Uno dei topoi della fantascienza è la connessione tramite interfacce neurali tra cervello e macchina e una sua variante vede due o più cervelli collegati mediante macchina. Le interfacce neurali esistono e oggi possiamo anche utilizzarle per collegare due cervelli.

Una interfaccia neurale è una comunicazione diretta tra il cervello ed una apparecchiatura esterna.

La scoperta dell’attività elettrica del cervello, unita alla possibilità di misurarla, registrarla ed anche guidarla tramite apparecchiature esterne, ha spinto molti ricercatori a cimentarsi nel dare una risposta alla domanda formulata da J. Vidal in una delle prime review sull’argomento:

Can these observable electrical brain signals be put to work as carriers of information in man-computer communication or for the purpose of controlling such external apparatus as prosthetic devices or spaceship?

È quindi dalla fine degli anni ’60 che questo genere di ricerca (pesantemente sovvenzionata dalla DARPA, manco a dirlo), mira a collegare cervello e macchina, portando alla creazione di interfacce  cervello-computer (brain–computer interface, BCI) o computer-cervello (machine-brain interface, MBI), a seconda della direzione seguita dall’informazione.

Nel primo caso l’attività elettrica del cervello viene registrata e convertita in un qualchecosa d’altro, mentre nel secondo una condizione esterna viene convertita in segnale elettrico processabile dai neuroni.

Perlopiù si tratta di ricerche di cosiddetta “neurosprostetica”, ovvero su protesi neurali per sostituire una modalità motoria o sensoriale persa in seguito ad un incidente o ad una patologia

neuroprostetica.

si va dai semplici impianti cocleari a congegni più sofisticati che permettono di ricevere informazioni visive a pazienti ipovedenti, sino a pazienti tetraplegici capaci di guidare un arto meccanico nutrirsi  (niente esoscheletri o robottoni giganti al momento).

Tutte cose meravigliose, anche se la prima applicazione che mi abbia veramente emozionato è questa:

 

 

Queste interfacce sono sempre state utilizzate separatamente, sino a che nel 2011 le equipe di Bleuler (Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne, Losanna, Svizzera) e Nicolelis (ELS-IINN, Natal, Brasile) non ebbero l’elegante idea di usare BCI ed MBI assieme nello stesso cervello (brain–machine–brain interface, BMBI), facendo sì che una scimmia potesse muovere con precisione un braccio virtuale “pensando” di muoverlo, e riceverne un feedback tramite stimolazioni alla corteccia somatosensoriale (quella che riceve le informazioni tattili o propriocettive in generale).

Insomma, una versione dell’OASIS di Halliday con pratici elettrodi al posto di fastidiosi ed ingombranti guanti e tuta.

Ma cosa se BMI ed MBI comunicassero tra loro pur essendo collocati in due organismi differenti?

 

 

BTBI tra due ratti..

Nel 2013 i ricercatori guidati da Wang (Duke University, Durham, USA) e Nicolelis, hanno cambiato l’approccio classico a BCI ed MBI, realizzando una interfaccia cervello-cervello (Brain-to-Brain Interface, BTBI), cioè una interfaccia tra cervelli distinti.

L’idea è quella di far eseguire un compito ad un soggetto seguendo le istruzioni che giungono in tempo reale da un altro, usando le interfacce neurali come mezzo: la BCI viene impiantata nella corteccia motoria di un ratto, l’MBI in quella di un altro, ed un computer fa da ponte.

Tramite questo apparato la trasmissione tra i due cervelli di informazioni sensorimotorie rilevanti avverrebbe in tempo reale, pur trovandosi i due animali in spazi separati.

 

Come verificare se sue la tua BTBI funziona

Come verificare se sue la tua BTBI funziona

 

Un primo gruppo di ratti viene addestrato a svolgere un semplice compito di scelta. L’animale viene posto in una camera con due leve, ciascuna accoppiata ad un LED vicino: quando una lampadina si accende, il soggetto deve premere la leva corrispondente, ottenendo così una ricompensa (acqua zuccherata).

Una volta che questi animali, chiamati encoder, diventano esperti nel compito, la loro BCI registra tramite elettrodi l’attività in corteccia motoria M1 di un certo numero di trial corretti, creando una rappresentazione dell’attività corticale media che si ha premendo ciascuna leva.

Un secondo gruppo di ratti cui i LED vengono presentati entrambi accesi, i decoder, viene invece addestrato a premere una delle due leve a seconda della microstimolazione elettrica che riceve dalla MBI.

Durante il test vero e proprio, il tutto viene collegato. Un encoder preme la leva giusta, mentre l’attività in M1 viene registrata e paragonata

 encoder, decoder e macchina formano un circuito

al template: il risultato determina quale stimolazione venga rilasciata al decoder, che decide in base all’istruzione ricevuta quale leva premere.

Il primo soggetto  codifica l’informazione, la macchina la trasforma e la trasmette, quindi il secondo soggetto la decodifica per compiere il proprio compito.

