Tra i favoritissimi degli Oscars 2016 troviamo senza ombra di dubbio Il Caso Spotlight, uno dei film più discussi e attesi di quest’anno, in uscita in Italia il 18 Febbraio.
Presentato all’ultima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Il Caso Spotlight è un film di denuncia dove il taglio giornalistico in vecchio stile prevarica su tutto, ricostruendo fedelmente i passaggi che hanno portato il team Spotlight, gruppo d’indagine del Boston Globe, a scrivere la storia dell’anno, facendo luce sulla terribile situazione di abusi minorili compiuti per mano dei preti e coperti dai piani alti della Chiesta Cattolica.
L’inchiesta, oltre a far rabbrividire e indignare, facendo breccia nell’animo di tutti, vinse nel 2003 il Premio Pulitzer.
Accompagnato oggi, per la conferenza stampa di Roma, dal vero giornalista caporedattore del team Spotlight, Walter ‘Robbie” Robinson, c’è Michael Keaton, protagonista della pellicola di Tom McCarthy assieme a Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery e Stanley Tucci.
Keaton, subito a suo agio nell’ambiente e con un pizzico di commozione nella voce, esordisce immediatamente affermando che per lui quel ruolo ha significato moltissimo, sottolineando l’importanza di quello tipo di storia e della sua valenza mediatica.
Il tema del giornalismo assieme ai casi di abuso da parte di sacerdoti sui minori, in particolare nella diocesi a arcidiocesi di Boston sono stati un motivo di interesse che mi hanno spinto ad accettare la parte (…) Sono stato fortunato a ricevere una sceneggiatura fantastica come questa. Ciò che mi auguro è che questo film cambi le esistenze delle persone.
In particolar modo tra i giornalisti ci si chiede quale sarà l’impatto di questa pellicola soprattutto in questo periodo dove l’Italia è protagonista del Giubileo per la Pace indetto da Papa Francesco I, ma su questa risposta sia Keaton che Robinson, affermando di essere molto speranzoso nel pontificato di questo Papa, sono piuttosto fiduciosi. In particolar modo Michael Keaton, cresciuto in una famiglia di stampo ed educazione totalmente cattolica, afferma:
Io sono convinto che il film avrà un impatto in Italia come in tutti gli altri Paesi. Sto viaggiando molto per la promozione di questo film e incontro moltissime persone illuminate dalla storia. In uno di questi incontri, un uomo mi si è avvicinato.
Mi ha ringraziato emozionato e poi mi ha detto ciò che non era mai stato in grado di dire in tanti anni di esistenza: era un sopravvissuto; un bambino molestato da un sacerdote. Credo che il film non punti il dito contro la religione in generale.
È un film che va al di là di questo. Questa non è una situazione che riguarda soltanto Boston, ma tanti altri Paesi nel mondo, e ha suscitato un interesse soprattutto nei fedeli.
È un film che ben oltre la sua tematica, sfociando in tutti quelle che sono ingiustizie. L’abuso di potere di chi ha il potere e lo esercita in modo illecito nei confronti di chi non ce l’ha. Per quanto mi riguarda io sono soltanto un attore e ho solo fatto il mio lavoro. Sono i giornalisti i veri eroi, perché è eroico portare alla luce del sole storie come questa.
Michael Keaton continua, esprimendosi sul tipo di lavoro fatto sul proprio personaggio, soprattutto per la curiosità e la passione personale che lo ha spinto ancora di più ad affrontare il mondo del giornalismo.
Ho trascorso molto tempo con Robbie a parlare di tantissime cose, non soltanto dell’inchiesta ma anche di altri casi che ha seguito nella sua carriera e della vita in generale.
Ho assorbito letteralmente tutto quello che lui mi raccontava, Sono un appassionato di giornalismo, gli ho fatto io moltissime domande personali per cogliere l’essenza della persona oltre che del giornalista.
Eppure Keaton non è l’unico a sentirsi onorato per il ruolo che ha rivestito. Walter Robinson stesso è molto compiaciuto e soddisfatto dell’interpretazione, confessando di essere un fan di Keaton da molto tempo e che di certo non poteva andargli meglio di così.
Sono io ad essere onorato non solo per l’interesse e l’attenzione che il pubblico sta mostrando nei miei confronti e nel film, ma soprattutto per essere stato interpretato da uno che considero essere tra gli attori migliori del mondo.
Quando ho scoperto che sarebbe stato lui, sono andato letteralmente in estati. Nel 1984 io ero un capo redattore di cronaca locale e lui, in quel periodo, interpretava un capo redattore di cronaca locale nel film Cronisti d’assalto di Ron Howard.
Ho trovato la sua interpretazione perfetta, soprattutto per l’accuratezza di approccio nel mestiere, quindi non potevo decisamente sperare di meglio.
Ed è incredibile la precisione con la quale si è impegnato nel rendere l’interpretazione precisa e dettagliata, anche con il lavoro che ha fatto con me, seguendomi dalla gestualità alle parole. Riconosco che questo è merito non solo di Keaton ma anche di tutti gli altri attori che hanno incarnato i miei colleghi.
Il Caso Spotlight si collega direttamente a quel filone di film, come il prossimo Truth con Cate Blanchett, dove il giornalismo d’inchiesta influenza moltissimo la pellicole, e la tematica dell’inchiesta esce prepotentemente, rendendo ancora più incisiva la causa per quale si batte.
Eppure sembra che l’inchiesta sia qualcosa di ormai spento, quasi morto, soprattutto in un Paese come l’Italia. Walter Robinson “rassicura” immediatamente, affermando tristemente che anche negli Stati Uniti il giornalismo d’inchiesta è ormai un malato terminale.
L’avvento del Web ha privato dei fondi necessari nei giornali per fare il giornalismo d’inchiesta, e i direttori sono dei folli nel privilegiare il web andando contro i lettori che, invece, comprano i giornali proprio per le inchieste.
È necessario che ci sia qualcuno a spingere tutte le istituzioni, come la Chiesa, a prendersi le proprie responsabilità. E se non siamo noi giornalisti a farlo, chi lo può fare? Se noi non continuiamo a fare giornalismo d’inchiesta, vuol dire che la democrazia muore.
A questo discorso si accosta anche Keaton, grande amante della professione del giornalista, ad oggi deluso da come questo mestiere stia sempre più venendo messo in sordina.
Oggi mi sento frustrato soprattutto per quello che vedo in tv perché anche i programmi di approfondimenti sono abbastanza orribili e credo sia una situazione che esiste non solo in USA ma anche in Italia.
Si conclude sempre continuando sulla scia degli abusi e delle discriminazione, toccando un tasto che non riguarda la pellicola ma che invece, in questi giorni, ha messo su tutti i riflettori l’Academy e le accuse che le sono state rivolte di razzismo. Ma Keaton sembra essere deciso a mantenere una linea molto neutrale, senza schierarsi a favore di nessuna fazione.
non sono bravo con le dichiarazioni di poche frasi soprattutto come un soggetto come questo così vasto perché riguarda le mille discriminazioni nel mondo.
Non conosco bene i meccanismi all’interno dell’Academy, probabilmente c’è qualcosa che va rivisto, ma quello che preoccupa maggiormente me è proprio il tema della disuguaglianza che sta alle spalle di tutti i Paesi del mondo.