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The Flash Crash

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È un caldo pomeriggio di maggio del 2010. Sono da poco passate le due e i trader sono tornati nei loro uffici dopo la pausa pranzo pronti a seguire l’andamento dei mercati. La situazione non è buona, la Grecia minaccia sfaceli e straparla di default e monete sostitutive, nonostante la mediazione dell’Unione Europea i mercati sono guardinghi.

Alle 2.32 qualcosa accade, improvvisamente il Dow Jones inizia a scendere, non di poco, di parecchio, seguito a ruota dal Nasdaq.

Nei primi minuti gli indici “rimbalzano” ossia hanno delle discese e delle risalite repentine ma poi la discesa si accelera in maniera spaventosa, in 36 minuti il DJ perde oltre 1000 punti, una catastrofe, si parla del 9% del valore complessivo, si parla di migliaia di miliardi di dollari bruciati in mezz’ora, valori secondi solo a una manovra economica dettata dai grillini!

Il panico.

Lentamente, nella giornata, gli indici recupereranno buona parte del loro valore, ma la ricchezza posseduta è stata completamente stravolta con trasferimenti, vendite e acquisizioni, lasciando centinaia di persone ricche o povere dall’oggi al domani.

Nessuno avrebbe potuto fermare il collasso, fu troppo veloce e repentino, ben oltre la capacità di reazione umana.

Infatti fu un’operazione economica portata avanti non da umani, ma da macchine.

E in questa novella puntata de studiare economia non ti rende ricco ti rende solo antipatico il quarto d’ora di economia di dubbia utilità parleremo proprio di questo: IA, economia e lezioni che non vengono apprese.

 

Una pessima giornata per uscire in mare

La giornata non è delle migliori, la crisi del debito europea ha reso i mercati instabili, gli analisti, con i loro maglioni di lana, la pipa in bocca e la barba ispida, concordano che le “acque sono agitate” ossia li scambi stanno avvenendo con ampie fluttuazioni che impattano sui valori medi.

Inoltre “il fondale è basso” ossia c’era poca liquidità in giro, la liquidità di solito ha effetto sul “raffreddare” gli scambi.

Qualunque analista di buon senso vi avrebbe tirato uno scappellotto se aveste voluto uscire in mare in una situazione simile, ma si sa c’è sempre il capitale coraggioso che vuole affrontare la tempesta per pescare una buona retata.

E questa volta, il nostro capitale coraggioso non guida una bagnarola, guida un translatlantico.

 

 

 

La scintilla

[…] a little bit like blaming lightning for starting a fire.

John Bates a proposito dell’incriminazione di Sarao.

 

 

È una fresca mattina di aprile del 2015, a Londra, quando la polizia fa irruzione nella sede della Nav Sarao Futures Limited e trascina fuori Navinder Singh Sarao in manette.
Sarao è indicato come la mente dietro al Flash Crash di 5 anni prima, il genio finanziario che ha distrutto mille miliardi di dollari.

A prima vista però Sarao non sembra un malvagio plutocrate/ genio della finanza, ha 36 anni, vive con i genitori e la sua “azienda” è nello scantinato della casa familiare, inoltre non è ebreo e questo scontenterebbe ogni complottista.

Quello che faceva Sarao era sfruttare un software per generare vendite massive di titoli, quindi Sarao cancellava la vendita e comprava i titoli a prezzo ribassato e poi li rivendeva.

Con questo sistema di altissima finanza aveva guadagnato circa 40 milioni di dollari tra il 2009 e il 2015 (che poi perse quasi interamente in cattivi investimenti, il che rema contro la teoria del genio della finanza).

In ogni caso Sarao si farà due anni di carcere e poi sarà rilasciato sotto la custodia del padre e con l’obbligo di tenersi lontano dal mercato finanziario.

Ma quel giorno Sarao stava usando il suo software con l’intento di sfruttare le fluttuazioni e fare qualche soldo.

 

 

 

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L’incendio

I rapporti successivi identificano l’inizio di tutto con la vendita di alcuni E-Mini S&P (con alcuni si intende alcune migliaia per un valore di circa 200 milioni di dollari) fatto da Sarao.

