Sono passati quasi due anni da quando l’Amministrazione Trump ha inserito Huawei all’interno della Entity List, una lista nera che di fatto neutralizza le possibilità di alcune aziende straniere di fari affari – di qualsiasi tipo – negli USA.
Il bollettino di guerra, scrive il Washington Post, è atroce per il colosso cinese. Le sanzioni hanno colpito Huawei dritto al cuore, provocando un crollo verticale dei suoi ricavi. Non soltanto gli Stati Uniti d’America hanno precluso all’azienda cinese la possibilità di acquistare componenti prodotti da aziende americane – a partire dai SoC di Qualcomm -, ma hanno anche neutralizzato ogni possibilità di usare i servizi di Google. Sarebbe proprio questo uno dei principali fattori dietro al crollo delle vendite degli smartphone Huawei fuori dalla Cina.
Ma all’entity list gli USA hanno anche affiancato una dura campagna di lobby per persuadere i governi alleati – Italia inclusa – a non acquistare componenti e tecnologie di Huawei per le reti 5G di nuova generazione. «Molte telco hanno iniziato a cercare dei sostituti dei componenti di Huawei, scegliendo di affidarsi ad aziende con una reputazione intatta, come Nokia, Ericsson e Samsung», ha commentato Rob Strayer, VP dell’Information Technology Industry Council.
Huawei continua ad andare bene in Cina, dove i ricavi sono cresciuti del 15% nel corso del 2020, mentre lo stesso dato è crollato – con un calo a doppia cifra – in altri mercati chiavi, a partire da Europa e Nord America.
«Le sanzioni hanno avuto un impatto enorme su Huawei, specie per i prodotti destinati ai consumatori», ha spiegato al Wp, sotto condizione di anonimato, un dirigente dell’azienda cinese.
Il colosso cinese sperava che l’amministrazione Biden potesse optare per una distensione dei rapporti tra Huawei e gli USA, ma così non è stato. Gina Raimondo, segretario con delega al commercio, ha reso fin da subito chiaro che gli Stati Uniti non avrebbero fatto passi indietro: