C’era una volta un simpatico cortometraggio (ma proprio corto) dal titolo Pixels, realizzato da una squadra di giovani talenti francesi guidata dal regista Patrick Jean. Gente come noi, nerd come noi, cresciuta come molti di noi con i classici videogame pixellosi e semplici degli anni ’80.
Di tre di quei capolavori senza tempo, che hanno fatto la storia videoludica, te ne ho parlato qui. Il retrogaming sta per ricevere un trattamento delle grandi occasioni grazie all’uscita del blockbuster estivo hollywoodiano Pixels.
Vada come vada, i vecchio giochi dalla grafica rudimentale avranno gli occhi delle platee mondiali puntati addosso grazie al traino che un film dal grosso budget porta con sé.
Sembra pazzesco pensare che cinque anni fa la Sony opzionò quasi immediatamente l’idea di Jean per realizzare il film che tra poco sarà anche nelle nostre sale. Una major che pensa di fare un film in cui i videogame attaccano la terra? Difficile prendere sul serio l’idea all’epoca.
Va considerato però che era appena uscito District 9 (agosto 2009) e la Sony stessa – che aveva prodotto la pellicola – a fronte del successo dell’opera di Neill Blomkamp, si mise a caccia di talenti sul web selezionando diversi cortometraggi. Alcuni hanno avuto fortuna, come Pixels, altri un po’ meno, rimanendo eterne promesse, come Panic Attack di Fede Alvarez, futuro regista del remake di Evil Dead.
Pubblicato su Youtube nell’aprile del 2010, il piccolo gioiellino animato di due minuti e mezzo di Patrick Jean è diventato subito un fenomeno virale. La nostalgia è una brutta bestia, si sa, e quando si gioca con le emozioni, mettendo in scena una New York distrutta a suon di trasformazioni di materia in pixel da parte di Pac-Man, Donkey Kong, Arkanoid e Frogger… beh, l’effetto è assicurato per diverse generazioni.
Cinque anni dopo, siamo in attesa di vedere come quel geniale minifilm – nell’ideazione e nello svolgimento – è stato tradotto in un maxifilm. Questo è quello che devi sapere…
Il regista è un grande veterano del cinema fantastico e uno con un curriculum che non può che far ben sperare: Chris Columbus. Se non lo sai, lui è l’uomo che ha scritto negli anni ’80 i Gremlins, i Goonies e Piramide di Paura (il cui titolo originale è non a caso Young Sherlock Holmes e rimane uno dei miei film d’infanzia preferiti).
Negli anni ’90 è stato il regista del tormentone Mamma ho perso l’aereo e Mrs. Doubtfire, per poi calare un po’ e – salvo L’Uomo Bicentenario – riprendersi nei primi 2000 con la doppietta dei primi Harry Potter.
Columbus è un po’ un eterno ragazzino, uno della cricca di Spielberg che ha assaggiato il successo planetario e poi cocenti insuccessi, è stato apprezzato e poi vituperato, ma non ha mai perso la voglia di darsi da fare. Certo, perdonargli Percy Jackson non sarà facile, ma ci proverò. E tu?
Columbus assicura di aver letto raramente qualcosa di più eccitante della sceneggiatura scritta da Tim Herlihy (la penna dietro molti film di Adam Sandler) e Timothy Dowling (attore che ha scritto, tra le altre cose, il corto George Lucas in Love). Sarà vero o sarà un lancio promozionale? Chissà. Certo è che per scrivere un film come Pixels bisogna essere molto appassionati alla materia nerd, quindi diamo fiducia ai due screenplayers.
E arriviamo quindi ad Adam Sandler: l’attore più amato-odiato del recente panorama delle comedy, difficilmente amato fuori dall’America eppure capace, quando vuole, di interpretazioni memorabili (e non solo in film d’autore come Punch-Drunk Love di P. T. Anderson).
La presenza di Adam Sandler rende Pixels “un film di Adam Sandler” secondo la consuetudine che vuole il grande pubblico identificare una pellicola con il suo nome più famoso, sia regista o attore.
Ora, non potrei immaginare niente di più diverso tra Pixels e Un Weekend da Bamboccioni, o almeno così voglio sperare. Sandler può essere un’arma a doppio taglio ma di sicuro potrà attrarre un bel po’ di pubblico americano: se lo script non è stato stravolto in fase di realizzazione, probabilmente può essere anche l’attore giusto, considerati i suoi personaggi sempre sopra le righe.
