoravo per Vodafone in Germania su un progetto software molto ambizioso, mi sono scontrato con il problema del recruiting di sviluppatori capaci. L’idea è nata in realtà da una scommessa fatta con alcuni colleghi (tra cui Luca che sarebbe stato poi mio socio in Coderloop) la cui sfida è stata quella di risolvere quanti più possibili puzzle di programmazione pubblicati su una sezione del sito di Facebook dedicata agli sviluppatori.

Questi puzzle di programmazione consistono in problemi da risolvere scrivendo un programma (software) che risolve il problema e che viene inviato al sistema che lo esegue, verificando che il problema sia corretto e quindi che il problema è stato risolto. Mentre partecipavo a questa sfida ho capito che quello dei puzzle poteva essere uno strumento che poteva aiutare a risolvere il problema di capire se un candidato per una certa posizione da sviluppatore fosse capace o meno.

I puzzle di programmazione non sono cosa nuova, ci sono da molto tempo ma vengono usati più che altro come svago o allenamento da parte dei programmatori (una delle raccolte più popolari si chiama Project Euler) e sono basati principalmente sulla soluzione di problemi algoritmici più o meno complessi (per esempio il calcolo dei numeri primi) e che quindi richiedono una conoscenza di tematiche di Computer Science generiche. Conoscenze che spesso non sono applicabili al mondo del lavoro.

L’idea è stata quindi quella di creare dei puzzle che richiedessero competenze specifiche, importanti nel mondo del lavoro (per esempio la scrittura di una servlet in Java o la scrittura di una query SQL secondo certe specifiche). Con questo tipo di puzzle saremmo stati in grado di verificare che i candidati avessero capacità ben specifiche e, selezionando un “esame” composto da più puzzle diversi avremmo potuto creare un sistema di valutazione personalizzabile per le esigenze di qualsiasi azienda.

Ed è così che io e Luca iniziammo a lavorare sul progetto, prima di sera e nei weekend fino a quando, nel Maggio 2010, decidemmo di lasciare il nostro ben pagato lavoro da dipendente Vodafone per tornare in Italia e buttarci a tempo pieno nel progetto Coderloop.

Quindi in pratica cosa fa Coderloop?
Coderloop ha sviluppato una tecnologia proprietaria che ha lo scopo di verificare che un candidato ad una posizione di programmatore o system administrator abbia effettivamente le capacità che dice che avere nel suo curriculum.

Questa verifica avviene inviando al candidato una serie di problemi pratici che possono richiedere a seconda del profilo da verificare:
– lo sviluppo di un programma o parte di esso in un determinato linguaggio e secondo certe specifiche
– la creazione di un database strutturato secondo determinate specifiche
– l’estrazione di dati da un database
– l’esecuzione di un task su una macchina virtuale (come per esempio installare mysql o fixare un installazione di apache)

In poche parole sono tutti real-world task che basati su skill di cui le aziende hanno bisogno.

La forza del nostro sistema rispetto ad un approccio teorico (domande a risposta chiusa) è che il candidato deve effettivamente scrivere del codice o eseguire dei comandi su un sistema operativo e la nostra tecnologia è in grado del tutto automaticamente di verificare che il task sia stato eseguito correttamente e di dare un punteggio all’eseguzione secondo vari parametri.

In questo modo se, per una posizione di programmatore Java, l’azienda riceve un centinaio di application, noi verifichiamo che i candidati abbiano tutte le skill che l’azienda cerca e verifichiamo anche quanto sono bravi, dando poi all’azienda una lista filtrata dei migliori. Così l’azienda può impiegare le proprie risorse umane solo per intervistare i migliori 10 per esempio, invece che tutti e 100 con un notevole risparmio.

Come avete fondato la società? vi siete appoggiati ad un fondo o vi siete auto finanziati?
Io e Luca, il mio socio, lavoravamo per Vodafone con ottimi stipendi ed abbiamo deciso di licenziarci per fondare Coderloop. Ci siamo autofinanziati con le nostre liquidazioni. Per più di un anno siamo sopravvissuti con quei fondi, poi mentre stavamo cercando altro capitale, Gild ci ha proposto l’acquisizione.

Da quante persone è composta la società e cosa fanno esattamente?
La società è (era) composta da 3 persone:

– io (CEO) e mi occupavo sia di sviluppo software che di product development
– Luca Bonmassar (CTO) che si occupava di tutta la tecnologia proprietaria per la valutazione dei task
– Andrea La Mesa (Sales and Marketing) che è stato il nostro uomo a San Francisco che ha procurato i clienti e ha diffuso il verbo

Inoltre lungo la vita di Coderloop abbiamo avuto dei collaboratori, tutti ragazzi Italiani, che ci hanno aiutato a sviluppare l’applicazione.

