Ci sono studi che non ci si sarebbe mai aspettati di leggere. Magari hanno una loro logica, ma se ne realizza il senso solamente a posteriori, quando i ricercatori hanno già presentato i loro risultati. Un team sino-statunitense ha partorito proprio una di queste indagini, sviluppando test atti a stabilire come le fattezze di un robot possano acuire la frustrazione umana quando le macchine si inceppano.

Lo studio, portato avanti in chiave hospitality, serve a comprendere come mai i clienti delle strutture alberghiere possano sopportare con una certa elasticità un robot spazzino che si incastra sotto il letto, ma impazziscono immediatamente quanto a impappinarsi sono dei concierge antropomorfi.

Ne è venuto fuori che le fattezze umane fomentano negli ospiti maggiori aspettative. I clienti, vedendosi davanti a strumentazioni così raffinate, finiscono infatti con l’essere più esigenti, convincendosi inconsapevolmente che prima di pensare all’estetica i tecnici abbiano perfezionato il lato ingegneristico. Non solo, la mancanza di calore umana sottolineata da un errore di sistema risulta più frustrante quando ad andare in difetto è una macchina dal volto umano.

I robot dalle fattezze antropomorfe partono quindi particolarmente svantaggiati, tuttavia sono perfetti per una funzione specifica: chiedere scusa. Le persone sono più propense a perdonare uno strumento dotato di espressività umana, piuttosto che un cassonetto automatizzato, quindi gli androidi si dimostrano perlomeno maestri in quella che i ricercatori definiscono come “tattica di recupero”.

La soluzione proposta dall’indagine per mitigare pregi e difetti di simili strumenti? Affiancargli un addetto in carne e ossa che si occupi di risolvere ogni criticità.

 

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