Lawrence Fowler: “Con Jack in the Box volevo dare una svolta al sottogenere delle bambole”

Jack in the Box intervista Lawrence Fowler

La nostra intervista a Lawrence Fowler, regista del nuovissimo horror Jack in the Box, dove demoni, bambole e clow si incontrano per una piccola chicca del genere che saprà farvi tenere il fiato sospeso. Dal 17 Settembre al cinema con Adler Entertainment.

Il 2020 è stato un anno sfortunato sotto molti punti di vista. L’industria cinematografica è stata tra quelle più compromesse, eppure adesso si inizia finalmente a vedere i primi frutti di tanta attesa.

La macchina si rimette in moto e le prime pellicole iniziano a popolare le sale già da qualche settimana. Il genere horror, in modo particolare, sembra ritornare nuovamente di prepotenza. Casualità o segno che qualcosa sta cambiando? Nel dubbio, vi consigliamo di recuperarvi Jack in the Box, la nuova pellicola del regista britannico Lawrence Fowler che, dopo un esordio decisamente da dimenticare, si riscatta con un film semplice che sa esattamente come colpire e quando colpire.

Jack in the Box riunisce alcuni degli elementi più iconici del cinema horror: clown e bambole.

Jack in the Box riunisce alcuni degli elementi più iconici del cinema horror: clown e bambole. A questo, ovviamente, affiancante la presenza di un demone malvagio e assetato di sangue che ogni dieci anni si risveglia esigendo ben sei vittime. Pretenzioso l’amico, che dite? Mi ricorda tanto un certo signor Jeepers Creepers.

Il film usa una serie di stratagemmi – come le celebri scatole contenenti, appunto, pagliacci a molla usati come giocattoli per bambini – per creare un filmetto che nella sua semplicità sa il fatto suo e sa fare il suo dovere: intrattenere, divertire e spaventare quando serve.

 

 

A rendere inquietante e pesante l’atmosfera di Jack in the Box è proprio il suo protagonista, tanto nella versione giocattolo – che se lo avessero visto a suo tempo i Warren, lo avrebbero custodito in una bella teca nel loro museo degli orrori – quanto in quella da demone. Il grande merito del regista Lawrence Fowler è quello di usare il buon caro e  vecchio trucco prostetico, mettendo nei panni della sua terrificante creatura (un mostro allampanato in bilico tra Slanderman e un Pinhead nei suoi giorni peggiori) un attore reale che riesce a rendere il tutto più realistico e inquietante.

Pur non sorprendendo con una sceneggiatura elettrizzante, Fowler combina insieme una serie di suggestioni tipiche dell’iconografia horror, dalla leggenda del diavolo intrappolato in una scatola ai giocattoli posseduti, passando per scatole ritrovate e segreti che dovrebbero restare tali e celati.

E proprio come per The Vigil con il suo Keith Thomas, ho avuto occasione di intervistare Lawrence Fowler per il suo Jack in The Box. Ecco cosa mi ha raccontato:

 

jack in the box intervista lawrence fowler

 

 

Ciao Lawrence e grazie mille per il tuo tempo e per questo nuovo incubo (un po’ ti odio)!

Ma figurati! Grazie a te per questa chiacchierata!

 

 

Partiamo dal principio: The Jack in the Box è il tuo secondo film. Torni a parlare nuovamente di demoni, presenze e maledizioni. Questo è un tema molto caro alla filmografia del genere horror. Cosa ti affascina?

Sono un grande fan di film come The Boy, Annabelle e molti altri film del sottogenere “bambole horror”. Il retroscena di questi film tende a propendere per maledizioni e demoni, i quali si inseriscano per ovvie ragioni in questo tipo di storie. In questo caso ero più attratto dall’idea di portare una nuova svolta al sottogenere. Un film sulla scoperta dell’originale Jack in the Box e del demone intrappolato all’interno. Mi sembra una direzione nuova, differente e al tempo stesso eccitante.

 

Rispetto alla tua opera prima, Curse of the Witch’s Doll, ho notato una grande crescita sia nella regia che nella scrittura, sopratutto nell’uso della suspence. Come ti ha cambiato il tuo primo film? Come ti ha preparato a questo secondo?

Grazie! Ho realizzato innumerevoli cortometraggi per molti anni prima di passare ai lungometraggi, ma niente può davvero prepararti per il salto nel formato “lungo”. Le regole e le formule del cinema sono le stesse, ma la differenza di stare sul set per un paio di giorni rispetto a dieci o quindici consecutivi è una prova di resistenza e concentrazione più che altro. Ho avuto difficoltà nell’adattarmi e nel lavorare al mio primo lungometraggio; purtroppo sono il tipo di regista che non può fare a meno di guardare indietro al lavoro precedente dicendosi: “Vorrei aver fatto XYZ in modo diverso”.