Riassumiamo la trama: come recita la premessa del trailer, nel 1982 la NASA invia nello spazio una cosiddetta “capsula del tempo”, con all’interno svariate testimonianze e oggetti della cultura terrestre: documenti, immagini, filmati. La speranza è quella di entrare in contatto con altre forme di vita intelligenti e stabilire un contatto, far capire come siamo fatti… Peccato che i simpatici extraterrestri che captano il messaggio facciano un po’ di casino, scambiando Pac-Man per un simbolo di guerra (la Terra che mangia gli altri pianeti?) e gli altri arcade, non certo pacifisti, per parole del tipo “vi facciamo un culo così”.
Di fronte a queste poco gentili dichiarazioni, gli alieni decidono di renderci pan per focaccia e attaccare la Terra sotto forma di quegli stessi videogiochi che noi tanto carinamente avevamo inviato nello spazio per far vedere quanto siamo bravi a programmare (?): ecco dunque Pac-Man, gli squadroni della morte di Space Invaders, Donkey Kong e suoi barili, Centipede e tanti altri amati classici di una generazione diventare dei devastatori di mondi.
Adesso, che ci crediate o meno, arriva la parte più fantascientifica: il presidente degli Stati Uniti d’America – con il faccione di Kevin James – è un (ex) nerd che decide, per fronteggiare il marasma, di chiamare il piccolo grande mago dei videogames che conosceva quando era gagnetto e combattere.
Ecco quindi il reclutamento Sam Brenner (Sandler), ex campione di videogiochi arcade, e l’arrivo un gruppo piuttosto mal assortito di retrogamer, tra cui il tamarrissimo, mullet-munito e arrogante Eddie Plant (Peter “Tyrion” Dinklage).
Rileggere quanto scritto sopra: Peter Dinklage, cattivo e tamarro, con il mullet inguardabile, che uccide videogames. Non suona male, eh? Finalmente qualcuno ha capito che deve fare un po’ di fanservice per attirare gli scettici in sala, soprattutto quelli allergici alle “commedie con Adam Sandler” (scusate se mi ripeto, ma in giro leggo commenti preventivi alquanto preoccupati in merito).
C’è una cosa da sottolineare, comunque, riguardo a Pixels: la storia che racconta il film l’abbiamo già vista in un episodio di Futurama. Esattamente come Adam Sandler viene chiamato a difendere New York dall’invasione aliena, così Fry è stato reclutato dai militari esattamente per lo stesso motivo in una puntata del 2002, inserita nella terza stagione.
Dunque possiamo dedurre che anche Patrick Jean possa averla vista prima del suo corto… sebbene alla fine le due opere siano molto diverse e il punto in comune siano i vecchi arcade calati in un contesto di guerra totale.
Qualcuno si è comunque preso la briga di ricreare passo-passo il trailer di Pixels con le immagini del cartoon, ecco qua:
Il reparto #turbofiga è coperto, e molto bene: se non ti basta la sempre bella e brava Michelle Monaghan, che passa dall’intensità di True Detective alla combattiva “Arcader” Vanessa Van Patten, non posso che tirare in ballo colei che interpreta nientemeno che la versione vivente di un’eroina di pixel, ovvero la splendida Ashley Benson (Pretty Little Liars e Spring Breakers), nei panni succinti e colorati della letale Lady Lisa, protagonista del (fittizio) videogame Dojo Quest. Che però è stato realizzato appositamente per l’uscita del film e ti puoi scaricare e giocare sullo smartphone…
Ora, qualunque sia il risultato di questa strana commistione tra cultura nerd old-school, commedia americana e film sci-fi tutto azione ed effetti speciali, possiamo dire che abbiamo toccato il vertice dell’impensabile. L’avreste detto fino a pochi anni fa che i vecchi giochini pixellosi avrebbero potuto far parte della trama di un film ad alto budget, diretto alle platee mondiali?
E adesso, quale sarà il prossimo passo?
Magari non lo sappiamo, e mentre scrivo stanno girando Assassin’s Creed con Fassbender magari sotto forma di una commedia romantica con salti nel tempo…
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- Pixels: sito ufficiale (pixels.multiplayer.it)
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