Iniziamo ad affrontare i temi di questa recensione di Belfast mettendo in evidenza come Kenneth Branagh abbia voluto, in questo caso, tornare alle origini, alle sue origini, e lo abbia fatto in una maniera autentica, sincera e intrigante. Belfast è un film sottile ma anche diretto, rappresenta un po’ come un invito a pranzo da parte dei nuovi vicini di casa, o da parte di persone estranee fino a pochissimo tempo prima, ma vogliose di condividere i loro spazi, ricordi e pezzi di vita, mostrando un po’ tutto di sé stessi.
Gli occhi ingenui di Buddy e la guerra per le strade di Belfast
Belfast è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2021, e rappresenta uno tra i lungometraggi più raffinati e significativi di tutta la manifestazione. La storia che viene raccontata da Kenneth Branagh mette al centro dell’attenzione un piccolo protagonista: Buddy ha nove anni e si ritrova a vivere alla fine degli anni Sessanta i conflitti tra i cattolici repubblicani e i protestanti unionisti. Ma tutto questo viene filtrato dai suoi occhi innocenti, e che aspirano solo alle piccole gioie di ogni giorno, e di un futuro che nella sua mente dev’essere radioso.
Così come molti registi fanno ad un certo punto della propria carriera, Kenneth Branagh con Belfast ha voluto raccontare qualcosa della sua infanzia. Troviamo lo scenario irlandese politico, culturale e sociale degli anni Sessanta, ma anche tanto altro, come la passione per il cinema, per i telefilm ed i fumetti. C’è tanto del regista e interprete in questo lungometraggio, ma c’è anche di più. Il piccolo Buddy vede il mondo dal suo punto di vista di ragazzino di appena nove anni, e perciò Belfast cerca di mostrare un mondo filtrato attraverso gli occhi del protagonista, ma anche molto chiaro agli occhi di un adulto.
Ed è proprio quest’atmosfera sospesa tra piccoli sogni e realtà che colpisce.
Il giovane interprete di Buddy riesce sia fisicamente che con la sua interpretazione a farci tornare bambini, ed a farci comprendere in maniera molto semplice come dal punto di vista di un giovanissimo certi conflitti e situazioni che acquisiscono un certo peso da parte degli adulti, potrebbero, invece, avere tutto un altro peso. E Belfast riesce a raggiungere quest’obiettivo in maniera non banale ed intrigante.
Così come dicevamo all’inizio della recensione di Belfast, vivere l’esperienza di questo film è un po’ come ricevere un invito a condividere delle memorie intime da trattare con delicatezza, a volte un po’ di disincanto, ma anche con tanta onestà. Branagh cerca di farci vivere tutto della Belfast degli anni Sessanta, anche la semplice sensazione della pioggia che batte sulle tettoie raffazzonate dei quartieri più umili. Ed in tutto questo s’inseriscono degli elementi tecnici, come la profondità di campo, che viene utilizzata in particolare in alcune scene, e che vuole far entrare lo spettatore fin dentro anche i più piccoli luoghi ed oggetti al centro della scena.
Tutto il bello della nostalgia
Belfast è un film nostalgico ma anche molto lucido nel mostrare i tumulti di una città che stava per cambiare in maniera irreversibile, e di gente umile che cercava un’altra prospettiva di vita, con un po’ di serenità economica e tranquillità sociale da raggiungere. Ed in tutto questo ci sono i piccoli-grandi obiettivi di Buddy, che vuole restare a Belfast e non emigrare, per stare vicino alla ragazzina di cui è innamorato, e per concludere il compito assegnato sul viaggio sulla Luna. Sì, perché emigrare dall’Irlanda per Buddy è un po’ come andare sulla Luna. Il mondo appare così grande e così piccolo agli occhi di un bambino da riuscire a ingigantire le piccole cose, ed a rimpicciolire un conflitto nazionale.
Belfast è un film che merita la visione proprio per questo suo modo di riuscire a presentare in maniera lucida e chiare dei punti di vista differenti: quello degli adulti coscienti dei pericoli che si stanno vivendo in Irlanda negli anni Sessanta, e quello di un bambino che coi suoi pochi anni di vita mira alle concretezze di ciò che ha di fronte, e che non riesce ad andare più in là, perché tutto ciò che va oltre Belfast è un po’ come muoversi verso la Luna.
Kenneth Branagh rende ancora più efficace questo lungometraggio con un bianco e nero che dà la dimensione dell’epoca che ci viene raccontata, ma, allo stesso tempo, Belfast gode di una fotografia eccellente, che riesce a sfruttare tutta la qualità tecnica della contemporaneità, per offrire al pubblico uno sguardo intimo e sincero di un’epoca che fu, e che non ritornerà, se non attraverso lo schermo.
Ed in questo senso sono più che efficaci le canzoni di Van Morrison che accompagnano il lungometraggio, per offrire un cenno di ulteriore malinconia, ma anche prospettiva di speranza per un’epoca che aveva bisogno di sognare e vivere una realtà alternativa.
Chiudiamo questa recensione di Belfast consigliando la visione dell’ultimo lungometraggio di Kenneth Branagh, un film capace di far sognare e vivere l’intimità di una famiglia irlandese degli anni Sessanta, immedesimandosi nello sguardo ingenuo ma profondo di un bambino di nove anni. Perché proprio quando la realtà si fa dura è importante tenere gli occhi bene aperti per spingere lo sguardo verso un mondo migliore, senza dimenticare che quello che si sta lasciando, alla fine, non se ne andrà mai.
Belfast uscirà nelle sale cinematografiche l’11 novembre
Belfast è un film nostalgico, ma proprio per questo motivo anche puro e leggero. Si tratta di un affresco della Belfast degli anni Sessanta che colpisce sia gli occhi che il cuore.
- Una qualità di regia di alto livello per un film visivamente godibilissimo.
- Una storia che sa essere leggera, sincera, ed anche cruda a tratti.
- Il ritmo del lungometraggio non è adatto per tutti i gusti.