Epic Games vs Apple: chi ha vinto davvero?

Il 10 settembre scorso la giudice Gonzalez Rogers ha posto la parola fine al contenzioso legale tra Epic Games e Apple, una causa lunga e complessa che affrontava un ricchissimo insieme di punti diversi e potenzialmente avrebbe potuto riscrivere gli attuali equilibri del mercato delle app mobile, mettendo in discussione il modello di business di Apple. Di fatto così non è stato:

La giudice ha dato ragione ad Epic Games su soltanto uno dei dieci punti sollevati in aula.  Secondo gli osservatori più attenti, Apple ha stra-vinto.

Altri, come The Verge, sostengono che abbiano perso entrambe le aziende. Certamente non si può parlare di una vittoria per Epic. Non è un caso che, poche ore dopo la pubblicazione della sentenza, Epic Games attraverso il suo CEO Tim Seweeney abbia dichiarato tutta la sua frustrazione, annunciando di voler fare ricorso.

Le richieste più importanti di Epic Games

Epic Games ha trascinato Apple in tribunale dopo che il gioco Fortnite era stato espulso dall’App Store, per aver cercato di usare uno strumento di transazioni in-app non consentito. Ma la causa civile presentata dagli avvocati di Epic non riguardava solo Fortnite ed aveva obiettivi molto più complessi e ambiziosi.

Epic Games sostiene che Apple sia un monopolio e che attraverso le sue policy abbia creato un modello di business ostile alla concorrenza a ai diritti dei consumatori.

Al momento della presentazione della causa, Epic Games aveva spiegato di non essere interessata ad una sentenza che le desse un trattamento privilegiato o una compensazione per i danni provocati dalla rimozione di Fortnite dall’App Store. Al contrario, Epic voleva arrivare ad una sentenza che avrebbe – tra le altre cose – contestato le attuali commissioni per gli acquisti in-app, oltre che l’assenza di alternativa all’App Store all’interno di iOS. Una sentenza universale, con effetti per tutti gli sviluppatori e per l’interno mercato delle app mobile. Così non è stato.

 

I. APPLE NON HA UN MONOPOLIO SUL MERCATO MOBILE… DEI VIDEOGIOCHI

Gli avvocati di Apple sono stati estremamente abili nel cambiare il campo da gioco. Fortnite – hanno obiettato i legali di Apple – non è una semplice app, ma un videogame. Di conseguenza compete all’interno del più vasto mercato digitale del gaming. Una tesi solo in parte accolta dalla giudice Gonzalez Rogers: la questione non riguarda il mercato delle app o quello del gaming, ma il mercato digitale dei videogiochi mobile, dove Apple affronta una competizione sempre più intensa.

All’interno di questo mercato Apple ha un market share alto, ma non a sufficienza da giustificare un intervento dell’antitrust.

Secondo la sentenza, Apple controlla il 55% delle transazioni del mercato digitale dei videogiochi mobile e assieme ad Android detiene un semi-duopolio. La giudice ha anche sottolineato come sia Google Stadia sia il cloud gaming costituiscano una possibile sfida futura alla dominance di Apple e Google. Esisterebbero, poi, sottolinea la giudice, altri fattori che rendono la posizione di Apple pericolosamente vicina a quella di un monopolio, come il suo enorme potere contrattuale sugli sviluppatori, che non a caso ha portato a commissioni sulle transazioni molto alte (15% o 30%, a seconda delle dimensioni del developer). Ma non basta:

Questi elementi da soli non sono sufficienti a costituire una condotta meritoria dell’interesse dell’antitrust. Il successo non è illegale

II. APPLE HA RAGIONE A FARNE UNA QUESTIONE DI SICUREZZA, NIENTE SIDE-LOAD E APP STORE ALTERNATIVI

Epic Games voleva scardinare il modello chiuso scelto da Apple per iOS. Epic aveva chiesto che Apple fosse obbligata ad accettare il cosiddetto side-loading, oltre che ad aprire le porte ad app store alternativi al suo, un po’ come succede su Android – dove troviamo un app store di Amazon, ma anche di Huawei e molte altre aziende concorrenti.