Gli E-mini sono dei micro-future ossia dei contratti che si fanno per l’acquisto o la vendita di un qualcosa in un determinato momento del futuro, i future possono a loro volta essere sezionati in scaglioni più piccoli, come appunto gli E-mini.

Ai nostri fini però potevano essere anche patate.

Il sordido piano di Sarao è vendere un sacco di E-mini, puntare che questo farà scendere la loro quotazione, cancellare la vendita, comprare E-mini ribassati e rivenderli appena fossero tornati al valore normale.

Tutto nella norma.

Non fosse che proprio quel giorno, a fianco alla bagnarola di Sarao stava navigando una nave ben più grossa, un fondo comune di investimenti (Waddell & Reed) che aveva in mente di vendere circa 75.000 E-mini, una cifra molto grossa del valore di circa 4 miliardi di dollari.

Vendere una tale quantità di E-mini avrebbe fatto tracollare il mercato, quindi la Waddell & Reed aveva progettato di venderli poco alla volta, così che il mercato li assorbisse man mano.

Quindi l’immensa nave da crociera della Waddell & Reed stava entrando nei fondali bassi di Venezia, in un giorno di tempesta, mentre anche la bagnarola di Sarao stava navigando nello stesso canale.

Il problema è che alla guida della nave da crociera non c’era un capitano umano, c’era un robot.

 

 

 

Spoofing e HFT

Per vendere i suoi E-mini la Waddell & Reed si era appoggiata a un algoritmo il quale vendeva una quantità di E-mini pari al 9% del totale degli scambi di E-mini del minuto precedente così da non inondare il mercato.

All’algoritmo però non vennero date indicazioni di tempo o valore, solo di quantità.
Il punto era dividere un enorme vendita in vendite più piccole.

Mentre i primi E-mini venivano venduti in un mercato altamente volatile, Sarao mise in atto la sua gabola.

A quel punto gli E-mini ebbero una variazione, non grossa ma percepibile, di norma tutto sarebbe stato assorbito dalla contrattazione, ma questa volta nessuno stava contrattando tutto era lasciato alle macchine.

Appena il prezzo degli E-mini iniziò a variare gli HFT entrarono in azione.

Gli HFT sono algoritmi studiati per comprare o vendere in base alle variazioni di mercato, il loro obiettivo è fare piccolissimi guadagni su milioni di operazioni.

In questo campo la velocità è tutto, e con tutto si intende non solo computer veloci e algoritmi ottimizzati, significa pagare per avere i server qualche metro più vicino alla borsa così che si guadagni qualche microsecondo nell’inviare le informazioni.

Gli HFT iniziarono a comprare e vendere E-mini.

Il problema era la liquidità ridotta che si esaurì abbastanza velocemente facendo sì che i compratori finissero le loro scorte di denaro e smisero di assorbire E-mini.

Ma gli HFT andarono avanti iniziando a scambiarseli tra di loro a velocità aberranti generano quello che nel gergo tecnico dell’economia (e dell’entertainment per adulti) è indicata con la locuzione “hot potato”.

Per avere un’idea di quanto fosse hot questa patata tra le 2:45:13 e le 2:45:27 gli HFT fecero 27.000 contratti di compravendita.

Dove sta il problema direte voi?

Alla fine se li scambiavano per pochi centesimi di differenza. Vero, ma non dimentichiamoci della nave principale.

L’algoritmo della Waddell & Reed era settato sulla quantità di scambi per decidere quanti E-mini vendere e la quantità di scambi stava aumentando a dismisura quindi iniziò a pompare E-mini in un mercato ormai fuori controllo.

Mentre gli E-mini inondavano il mercato gli HFT incrementavano le loro compravendite portando ancora più E-mini sul mercato, una spirale virtuosa. In passato vendite di tale portata (ce ne erano state solo due) erano state compiute in diverse ore, senza grossi intoppi.

Questa volta sarebbe durata 20 minuti.

 

 

 

Il tracollo

Inondato da E-mini che era impossibile assorbire il mercato tracollò, il valore degli E-mini andò a picco trascinandosi dietro anche il resto del mercato azionario.