Non volevo commettere gli stessi errori con The Jack in the Box e il primo obiettivo è stato quello di migliorare ogni reparto.

Penso che tutto, dalla sceneggiatura, al design della bambola e del demone fino al lavoro con la telecamera e l’illuminazione, sia aumentato di un po’ rispetto al mio primo lungometraggio, il che ha fatto una differenza enorme. Se riesco a fare cambi di marcia simili su ogni film che va avanti, sarà emozionante vedere dove andremo a finire!

 

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Il tuo film nasce letteralmente dall’espressione francese “Diable en boîte”, appunto chiudere il diavolo nella scatola. L’ispirazione per questa storia ti è venuta da questo modo di dire o c’è dell’altro?

Vedo che hai fatto un po’ di ricerca. Fantastico! Mi fa davvero piacere! Sì, questa espressione francese ha davvero contribuito a plasmare la storia e la leggenda della scatola. Abbiamo adattato leggermente quel modo di dire sul “demone in una scatola” al nostro tema più diabolico, se così possiamo dire. Il vero retroscena sulle origini della leggenda del “Jack in the Box” non è del tutto chiaro.

Una versione suggerisce che una volta un inglese abbia intrappolato un demone in uno stivale per salvare un villaggio centinaia di anni fa e quello abbia ispirato la storia che conosciamo. Questa è una delle tante. Da lì ho pensato: perché non aggiungerne un’altra ancora? Una versione ancora più eccitante? E così è stato!

 

La scatola in cui è chiuso questo nuovo boogeyman un po’ clown e un po’ demone, mi ricorda vagamente il cubo di Lemarchand. Effettivamente il tuo mostro ricorda un po’ Pinhead di Hellraiser. C’è una vaga citazione al film?

Non ci sono riferimenti diretti intenzionali nel nostro film, anche se posso facilmente capire da dove derivi la suggestione. Personalmente voglio stare alla larga dal fare riferimento al lavoro di altre persone, c’è una linea sottile tra rendere omaggio e copiare! Ci siamo chiesti che aspetto potesse avere un personaggio mezzo demone e mezzo clown e presto siamo diventati molto entusiasti dei concetti che stavamo sviluppando.

 

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Pennywise di IT, del Captain Spaulding di La Casa dei 1000 Corpi o dell’Art di Terrifier e ora il tuo Jack. Perché fanno tanta paura i clown? Come sono diventati mostri per eccellenza?

Oh, me lo sono chiesto tante volte! Perché sono così spaventosi? Forse è la loro natura inquietante, e penso che questo valga anche per le bambole. Sembrano quasi umani nei movimenti e hanno indubbiamente caratteristiche umane, eppure in loro c’è qualcosa che non va. Ma cosa? Forse è il sorriso gelido e inquietante che spesso appare vuoto? Chissà!? Se lo scopri dimmelo!

 

Oddio, spero davvero di non scoprirlo… Anche se, com’è che si dice? La curiosità è femmina!

Parlando proprio di bambole e inquietudine, un altro elemento iconico di Jack è la sua falsa natura da giocattolo. Nell’immaginario horror anche i giocattoli hanno un loro fascino perverso e maligno. Da bambina ero convinta che i giocattoli mi guardassero dormire per poi farmi i dispetti… Tutta colpa di Child’s Play e Profondo Rosso. Hai avuto anche tu qualche esperienza traumatica con i giocattoli?

Mi ripeto: per me è lo sguardo inquietante, sai questi occhi freddi, spenti, vuoti. Penso che Geoff Fowler abbia fatto un lavoro fantastico nel creare una bambola che ti trasmette un vero senso di minaccia, di inquietudine. È raccapricciante. E sono davvero felice della risposta entusiasta degli spettatori.

Personalmente i giocattoli non mi hanno mai spaventato. Adesso mia moglie mi odierà per quanto sto per dire, ma una volta si è svegliata nel cuore della notte urlando alla vista di qualcosa che la osservava dall’angolo della nostra camera da letto. Si è rivelato essere il nostro nuovo aspirapolvere sorridente Henry Hoover! È divertente come la nostra mente possa giocare brutti scherzi con noi.
Scusami Ruby …

 

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bambole

 

Noo, posso capirla! Una volta mi è capitato lo stesso, ma non era un’aspirapolvere ma uno stendino… Già, la mente.

Possiamo dire che se i coniugi Ed e Lorraine Warren fossero vivi, vorrebbero il tuo Jack direttamente nel loro museo degli orrori accanto ad Annabelle?

Sarei onorato se mettessero Jack accanto ad Annabelle! Immagina il male che la coppia potrebbe combinare …

 

Ok, forse meglio di no!