La sentenza anche su questo punto dà torto ad Epic Games. Aprire le porte al side-loading, la possibilità di installare app attraverso strumenti terzi, ad esempio collegando l’iPhone ad un PC, oppure ad app store alternativi verosimilmente diminuirebbe la sicurezza offerta ai consumatori.

La sentenza è interessante anche per le parole usate dalla giudice Gonzalez Rogers, che in più occasioni, pur rigettando le sue richieste, ha datto mezza ragione ad Epic Games. Ad esempio, in questo caso la Gonzalez Rogers ha sostenuto che probabilmente esiste effettivamente un problema di assenza di concorrenza interna ad iOS, ma in assenza delle condizioni di monopolio, non è possibile intervenire per imporre ad Apple cambiamenti su questo punto. “Il problema non è che Apple offra dei pessimi servizi, non è vero. Il punto è che un app store di terze parti potrebbe spingere Apple ad innovare e offrire servizi che oggi non offre”.  È una dichiarazione forte, ma in assenza di un provvedimento cogente non produrrà alcun effetto concreto.

III. APPLE HA DIRITTO A CHIEDERE LE COMMISSIONI SUI PAGAMENTI IN-APP

Apple è riuscita a difendere con successo anche la sua pretesa di chiedere un’importante commissione del 30% sulle transazioni in-app.

Tale commissione – hanno argomentato in modo persuasivo i legali della mela – non copre semplicemente gli oneri per processare la transazione, ma sono un compenso legittimo per l’uso delle proprietà intellettuali di Apple da parte degli sviluppatori, che grazie all’App Store possono raggiungere centinaia di milioni di consumatori in tutto il mondo.

L’alternativa proposta da Epic – un pagamento diretto tra utente e developer, senza passare per Apple – non è compatibile con l’ordinamento statunitense sulla proprietà intellettuale e di conseguenza è stata rigettata.

IV. EPIC GAMES HA PAGATO AD APPLE 6 MILIONI DI DOLLARI

Non bastasse, Epic Games ha dovuto pagare 6 milioni di dollari ad Apple, come risarcimento per aver violato le policy dell’App Store aggirando le commissioni sulle micro-transazioni.

I 6 milioni di dollari altro non sono che il 30% di quanto fatturato da Fortnite nei giorni in cui ha proposto ai suoi utenti un metodo di pagamento alternativo a quello di Apple per acquistare i V-Buks, la valuta di gioco.

Scherzando, il CEO di Epic Games Tim Sweeney ha detto di aver pagato il risarcimento usando Apple Pay.

V. L’UNICA, IMPORTANTE, VITTORIA DI EPIC GAMES

Il bilancio di Epic Games si ferma a nove sconfitte e una vittoria.

La casa di sviluppo aveva contestato anche l’anti-steering provision prevista dalle policy dell’App Store. È una policy che vieta agli sviluppatori di comunicare canali di pagamento ed acquisto alternativi a quelli presenti nell’App Store. I developer, in altre parole, non possono inserire nelle loro app pulsanti, link o call to action che portino l’utente su un sito o una piattaforma esterna, dove poter effettuare gli acquisti.

Facendo un esempio: NOW, la piattaforma on-demand di Sky, può vendere abbonamenti all’interno dell’app sottostando alle commissioni chieste dall’App Store, ma non può linkare il suo sito ufficiale, dove l’utente potrebbe abbonarsi senza passare per Apple.

La sentenza ha dichiarato la policy illegittima, dando ad Apple tre mesi di tempo per eliminarla completamente e dare agli sviluppatori una libertà che viene chiesta da tempo. Non è ancora chiaro, nei fatti, cosa cambierà per gli sviluppatori, gli utenti e la stessa Apple.

Anche perché la giudice è stata molto chiara: Apple ha un diritto a farsi pagare per le sue proprietà intellettuali. Ne consegue che anche il passaggio per un canale esterno forse avrà delle commissioni obbligatorie. Il forse lo sottolineiamo dieci volte, di certo c’è poco o nulla.

The Gateway è il magazine settimanale di Lega Nerd che vi parla del mondo della tecnologia e dell’innovazione.

 

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