Alle 2:45:28 i sistemi di blocco automatico entrarono in azione bloccando gli scambi di E-mini per 5 secondi e permettendo al mercato di resettarsi.

Ma ormai era troppo tardi, decine di migliaia di operazioni era state compiute, con valori che andavano da pochi centesimi a oltre 100.000 dollari sugli stessi beni.

Visto il tracollo azionario i sistemi automatici di diverse grandi aziende entrarono in funzione bloccando gli scambi o facendo direttamente uscire le aziende dal mercato, questo comportò un’enorme crisi di liquidità che aggravò la situazione, inoltre altri sistemi automatici intercettarono la caduta e la amplificarono vendendo a loro volta i titoli che stavano scendendo.

Nel giro di meno di mezz’ora il mercato aveva polverizzato oltre mille miliardi di dollari di dollari che erano semplicemente scomparsi.

La caduta trascino diversi altri attori non direttamente coinvolti, le azioni delle otto maggiori compagnie quotate nell’S&P 500 persero l’1%, compagnie come Accenture, CenterPoint Energy e Exelon; mentre le azioni di altre compagnie come Sotheby’s, Apple e Hewlett-Packard, avevano incrementato il loro valore di oltre 100.000$.

Il mercato perse il 9% del suo valore anche se, nel resto della giornata, dopo che gli scambi furono bloccati dai sistemi automatici, recuperò quasi tutte le perdite e i valori si erano ri-stabilizzati su quelli di partenza.

Gli impiegati del Chicago Stock Exchange trascorsero la sera e tutta la notte a cancellare migliaia di transazioni fatte con valori totalmente assurdi.

 

 

 

 

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Aftermath

Dopo il Flash Crash ci furono diverse interrogazioni del Congresso, molti dei sistemi usati, che avevano reso possibile il tracollo, furono banditi e si introdussero dei sistemi di controllo, chiamati Curb (circuit breaker) che bloccassero in automatico qualsiasi trattazione per titoli dell’S&P 500 che nei 5 minuti precedenti fossero saliti o scesi oltre il 10% del loro valore in 5 minuti.

L’utilizzo degli HFT diminuì nel corso del tempo nelle transazioni finanziarie anche se continuò (e continua) a essere usato in altri mercati come quelli degli scambi di valuta o dei future.

Nel 2017 Aldridge e Krawciw stimarono che nel 2016 gli HFT si occupassero di circa il 10-40% del volume degli scambi sul mercato azionario (che vuol dire abbastanza tutto e niente) e del 10-15% di quello dei cambi di valuta e merci.

 

 

 

Conclusioni

Nonostante i sistemi di controllo si stima ci sia almeno un tracollo all’anno prodotti da sistemi di scambio automatico.

I circuit breaker sono di solito molto efficienti a intercettarli e bloccarli e il mercato non risente di grandi danni, anche se nel tempo si sono accumulati aneddoti di intere aziende devastate da piccoli errori di software che hanno abbattuto le loro quote azionarie (il più famoso è quello della Knight Capital che nel 2012 perse 440 milioni di dollari in 45 minuti a causa di un software mal programmato per gestire le vendite azionarie).

Gli HFT non sono ovviamente i colpevoli delle crisi azionarie ma sono in grado di amplificarle, quando qualcosa inizia ad andare storto gli algoritmi sono molto più veloci degli esseri umani ad entrare in azione, che spesso è un bene ma, a volte, in contesti dominati dall’emotività e dall’irrazionalità come il mercato azionario, può rivelarsi un problema.

Poi io sono della vecchia scuola, per me non vale nessuna transazione non effettuata per alzata di mano da un gentiluomo in cilindro al London Stock Exchange, ma da buon nerd ammiro le IA che sono più brave di noi a fare soldi.

Un giorno Skynet farà a pezzi il nostro mondo, e non dovrà nemmeno lanciare missili nucleari, gli basterà disattivare i circuit breaker delle piazze di scambio e osservare gli HFT fare il lavoro sporco per conto nostro.

 

 

 

 

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