Quali sono stati i problemi più grossi che avete affrontato all’inizio?
Dopo l’entusiasmo di aver realizzato qualcosa che era solo un idea, abbiamo dovuto capire come creare un business sostenibile. Realizzare la tecnologia non basta, devi anche capire come creare un prodotto che qualcuno possa usare e sia disposto a pagare per farlo.

Abbiamo discusso molto internamente ed abbiamo provato diverse strade… alla fine abbiamo deciso di creare una piattaforma tecnologica che altre aziende che si occupano di recruiting potessero integrare all’interno dei propri prodotti, pagando la licenza di integrazione.

Come siete riusciti a crescere e a farvi notare negli Stati Uniti?
Principalmente grazie ad Andrea che si trovava là per studiare per un MBA e grazie al mio network di conoscenze (ho lavorato per 6 anni per Yahoo! e conosco molte persone in Silicon Valley).

Io e Luca abbiamo fatto qualche viaggio a San Francisco per andare a trovare Andrea e tutti insieme abbiamo iniziato a prendere contatti e clienti là. Grazie ad Andrea per esempio siamo riusciti ad arrivare a Dropbox, che ha usato la nostra tecnologia per verificare in modo automatico i programming puzzle che sono disponibili sul loro sito nell’area jobs.

Quando e come vi ha contattato la prima volta Gild?
Li abbiamo contattati noi, come potenziali clienti. Ed infatti loro sono stati tra i primi a licenziare la nostra tecnologia. Dopo qualche mese di collaborazione ci hanno espresso il loro interesse di acquisirci.

Vendere la propria società non è mai facile, per voi era la soluzione a cui arrivare fin dalla nascita o l’avete valutata unicamente dopo aver ricevuto la proposta?
Coderloop è nata con lo scopo di diventare un business sostenibile, non abbiamo mai pensato di sviluppare qualcosa e di vendere (almeno non nei primi 24 mesi). Ma quando i fondi iniziavano a scarseggiare e abbiamo visto che trovare i capitali di cui avevamo bisogno non era così facile, abbiamo iniziato a pensare alla possibilità di entrare in partnership con qualcuno. Ed è stato in quel momento che abbiamo ricevuto l’offerta di Gild.

Siete stati inglobati completamente? quali sono i termini dell’accordo a grandi linee, avrete una certa libertà all’interno di Gild o semplicemente sarete dei loro dipendenti?
Gild ha acquisito le quote dell’azienda, la proprietà intellettuale e il team (in realtà soltanto me e Luca poiché Andrea ha deciso di proseguire una strada differente e sentirete parlare presto di lui). All’interno di Gild abbiamo una certa libertà di azione e a soltanto un mese dall’acquisizione ci siamo già integrati perfettamente.

Il trasferimento negli Stati Uniti era inevitabile immagino, vi aiuteranno anche per il problema visti ecc?
Si assolutamente, hanno pensato a tutto loro, tant’è che ho ritirato il mio visto proprio oggi. :)

Ci sono tanti piccoli imprenditori che stanno cercando, faticosamente, di fare crescere le loro aziende tecnologiche in Italia, quali consigli ti senti di dare?
Cercare di rischiare un po’ di più sul lato tecnologico e guardare quello che sta succedendo al di là dell’oceano.

Imparare a programmare e sviluppare tecnologie competitive non è mai stato così facile grazie all’accesso alle informazioni garantito da Internet.

Il problema che spesso vedo in Italia è che ci si ferma alle tecnologie di cui si è sentito parlare da amici o a scuola (ad esempio Java) e si fa fatica ad approfondire o a tenersi al passo con quello che succede in Silicon Valley. Questo deve cambiare e bisogna fare più comunità per condividere le proprie idee e le proprie esperienze. Ma le cose stanno cambiando, su Facebook è nato il gruppo Italian Startup Scene che conta ormai più di 2600 iscritti. Se solo il 10% fonda una propria startup possiamo diventare la prossima Silicon Valley.

 

Che dire. Complimenti a Federico e Luca, spero di poter scrivere altri articoli come questo nel prossimo futuro, troppo spesso leggo di italiani che vorrebbero, ma non possono.

Troppo facile trovare scuse, mancano i soldi, manca la voglia, manca l’esperienza, mancano i contatti… la verità è che bisogna combattere, metterci la faccia, rischiare la bancarotta e avere tanta intraprendenza. Anche un briciolo di culo non guasta sicuramente, ma se il progetto è valido, se le teste sono valide, se le idee sono chiare, i risultati arrivano, sempre.

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