iOS è notoriamente un sistema chiuso che non offre grandi libertà agli utenti su come e dove scaricare le applicazioni. Apple difende con orgoglio il suo modello, che chiama ‘Walled Garden‘, un giardino recintato con un unico guardiano – la stessa Apple – che decide chi può entrare e a che condizioni.

Tim Cook è intervenuto più volte a sostegno del suo giardino: «iOS è più sicuro e offre una privacy superiore degli altri sistemi operativi», ha ribadito più e più volte. Eppure proprio i recinti di iOS sono alla base di numerose invettive ricevute da Apple. Le più recenti arrivate per bocca di Mark Zuckerberg, Elon Musk e Tim Sweeney (il N.1 di Epic Games).

«È l’unica azienda che pretende di controllare in maniera unilaterale e insindacabile quali applicazioni possano essere installate sui dispositivi dei suoi clienti», aveva tuonato il fondatore di Meta. «Ogni volta che acquistare un prodotto sull’App Store state pagando una tassa nascosta del 30%», gli ha fatto eco Elon Musk (motivo per cui per chi usa un iPhone Twitter Blue costa 11 dollari, e non 8). Mentre il CEO di Epic ha detto che ogni politico «dovrebbe essere terrorizzato dell’enorme potere di Apple».

Le politiche dell’App Store – che non tollera metodi di pagamento alternativi a quelli controllati da Apple – sono finiti al centro di una denuncia presentata da Spotify presso la Commissione europea. Epic Games ha usato Fortnite (bandito dall’App Store) per sfidare le politiche della Apple in un’aula di tribunale, ricevendo però una sonora sconfitta (ma la partita è ancora aperta).

Apple non vuole cambiare il suo modello e non ci pensa nemmeno ad ‘androidicizzare’ il suo iOS. Eppure potrebbe essere obbligata a farlo, quantomeno in Europa.

Il DMA dell’Unione Europea vuole scardinare tutti i recinti

A novembre l’Unione Europea ha approvato il Digital Markets Act (DMA), quello che a partire da marzo del 2024 diventerà il testo sacro di riferimento del mercato dei servizi e dei prodotti digitali. La legge introduce alcune regole che – di fatto – impongono ad aziende come Apple una forte flessibilità, mettendo a bando gli ecosistemi troppo chiusi.

I sistemi operativi devono aprirsi alla concorrenza interna: non potrà più esserci un solo store digitale e non si potrà più imporre un unico metodo di pagamento. Insomma, iOS dovrà dire addio alla politica del walled garden e ammettere (come avviene già su Android) la presenza di marketplace alternativi (come quelli di Amazon e Huawei) oltre che la possibilità di scaricare le applicazioni attraverso quello che in gergo si chiama sideloading — cioè la possibilità di scaricare le app dal browser oppure di trasferirle dal computer o da un altro smartphone o tablet.

Il DMA regolamenta quelli che il testo della legge chiama “gatekeeper”, cioè le aziende che esercitano il controllo su un punto nevralgico di accesso (gateway) ad uno o più mercati digitali, ponendosi da tramite tra gli utenti finali e i fornitori di prodotti e servizi (come gli sviluppatori delle app).

Non solo i fornitori di sistemi operativi, dunque, ma anche le aziende che operano piattaforme social, motori di ricerca, servizi di messaggistica (anche loro dovranno garantire l’interoperabilità, ad esempio) e via dicendo. A patto che raggiungano almeno 45 milioni di utenti finali in UE e che abbiano 10mila utenti commerciali all’anno e un market cap di almeno 75 miliardi (oppure un fatturato di minimo 7,5 mld/anno). Tutti requisiti che ovviamente Apple soddisfa in pieno.

Apple si sta già preparando al doloroso cambiamento

Apple starebbe già lavorando alla rivoluzione imposta dall’Unione Europea, stando alle indiscrezioni raccolte da Mark Gurman, firma di Bloomberg e giornalista specializzato nel dietro le quinta del mondo della mela morsicata.

Le novità potrebbero arrivare già con iOS17, cioè l’importante aggiornamento che debutterà assieme agli iPhone 15. Forse non fin da subito, ma con gli aggiornamenti che arriveranno nel corso del 2023, in vista della scadenza fissata per marzo del 2024.

Secondo Gurman, Apple avrebbe già destinato un numero estremamente elevato di risorse umane ed economiche per adeguarsi in fretta e in furia alle prescrizioni del DMA, che in primo luogo, come abbiamo anticipato, prevede l’obbligo di consentire il sideloading e quindi il download e l’acquisto delle applicazioni da app store alternativi. E questa è solo la punta dell’iceberg, a dirla tutta.

Un’altra delle prescrizioni del DMA riguarda le applicazioni di messaggistica come iMessage (ma anche WhatsApp), che dovranno obbligatoriamente garantire l’interoperabilità con le applicazioni concorrenti. In sostanza: iMessage dovrebbe poter consentire l’invio e la ricezione di messaggi anche verso e da app di terze parti. Il come è un po’ più complicato, considerando che molte grandi app utilizzano dei sistemi di cifratura end-to-end e che non tutte le app usano lo stesso protocollo di cifratura.

Poi c’è il crucio del chip NFC, che sugli iPhone può essere tassativamente («per ragioni di sicurezza», dice Apple) utilizzato dall’app Wallet e quindi per pagare con il servizio Apple Pay. Anche questo dovrà cambiare e ne consegue che un domani gli utenti di iOS potrebbero finalmente poter contare su Google Pay o altri servizi simili.

Un altro punto riguarda WebKit, il motore di rendering che attualmente tutti i browser distribuiti su iOS devono utilizzare obbligatoriamente. Significa che app come Chrome o Firefox un domani potrebbero optare per altre soluzioni, come Blink.

Un’apertura totale?

Secondo Bloomberg, Apple starebbe lavorando ad un’espediente per ridurre il danno al minimo. Ad esempio, vorrebbe introdurre dei requisiti di sicurezza per continuare ad escludere alcune applicazioni (o fonti per il download) potenzialmente pericolosi. Tra le ipotesi prese in considerazioni c’è un sistema a semaforo con bollini di colore diverso a garanzia dei diversi livelli di affidabilità della fonte alternativa da cui si intende scaricare le app.

La buona notizia – per Apple – è che la storia di Android fornisce più di qualche rassicurazione: gli utenti che usano il sistema operativo di Google possono già scaricare le loro app usando marketplace alternativi, ma preferiscono non farlo. Perché scomodo e perché, tutto sommato, non ne traggono grossi benefici.

Secondo un’indagine curata dall’analista di CFRA Angelo Zino – e ripresa da Reuters -, l’apertura ai marketplace alternativi potrebbe rubare all’App Store appena lo 0,2% delle transazioni. Cifre trascurabili. «La stragrande maggioranza degli utenti continuerà ad usare il marketplace di Apple per comodità e fidelizzazione», scrive Zino.

Nota a parte per la la possibilità di bypassare completamente i sistemi di pagamento di Apple per le app scaricate dall’App Store: ogni anno gli utenti spendono oltre 10 miliardi di dollari sull’App Store e su ogni pagamento Apple prende una generosa commissione. Non aderire alla lettera al DMA potrebbe costare ad Apple sanzioni fino ad un massimo del 10% del suo fatturato annuo.