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Sull’origine delle parole

Come tutti gli studenti di Lingue e letterature sapranno, una delle prime materie che si deve sostenere per comprendere meglio il processo degli studi è la Linguistica Generale (o, comunque, un esame che verte sulla linguistica).
Definire cos’è la linguistica è molto complesso perché è una disciplina che abbraccia moltissimi aspetti e presenta davvero tante sfaccettature: vi basti sapere, come dice la cara Wikipedia, che è “una disciplina scientifica che si occupa del linguaggio umano”.
Oltre ad assicurarvi che i libri e le dispense di questa materia sono stati tra i testi universitari più interessanti mai letti, studiandola mi sono appassionato ad un particolare campo: l’origine e l’etimologia delle parole.

Detta così sembra banalotta come cosa, direte voi “beh, ‘ccazzo ci vuole: parole latine e greche che si mescolano tra loro”. In parte è vero, ma ci sono molti modi in cui un nuovo termine può nascere (non vi faccio l’elenco perché non credo vi interessi) e non potete immaginare quanto alcuni siano curiosi.

Ve ne riporto solo un paio, che ho trovato davvero singolari:

Gettonato: [more]il significato di questo termine, in origine, era proprio quello letterale, ossia qualcosa che “ha ricevuto gettoni”: questa parola nasce infatti intorno agli anni ’40-’50 con l’arrivo dei JukeBox. In queste fantastiche macchine, per poter ascoltare una canzone, dovevi inserire una moneta (o un gettone): risulta ovvio, quindi, che i brani più ascoltati fossero quelli che avevano ricevuto più spiccioli ed erano, quindi, i più “gettonati”.
Da qui, poi, il significato è stato generalizzato a quello di “molto richiesto”, “alla moda”.[/more]

Sabotatore: [more]pensando a questa parola, probabilmente l’unico altro lemma che riusciamo a collegare è quello di “sabot”, ossia dei pesanti zoccoli in legno. E l’associazione è corretta.
Il termine “sabotatore”, infatti, nasce con la Rivoluzione Industriale: pare, infatti, che alcuni operai che volevano ribellarsi all’utilizzo delle macchine le distruggessero con le loro pesanti calzature, in francese note come “sabot”: il termine venne quindi coniato originariamente in questa lingua (saboteur) e poi “tradotto” in italiano come “sabotatore”. Col passare del tempo, poi, il significato variò e si generalizzò, diventando quello che noi tutti oggi conosciamo.[/more]

Infinocchiare: [more]già durante il ‘700 (si pensa risalga a quest’epoca il termine), era ben noto il sapore caratteristico del finocchietto selvatico, che lasciava in bocca un gusto molto simile a quello dell’anice.
I venditori di vino non mancavano di sfruttare questa peculiarità a loro favore: per vendere, infatti, del prodotto di bassa qualità, prima di farlo bere all’acquirente, invitavano lo stesso a mangiare qualche stuzzichino a base di finocchietto selvatico. Dopo averlo assaporato, rimaneva il gusto molto forte di anice, che celava (o comunque riduceva) un eventuale cattivo sapore del vino.
Col passare dei secoli, quindi, “infinocchiare” è diventato sinonimo di “imbrogliare”, “beffare”, con riferimento alla pratica tipica dei condatini e degli oste.[/more]

Una citazione a parte, poi, meritano le parole “quotidiano” e “wireless”.

Per quanto riguarda la prima:
[more]dovete sapere che è una caratteristica dell’uomo tendere allo sforzo minore nel parlare: questa teoria è nota come “Principio di economia” e sostiene che

”l’essere umano è spinto a minimizzare il sistema del linguaggio, ad ottenere quindi un ‘miglior risultato funzionale’ con il ‘minore sforzo possibile’.
Questa tendenza al minimo sforzo produrrà quindi una riduzione delle differenze nel sistema linguistico”

Fatta questa premessa, le prime pagine stampate ogni giorno che riportavano le notizie del circondario erano note come “fogli di giornale”. Per la teoria esplicata sopra, a poco a poco la gente eliminò “fogli di”, utilizzando solo il termine “giornale”.
Con il passare degli anni, però, oltre ai “giornali” veri e propri si iniziò ad (ab)usare questo termine anche per altri tipi di pubblicazioni, come riviste e periodici: anche se questi ultimi non avevano una cadenza giornaliera, li si definì, illogicamente, “giornali” poiché la parola aveva assunto la connotazione generale di “raccolta di carta stampata”.
Per specificare le stampe delle notizie del giorno, quindi, si dovette aggiungere al termine “giornale” la parola “quotidiano”, anche se di fatto i due termini significavano la stessa cosa. Venne quindi l’epoca del “giornale quotidiano”: ma, come sappiamo, la gente si stanca a pronunciare due parole quando può economizzare: quindi oggi si parla semplicemente di “quotidiano”.
Può sembrare cosa da poco, ma se ci riflettete è piuttosto buffo.[/more]

Caso ancora più particolare è la storia della parola “wireless”.
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Il termine Wireless apparve per la prima volta in Europa alla fine dell’800, per indicare le radio che erano, appunto, apparecchi “senza fili”.
Quando nacque il telefono senza fili, però, non lo si poteva chiamare con lo stesso nome delle radio: si optò quindi per un relativamente scorretto “cordless”: la parola “cord”, infatti, non indica un cavo (wire), bensì una corda, una fune.
Col tempo, però, dall’America la parola “radio” si impose sulla parola “wireless” per indicare i dispositivi che tramsettevano la musica tramite frequenze: erano gli anni ’30-’50 del ‘900, quando nascevano le prime vere e proprie emittenti radiofoniche in tutto il mondo.
Così, anche nei paesi anglofoni europei, “radio” divenne il termine più conosciuto e wireless cadde in disuso.
Pochi (si fa per dire…) anni dopo, tuttavia, con il boom dell’informatica, nascevano i primi mouse e le prime tastiere senza fili: come meglio definirli, se non wireless?
Per lungo tempo la parola designò quasi esclusivamente questo genere di dispositivi elettronici che funzionavano senza bisogno di cavetti.
Ma poi nacquero le ADSL e i router e mi pare scontato specificare come andò a finire: si iniziò a parlare di connessioni “wireless”: queste si imposero velocemente in tutto il mondo, più di quanto avevano fatto i mouse senza coda, così che, in molti paesi (tra cui l’Italia stessa), se parliamo, in generale, di “wireless” (senza specificare alcun sostantivo) c’è un’alta probabilità che venga intesa la connessione internet WiFi.
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Spero di non avervi annoiato con questo lungo articolo: alcune cose possono sembrare scontate ai più ma vi assicuro che prestando caso a tanti dettagli come questi si possono notare davvero molte piccole perle della propria lingua.

Mi dispiace non poter indicare una fonte o un link di approfondimento, ma sono tutte cose che ricordo e che conosco per cultura personale: non escludo, quindi, che possano esserci piccole imperfezioni: in tal caso, segnalatemele.

Scrabble Nerd è la rubrica sulla linguistica che parla di come sono nati e cosa significano alcuni termini e modi di dire italiani

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