L’encoder, infine, riceve a sua volta un feedback sulla performance del decoder, ottenendo una ricompensa ogni volta che il compare svolge correttamente il test, facendo sì che il suo comportamento e la sua neuromodulazione siano dipendenti  dalla performance trial per trial del suo partner decoder. Ed ecco cosa succede:

 

Le interfacce permettono la trasmissione in tempo reale di istruzioni utili a risolvere un compito tra due soggetti distinti

Questo studio ha dimostrato per la prima volta che tramite una BTBI l’informazione motoria (ed anche sensoriale, come riportato nel medesimo articolo), ricavata in tempo reale da popolazioni neurali registrate simultaneamente può esser trasmessa direttamente ad un altro soggetto perché la utilizzi.

 

 

…tra un uomo ed un ratto…

Pochi mesi dopo, Park  e collaboratori (Korea University, Seul, Korea) formano una BTBI tra due animali di specie differenti: questa volta vengono messi in comunicazione il cervello di un uomo e quello di un topo.

Ovviamente usando interfacce meno invasive: dalla parte della BCI un elettroencefalogramma (EEG) registra l’attività cerebrale dell’uomo, mentre da quella della MBI l’informazione viene inviata al topo tramite ultrasuoni focalizzati (FUS), permettendo quindi una registrazione ed una stimolazione neuronale senza intervenire chirurgicamente.

 

Il mio nome è Legione e la tua coda è mia

Il mio nome è Legione e la tua coda è mia

 

In questo caso non vengono trasmesse istruzioni, ma viene concesso all’uomo il potere di decidere quando far muovere la coda al ratto.

Quando la persona decide che è giunto il momento, fissa il monitor di un computer, dove un immagine “sfarfalla”  a 15 Hz, causando una particolare risposta nell’attività cerebrale che viene riconosciuta dalla macchina.

Questa attiva quindi il rilascio di FUS mirato alla area motoria corticale del ratto che governa la motilità della coda, e l’agitarsi dell’appendice viene registrato da un sensore di movimento.

Anche questo tipo di BTBI  funziona (in alto a destra un pallino verde indica quando il soggetto guarda allo schermo):

 

La BTBI permette la comunicazione tra cervelli di specie distinte

Questo studio mostra come sia possibile collegare, in modo non invasivo,  l’attività cerebrale tra uomo ed animale per generare una semplice risposta motoria. Certo, una elementare risposta ‘‘on-off’’, ma molto probabilmente a breve saranno impiegate BCI che permetteranno di distinguere differenti “comandi” dell’operatore affiancate a CBI che moduleranno diverse aree cerebrali. A questo punto basterà clonare i dinosauri e poi altro che Robot Wars.

 

 

..e tra due uomini

Una volta dato il via, il passo successivo non poteva che essere la messa a punto di una BTBI che relazionasse soggetti umani coscienti. Nell’agosto 2014 il laboratorio Ruffini dello Starlab di Barcellona, Spagna, pubblica il primo articolo del genere facendo trasmettere un vero e proprio messaggio da una BCI ad una MBI distanti tra loro.

Il soggetto dal lato della BCI, anche in questo caso collegato ad un EEG, guarda uno schermo, in cui una pallina può muoversi da sinistra a destra su due possibili percorsi (alto o basso). Il soggetto deve fermarla muovendo la classica sbarretta in su od in giù:

  trasmissione di un messaggio binario

per far ciò gli basta pensare di muovere la mano o la gamba, dando così origine a due diversi tipi di attivazione corticale che vengono detettati dalla EEG e convertiti in segnale binario. Abbiamo quindi una codifica (pallina alta – movimento della mano- bit 1 o pallina bassa – movimento della gamba – bit 0) che permette di mandare un messaggio.

Dall’altro lato, tre persone ricevono in parallelo una sollecitazione della corteccia visiva tramite stimolazione magnetica transcranica (TMS), un’altra tecnica non invasiva impiegata per attivare od inibire i neuroni corticali. La macchina per la TMS riceve il codice binario trasmesso dalla BCI e produce di conseguenza due tipi differenti di stimolazioni: una che induce nei riceventi la visione di un flash bianco (bit 1) ed una senza effetti (bit 0).

 

fig4LN

 

Con una percentuale di successo maggiore del 90% (ovviamente dopo un opportuno addestramento), vengono così trasmessi un hola da Barcellona a Strasburgo ed un ciao da Thiruvananthapuram a Strasburgo, a più persone contemporaneamente.

La BTBI permette di comunicare messaggi a lunga distanza a più persone

Pochi mesi dopo, viene pubblicato un articolo dall’equipe di Prat (Università di Washington, Seattle, Washington, US), dove invece una persona stimola a distanza la corteccia motoria di un’altra per fargli abbattere dei missili in volo.

 

 

 

Conclusione

Quanto presentato sino ad ora mostra una applicazione unidirezionale delle BTBI, limitata a semplici compiti, ma possiamo aspettarci che presto il flusso di informazione verrà reso bidirezionale tra due (o più) soggetti.

La limitazione maggiore per ora risiede nei mezzi impiegabili (precisione, invasività, dimensione, costi) per interfacciare cervello e macchina, sia in una direzione che nell’altra, non certo nell’inventiva dei ricercatori, che possono attingere a piene mani dall’immaginario collettivo della fantascienza (o del feticismo nipponico).