Horizon: Zero Dawn

Horizon: Zero Dawn è sicuramente l’esclusiva PlayStation 4 più importante di questa prima parte del 2017, l’abbiamo giocato in anteprima e questa è la nostra recensione.

Nella sfida uno contro uno tra Sony e Microsoft, è evidente che il 2017 sia partito con uno slancio non indifferente da parte di PlayStation che già nei primi mesi ha proposto diverse esclusive degne di nota ai propri utenti. In questa prima fase dell’anno però, i riflettori sono tutti puntati su Horizon: Zero Dawn, un titolo estremamente ambizioso sviluppato dal team Guerrilla Games che in molti già conoscono per la serie Killzone.

Questo titolo però si discosta completamente e dallo stile e dal gameplay che caratterizza le precedenti produzioni del team e possiamo dirvi fin da subito che ha saputo stupirci in positivo oltre ogni aspettativa. Siamo stati a Roma dove abbiamo potuto provare il gioco e intervistare anche il Senior Producer di Guerrilla, Patrick Munnik. 

Tornati a casa abbiamo poi giocato il titolo a fondo, se siete curiosi di sapere come ci è sembrato non vi resta che proseguire nella lettura della nostra recensione. Horizon: Zero Dawn implementa notevoli miglioramenti grafici se giocato, come abbiamo fatto noi, su PlayStation 4 Pro con un pannello 4K HDR. Vi ricordiamo che il gioco uscirà il 1 marzo 2017 in esclusiva PlayStation 4.

 

 

 

 

Horizon: Zero Dawn è ambientato sulla Terra in un futuro post-apocalittico diverso dai classici canoni a cui siamo abituati. Viviamo un futuro lontano migliaia di anni, niente distopie tetre e cupe, al contrario la luce e i colori di una natura incontaminata e sovrana, sotto la cui superficie giace sepolta la nostra civiltà, dimenticata. Quel che resta del genere umano è una civiltà tribale, che sembra non sapere e non voler sapere nulla delle proprie origini e di cosa abbia portato i loro antenati ad un destino tanto tragico.

Il passato è passato, resta sepolto sotto la superficie ove si cammina, e la memoria che si è stratificata nei secoli ha alimentato miti e leggende. La nostra storia in questo mondo inizia nelle terre della tribù di Nora e ci porta nei panni di Aloy, una bambina dalle origini ignote che viene affidata all’emarginato Rost. Gli emarginati sono elementi ripudiati dalla tribù, solitamente in seguito a un comportamento scorretto. Sono guardati con disprezzo e odio e costretti a vivere fuori dal villaggio, non partecipando della vita dello stesso.

La storia di Horizon affronta allegoricamente temi forti quali la paura del diverso, l’emarginazione e la solitudine.

Rost non è sempre stato un emarginato, la nostra piccola Aloy invece nasce come tale e in aggiunta subisce anche l’epiteto di senza madre, quasi una macchia indelebile per la tribù in questione, organizzata in una sorta di religiosa struttura matriarcale. La storia di Horizon affronta allegoricamente temi forti quali la paura del diverso, l’emarginazione e la solitudine. Il giocatore entrerà subito in empatia con la piccola Aloy, evitata dagli adulti quasi fosse un’appestata e bistrattata dai bambini vittime a loro volta di convinzioni bigotte. Le prime ore di gioco ci faranno affrontare, sotto forma di tutorial delle meccaniche di esplorazione e combattimento, la crescita della nostra Aloy, il cui obiettivo principale diventa quello di superare la prova degli Audaci ed essere così accettata nella tribù, per poter poi indagare sulle sue misteriose origini e sulle antiche civiltà.

 

 

Rost ha sottoposto la nostra protagonista a duri allenamenti per anni, non solo affinché fosse in grado di superare la prova ma soprattutto di sopravvivere in questo difficile mondo del quale solo lei sembra interessata a scoprire la verità. L’estrema pericolosità è data dalla ferocia delle macchine organiche che ormai popolano la terra, simili a dinosauri metallici ed organizzati in branchi saranno tra i nemici più temibili che affronteremo nel nostro viaggio.

