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Modi di dire toscani

Bischero

Il bischero è una persona poco accorta, stupidotta nell’accezione più scherzosa del termine o, se usata in termini più duri, uno sciocco, una persona che si crede furba ma poi si rivela poco intelligente. È usato anche per riferirsi ad azioni o situazioni particolari: “T’hai fatto ‘na bischerata!”, ovvero hai agito senza riflettere ottenendo un risultato fallimentare.

Esistono molti modi di dire riferiti al bischero: “andare/fare le cose a bischero sciorto” (sciorto=sciolto, agire avventatamente), “la ragione gl’è de’ bischeri” (per quanto riguarda il fiorentino, esso ama lo scontro verbale, si vuole guadagnare la ragione, sudandosela e quindi diffida di chi gliela dà troppo facilmente), “tre volte bono vol di’ bischero“ (a forza di essere gentili si piglia ni’ “cahapranzi”), “avere il quarto d’ora del bischero” (quando hai quei 15 minuti di pura e sconsiderata follia) e così via.

La storia del bischero nasce da una ricca famiglia fiorentina del Quattrocento che aveva molte case nella zona tra Piazza del Duomo e Via dell’Oriuolo, nota come “Canto dei Bischeri”, dove oggi sorge una parte della Cattedrale di Santa Maria del Fiore.

Infatti il progetto di Santa Maria del Fiore richiedeva uno spazio ampio per la costruzione perciò il comune fiorentino decise di acquistare, dai rispettivi proprietari, tutte le case e i terreni che si trovavano nel perimetro interessato: tra questi vi era la facoltosa famiglia Bischeri.

Ora, la storia vuole che i Bischeri si rifiutarono di accettare la somma offerta, giocando al rialzo e speculando sulle proprietà salite di valore. Un comportamento ritenuto da molti cittadini sciocco e testardo. Dopo anni di trattative sul prezzo, il governo fiorentino esaurì la pazienza e decise di espropriare i possedimenti ai Bischeri con un pugno di fiorini di risarcimento.
Altre fonti (wiki dice “fantasiose”) dicono che ci fu un misterioso incendio che bruciò le case della famiglia Bischeri che, incenerite e svalutate, vennero vendute ad un prezzo irrisorio. Comunque in entrambi i casi si trattò di una bischerata bella e buona.

Dopo la vicenda i Bischeri cambiarono cognome, lasciarono la città e riuscirono a riprendersi dal tracollo finanziario. Una fonte che ho trovato dice che per orgoglio cambiarono il loro cognome in Guadagni.

Una targa con la scritta “Lotti dei Bischeri” è stata incisa sul lato sud della cattedrale, a memoria della vicenda.

Il bischero trova riferimento anche col Bischero di palude, un arbusto che cresce nelle zone paludose e che avendo il peso all’estremità superiore ondeggia in direzione del vento, come il bischero che si lascia convincere facilmente.

Il bischero è anche la chiave per l’accordatura di strumenti ad arco e deriverebbe dal latino disculus (disco), per la sua forma, o dal germanico busk (legno).

EDIT: grazie ad uno scambio con @queenm e @fareyus aggiungiamo ai vari significati di bischero anche quello di fallo.
Sembra infatti che “bischero” deriva dall’etrusco “viscri” che non era solo un termine usato in generale per indicare le viscere, ma era anche il fallo in etrusco.

EIT VISCRI TUTE ARNΘ ALITLE PUMPUŚ, che tradotto sgnifica “Aruns Alitillius Pomponius ha donato questo viscere” è la frase incisa su una tavoletta etrusca ritrovata a Paterno di Vallombrosa (AR), datata al III secolo a.C., in cui è raffigurato un uomo che porge un viscere che gli studiosi hanno identificato differentemente come un cuore, o un fegato o appunto un fallo.

Secondo la quinta fonte che ho trovato l’ultima tesi, cioè quella che vede la derivazione di bischero dall’etrusco, è quella più avvalorata dai linguisti che non accettano la storiella dalla sventurata famiglia Bischeri.

Pensandoci bene l’accostamento tra fallo e bischero trova anche maggior riscontro per quanto riguarda il bischero degli strumenti musicali. Inoltre, in toscana, un modo alternativo di dare dello stupido è “fava” e in Italia in generale è “cazzone”/”minchione”: il cerchio si chiude e Mokkori è una fava :D .

Se ‘un è zuppa, è pan bagnato

È un detto riferito a un qualcosa che anche se presentata in maniera diversa è sostanzialmente la stessa cosa.

Etimologicamente zuppa deriva dall’antico suppa (da cui lo spagnolo sopa, il francese soupe, il tedesco suppe e l’inglese soup) che significa brodo, minestra di pane affettato. Per questo motivo il detto indica due modi diversi di chiamare la stessa cosa.

Da un punto di vista gastronomico, col tempo, la zuppa è diventata qualcosa di più ricco ed elaborato, condita con erbe e odori, ma alla fin fine resta sempre “pane bagnato”; come in tutte quelle situazioni in cui si cerca di parlare nel modo più convincente possibile, usando parole meno dirette: riduzione dell’organico/licenziamenti, escort/prostituta, zuppa/pan bagnato.

Senza lilleri ‘un si lallera

Senza soldi, si fa poco. Il termine lilleri, o tilleri, deriva da Tallero, un’importante moneta d’argento dal diametro di 40 mm. La lallera è invece un modo alternativo di riferirsi alla vagina.

Vista la tendenza al fallocentrismo della società, l’equazione lallera=la cosa più preziosa (quindi costosa) al mondo è automatica :D .

[more]L’illustre Riccardo Marasco ha composto una canzone sulla lallera.

[/more]

A buco pillonzi

Stare a buco pillonzi significa assumere una posizione a 90° gradi, a culo ritto. Questa espressione nasce da una tradizione contadina di Vinci (città natale di Leonardo) dove un tempo erano presenti dei grossi lavatoi comuni, ai quali le donne si recavano a fare il bucato.

Questi lavatoi erano in sostanza dei catini comunicanti, alti un metro da terra e riempiti fino a metà che venivano chiamati pilloni. La loro forma costringeva le donne a chinarsi e a mettere in mostra il lato B, suscitando l’ilarità e gli animi focosi degli uomini che passavano di là.

Fonti: 1 | 2 | 3 | 4 | 5

etimo.it | Wiki

Per approfondire: “Vohabolario Fiorentino

Scrabble Nerd è la rubrica sulla linguistica che parla di come sono nati e cosa significano alcuni termini e modi di dire italiani

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