Cominciamo la recensione dell’episodio finale di Loki col dire subito che questa non è una conclusione, ma l’inizio di una nuova grande avventura. Lo abbiamo letteralmente annusato per mesi e ora il Multiverso è veramente a un soffio. Non è un caso, visto che Michael Waldron, creatore della serie Marvel disponibile su Disney Plus, è anche lo sceneggiatore di Doctor Strange in the Multiverse of Madness.
Kevin Feige lo aveva detto: Loki sarebbe stato la chiave di volta, la pietra filosofale della Fase Four del Marvel Cinematic Universe. È bello scoprire che è davvero così: già dai titoli di testa di questo sesto episodio si percepisce qualcosa di diverso. Al posto della classica musica epica che accompagna il logo della Marvel c’è un coro di voci: quelle dei protagonisti della saga, da Thor a Visione passando per Captain Marvel, ma anche quelle di personaggi storici, come Nelson Mandela, Neil Armstrong e Greta Thunberg. Se ascoltate con attenzione c’è anche un mash-up di musica, con Il lago dei cigni di Tchaikovsky e Per Elisa di Beethoven.
Tutto proviene da quella linea bianca che abbiamo intravisto alla fine del quinto episodio: la sacra linea temporale.
Avevamo lasciato Loki (Tom Hiddleston) e Sylvie (Sophia Di Martino) proprio davanti all’ingresso di un castello posto al centro di quella linea circolare. Li ritroviamo lì, a un passo dalla soglia. Loki è pronto ad aprirla, Sylvie invece ha bisogno di un momento: aspetta di uccidere chi le ha sconvolto l’esistenza da tutta la vita. È il padrone del castello a decidere per loro: non c’è più tempo (o forse ce ne sono troppi?). È ora di concludere la storia.
“Benvenuti nella cittadella alla fine del tempo”
Da qui in poi è difficilissimo scrivere la recensione dell’episodio finale di Loki senza fare spoiler. Ci proviamo, perché è giusto che chi leggerà per caso queste righe senza aver visto prima la puntata non si rovini l’esperienza. Intanto state tranquilli: il proprietario del castello fa la sua comparsa. Chi temeva un finale mozzato per via delle voci quasi certe (e confermate proprio qui, in chiusura) di una seconda stagione può tirare un sospiro di sollievo: praticamente tutti i cerchi vengono chiusi. Per aprirne altri, potenzialmente infiniti.
Il “mago di Oz”, “l’uomo dietro la tenda” si presenta ufficialmente.
Anche se ha un nome diverso, che rimanda effettivamente a un altro personaggio dei fumetti, non fatevi ingannare: il casting (non ve lo diciamo chi è, se volete saperlo leggete qui a vostro rischio e pericolo) è inequivocabile. E non si può non gioire. Citando il sommo Ian Malcom di Jurassic Park (che è anche un caosologo, proprio la persona ideale per comprendere questa nuova fase così coraggiosa e matura del MCU), viene priori da dire: “L’hai fatto. Brutto figlio di…!”
Loki è la serie del cambiamento. E non poteva essere altrimenti: chi meglio del dio dai mille volti, chi se non un agente del caos poteva chiudere con il passato del Marvel Cinematic Universe e scaraventarlo nel futuro (che potrebbe anche essere il passato, o il presente)? L’intuizione veramente lodevole di Michael Waldron è quella di ragionare sulle storie, sul classico viaggio dell’eroe (e dell’eroina), mentre la serie si svela di fronte a noi. Si parla di “superamento della soglia”, di esperienze che vanno fatte per arrivare lì. Il padrone del castello dice: “Non puoi arrivare alla fine senza che il viaggio ti abbia cambiato: queste cose devono succedere per metterci nella giusta condizione mentale di finire la missione”. Waldron sta parlando contemporaneamente a se stesso, ai suoi personaggi e anche al pubblico. Sì, ce l’ha proprio con chi si lamentava del terzo episodio troppo concentrato sul rapporto tra Loki e Sylvie: tutto ciò che è accaduto nella serie serviva per arrivare a questo momento. Anche lasciare un alone con il bicchiere su un tavolo di legno. E forse non soltanto quello che abbiamo visto in questi sei episodi.
Caos o ordine
In Loki i protagonisti sono messi di fronte a una scelta, che è più una scommessa: meglio un ordine soffocante o un caos catastrofico? Gli esseri umani se lo chiedono da sempre. Kronos nella mitologia greca, Saturno in quella romana e Sailor Saturn nei manga incarnano esattamente questo: portano sia distruzione che rinascita. La scienza ci dimostra che dove l’entropia finisce non c’è più vita. Lo stesso vale per una storia: se non ci sono conflitti, se non c’è cambiamento una saga è destinata a morire, ripetersi, diventare noiosa.
Grazie a Loki tutto questo non succederà: ci aspettano davvero grandi cose, grandi cambiamenti. Se in bene o in male lo scopriremo continuando a seguire questo franchise che ormai sembra avere una vita a sé, qualcosa di inedito nella storia del cinema. Un animale che continua a crescere, espandersi, a introdurre nuovi personaggi e farci innamorare sempre di più di quelli che pensavano ormai di conoscere. A molti piace e piacerà, ad altri meno, altri ancora magari scopriranno questo universo molto più in là (e quando sarà dura recuperare!). È normale: ce lo hanno insegnato le varianti di Loki, tutte diverse, spesso in disaccordo tra loro, anche se in teoria sono la stessa persona.
Comunque vada una cosa è sicura: ci vediamo presto.
Loki è disponibile su Disney Plus.
Come scritto nella recensione dell’episodio finale di Loki, la serie creata da Michael Waldron è la chiave di volta per l’evoluzione del Marvel Cinematic Universe. Non poteva che essere il dio dai mille volti, un vero agente del caos come Loki a portare il franchise in una fase completamente nuova. In sei episodi Tom Hiddleston e gli altri ci hanno accompagnato per mano in quello che sarà un MCU molto più grande e ambizioso. Sei episodi con ottimi dialoghi e interpreti brillanti, impreziositi dalla fotografia di Autumn Durald Arkapaw e dal design di Kasra Farahani.
- Il padrone del castello.
- La fotografia di Autumn Durald Arkapaw.
- Le interpretazioni di tutto il cast.
- Se è apprezzabile il coraggio di introdurre un nuovo personaggio all'ultimo episodio, così facendo è quasi tutto parlato.