Con la diffusione su larga scala del vaccino Pfizer diventa necessario introdurre il discorso sulle forti reazioni che scatena.

I tempi burocratici per mettere in circolazione i vaccini contro il Covid-19 sono stati ridotti all’osso al punto che alcuni Paesi hanno addirittura limitato i controlli pur di garantirne una distribuzione immediata. Un tale approccio fa sì che il grande pubblico non abbia avuto tempo e modo di metabolizzare tutta una serie di informazioni che, pur ricollegandosi a questo genere di vaccinazioni, vengono fraintese come emergenziali segnali d’allarme.

Nello specifico, a spaventare é stato il fatto che, a seguito dell’iniezione, la metà dei vaccinati abbia subito forte ripercussioni al proprio stato di salute. Non si tratta, tuttavia, di reazioni allergiche, bensì della normali prassi in cui incappano inesorabilmente questo genere di prodotti medici.

Il Pfizer è molto reattogenico, cioè induce reazioni più forti dei vaccini soliti: la metà delle persone, in particolare giovani, prova mal di testa, febbre e brividi, che però si risolvono in 24 ore. […]

[…] è importante raccontare questi dettagli per preparare la popolazione ed evitare paure inutili,

ha dichiarato a La Stampa Guido Forni, professore ordinario di immunologia presso l’Università di Torino, facendo anche notare come non sia quindi il caso fissare impegni importanti nelle ore immediatamente successive alla vaccinazione.

Forni sottolinea come il comparare le reazioni generate al vaccino Pfizer con gli “iperstudiati” omologhi antinfluenzali possa portare a generare panico immotivato, cosa che a sua volta fomenterebbe le tendenze no-vax.

Inutile negare che la percentuale di persone che si é sentita male a seguito dell’iniezione sia considerevole, tuttavia le vere e proprie reazioni allergiche sono state poche e contenute e un solo, unico, caso é stato tanto drammatico da divenire caso di cronaca.

 

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