Facebook continua a giurare da mesi che sia pronta a combattere con forza le varie e numerose tossicità presenti sul portale, tuttavia ancora oggi si possono contare centinaia di pagine create da suprematisti bianchi, molte delle quali autogenerate grazie a un difetto dell’algoritmo.

L’organizzazione no-profit Tech Transparency Project (TTP) ha pubblicato appena ieri un report in cui segnala come i suoi ricercatori abbiano trovato 201 pagine e 13 gruppi paramilitari ancora attivi sul social, il tutto nonostante circa il 70 per cento di queste contenga la parola “milizia” direttamente nel nome.

A quanto pare, gran parte delle pagine in questione sono state create per vie traverse. Alcuni utenti avrebbero indicato come luogo di lavoro nominativi quali “NaturalBorn Militia” o “wake up the other lions”, ingannando il sistema per spingerlo a fondare pagine che altrimenti avrebbero catturato l’attenzione dei sistemi di moderazione.

“Ingannare” non è forse il termine giusto, però. La strategia sfruttata dai suprematisti non è in alcun modo dissimile da quella che nel 2019 era stata adoperata dai simpatizzanti di Daesh, meglio nota come ISIS, per creare pagine Facebook che inneggiavano all’odio.

Un difetto ben noto, quindi, a cui l’azienda non ha ancora posto rimedio. Non solo, l’algoritmo che regge le dinamiche del social, riscontrando interessi affini, crea immancabilmente un ponte di contatto tra le varie pagine, di fatto contribuendo a formare una rete di contatti che promuove una narrazione estremista e xenofoba.

Dal canto suo, TTP ha colto un momento chiave per pubblicare i risultati della sua indagine: proprio oggi Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, è convocato dal Congresso statunitense per rilasciare una testimonianza a proposito di quale sia la condizione dell’estremismo sulla Rete.

 

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