I vaccini distribuiti dall’UE non soddisfano le aspettative di molti Paesi membri e l’Austria inizia a pensare a un piano B.

A sostenerlo è lo stesso Cancelliere Sebastian Kurz, il quale, nonostante il messaggio duro, ci tiene a non sollevare polemiche. Il politico ha infatti riconosciuto all’Unione Europea di aver proceduto con una strategia corretta che, tuttavia, è stata fiaccata dai rallentamenti delle aziende farmaceutiche e da processi di approvazione dei medicamenti che sono stati accusati di inefficienza.

L’idea è ora quella di entrare in un’ottica lungimirante e di unire le forze con Danimarca e Israele per creare una filiera vaccinale che possa supportare le necessità delle prossime stagionalità del coronavirus.

Secondo ai calcoli degli esperti viennesi, infatti, nei prossimi anni il Paese dovrà avere a disposizione vaccini sufficienti a immunizzare 6 milioni di abitanti annualmente, se vuole fronteggiare con efficienza le varianti del Covid-19.

Bruxelles, al centro di critiche proprio per come ha gestito la distribuzione dei vaccini, ha risposto con parole estremamente misurate, suggerendo che la cosa non sia assolutamente vietata e che, anzi, “diversi approcci” non possano che dimostrarsi utili.

C’è inoltre da aspettarsi che Israele sia particolarmente motivata a impegnarsi in prima persona nella fabbricazione dei medicinali: il suo piano di vaccinazione è stato – escludendo dai calcoli la Cisgiordania – intensivo e la sua gestione ha richiesto ingenti risorse finanziarie, ma anche una certa mole di sacrificio umano.

Per i problemi immediati, invece, l’Austria sembra pronta a unirsi a Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e San Marino nella lista di coloro che, per uscire prima dall’emergenza, vogliono affidarsi ai vaccini russi Sputnik V, non ancora autorizzati dai laboratori europei.

 

 

 

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