Una cosa che ho davvero amato del tuo Jack è il suo trucco. Siamo troppo abituati a vedere mostri finti, spesso in CGI. Mostri di plastica senza carisma e che non fanno paura. Il tuo mostro, invece, torna indietro nel tempo: l’arte del makeup, del trucco prostetico. L’arte dei grandi mostri Universal o dell’era dello slasher movie anni ’70. Sono tempi che mi mancano molto. Come mai questa scelta?

Grazie! Abbiamo vagliato ogni opzione, ma niente batte la luce che rimbalza su un vero costume e protesi di alto livello. Sono d’accordo con te sul fatto che i mostri CGI come i demoni possono spesso sembrare sintetici a seconda del tuo budget e di ciò che stai cercando di ottenere. Qui l’enorme merito sulla perfetta realizzazione della maschera di Jack va tutto ad Isabella Larter, la nostra make-up effect artist. Il merito è anche di Liz Fowler, la costumista, e del fantastico costume realizzato. È un gioco di squadra; ed, infatti, manca il membro più importante: Robert Nairne. La sua interpretazione è quella che ha contribuito a plasmare, senza alcun dubbio, l’atmosfera di tutto il film.

Mi sono venuti i brividi a guardarlo e ho capito subito che stavamo facendo qualcosa di fantastico

La primissima scena che abbiamo girato con Robert è stata Jack che emerge dalla scatola, i suoi movimenti erano così inquietanti e simili a quelli di un serpente. Mi sono venuti i brividi a guardarlo e ho capito subito che stavamo facendo qualcosa di fantastico. Questa esperienza mi è servita non solo per dare un effetto di credibilità maggiore alle creature soprannaturali, ma ha dato anche agli altri attori modo di interagire in maniera più verosimile con la creatura.

 

Parlando proprio di nostalgia horror, prima questo genere è stato uno dei più grandi generi al cinema. A cominciare dai Mostri Universal, la Hammer, i grandi maestri come Romero, Carpenter e gli italiani Dario Argento, Bava e Fulci. Dagli anni ’90 però l’horror è stato molto sottovalutato, come se fosse un genere si serie B. Film tutti uguali, troppo splatter, troppi jumpscare e poca storia. Poca paura. Credo però che ora stiamo vivendo una rinascita dell’horror, grazie anche a nuovi autori, come te, freschi e innovativi che vogliono mettersi in gioco e vogliono fare un horror più concreto, più metaforico anche. Tu cosa ne pensi?

Penso che ci sarà sempre un posto per l’horror fresco e innovativo, ci sono sempre stati e ci saranno sempre creatori che hanno idee nuove ed eccitanti; certo, se poi saranno sostenuti finanziariamente per darle seriamente vita ad una “nuova era”, è un altro paio di maniche. Personalmente adoro il modello della Blumhouse e il fatto che stiano rilasciando hit dopo hit dimostra che concept innovativi e film guidati da filmmaker con budget relativamente modesti possono funzionare estremamente bene se ne hanno la possibilità.

Amo fare film dell’orrore e spero che io e il mio team, “Fowler Media”, possiamo continuare ad aiutare a “far rivivere” questo incredibile genere.

 

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Si pensa che quando una persona ama o fa i film horror non abbia paura di nulla. Io non sono d’accordo, anzi a me piace l’horror proprio perché amo aver paura. L’adrenalina, l’ansia. Credo sia un rapporto un po’ masochistico. Tu che dici? Lawrence ha paura degli horror?

Posso esserlo quando è fatto bene! Tuttavia, trovo che alcune cose nel mondo siano molto più spaventose!
È interessante pensare al motivo per cui perseguiamo la sensazione di essere spaventati. Il brivido, la paura e poi il sollievo. C’è sicuramente qualcosa di masochista in questo. Spero che Jack abbia fornito le paure che stai cercando!

 

Anche troppo! Lawrence sei stato gentilissimo. La mia ultima domanda: visto che The Jack in the Box avrà un sequel, sei già a lavoro su altri progetti futuri?

Siamo davvero entusiasti del sequel “Awakening The Jack in the Box” che entrerà in produzione il mese prossimo. Siamo ansiosi di esplorare ancora di più la tradizione della scatola e del demone.

Dopodiché, all’inizio del prossimo anno realizzeremo un film di fantascienza-horror che sto attualmente scrivendo. Non posso dire molto al riguardo, ma siamo davvero interessati a spingere al limite le nostre capacità di “effetti pratici” su quello che è un genere sommerso da effetti CGI. Spero di essere sulla strada per creare qualcosa di veramente diverso e speciale.

 

Non vediamo l’ora di scoprire tutto!
Jack in the Box vi aspetta al cinema dal 17 Settembre
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