La tribù isolazionista dei Nora è fatta di guerrieri che adorano la dea della natura, la Madre, e ripudiano le antiche rovine del mondo di metallo dal quale sono obbligati a tenersi alla larga, pena l’esilio. Ben presto però scopriremo che il mondo di gioco è popolato anche da altre tribù: i Carja, che adorano il sole e si ritengono la tribù più civilizzata. Essi governano un grande impero e sotto la tirannia del precedente Re Sole, Jiran, muovevano guerra contro tutte le altre tribù per catturare schiavi e sacrificarli, finché il figlio progressista del re, Avad, non ha messo fine alle barbarie rovesciando suo padre.

Ci sono poi gli Oseram, un’antica tribù di fabbri, esploratori e inventori. Fra le loro creazioni figurano strani dispositivi e potenti armi. È stata un’alleanza Oseram- Carja a permettere ad Avad di salire al trono Carja e adesso le due tribù sono approdate a un’insolita convivenza. Infine i glaciali Banuk che raramente abbandonano le proprie terre innevate, ma sono noti per le abilità di caccia alle macchine dei loro guerrieri e lo strano misticismo degli sciamani.

La sola main quest vi terrà impegnati per circa trenta ore di gioco.

Non ci dilungheremo oltre in dettagli sulla trama, ma possiamo assicurarvi che la sola main quest vi terrà impegnati per circa trenta ore di gioco che potrete aumentare grazie alle varie missioni secondarie che si concentrano sugli aspetti del nuovo mondo, sulle tribù e sulle personalità che lo popolano, e alle attività facoltative. Horizon: Zero Dawn risulta un open world fortemente story driven ma offre anche la giusta dose di libertà necessaria a rendere l’esperienza di gioco più ricca, in modo coerente e mai artificioso o banale.

 

 

 

 

Sotto il profilo del gameplay Horizon: Zero Dawn si configura come un action-RPG di tipo open world, offrendo una mappa esplorabile di dimensioni considerevoli. L’azione di gioco a livello esplorativo e di combattimento è principalmente da action, ma presenta diversi elementi ruolistici quali la progressione di Aloy con un albero di abilità, un discreto crafting e la possibilità di scegliere nella maggior parte dei casi se approcciare gli scontri in modo più stealth o diretto, servendovi delle varie possibilità offerte dall’inventario.

Esplorazione e combattimento coesistono in un equilibrio raro da trovare negli open world e non ci si trova quasi mai a camminare ininterrottamente o ad affrontare scontri ripetitivi, il tutto è declinato in una narrazione scandita con i giusti tempi che alterna alle sequenze filmate anche dialoghi a scelta multipla (questi però incideranno marginalmente su quanto accade nel corso del titolo e non influenzeranno in nessun modo il finale che è uno soltanto).

Come già detto sopra oltre alla main quest abbiamo diverse missioni secondarie che in media condividono o completano molti dei temi trattati nella storia principale e le attività facoltative che permetteranno di immergersi nei vari aspetti del mondo di gioco. Aloy ha fin da subito a disposizione un arco per la distanza (le munizioni potranno essere create rapidamente con i materiali reperibili in giro per la mappa) e una lancia per il combattimento melee.

 

 

 

 

Il vero fulcro tattico dei combattimento sta però nell’uso del Focus.

La maggior parte delle armi dispone di tre varianti (Nora, Carja e delle Ombre) e potremo anche cambiarci d’abito per sfruttare bonus contro diverse fonti di danno. La maggior parte degli abiti dispone delle varianti leggero, medio e pesante, che influiscono sul livello di protezione e sul numero di slot modifiche disponibili. Ma il vero fulcro tattico dei combattimento sta però nell’uso del Focus, che troveremo praticamente all’inizio del gioco

Il Focus è un manufatto del mondo antico: un sistema di calcolo e realtà aumentata indossabile sull’orecchio (stile scouter dei Sayan) e lo potremo attivare premendo R3. Tra le  sue varie funzioni ci permetterà di identificare importanti oggetti legati alle missioni, evidenziare le tracce o i percorsi di pattuglia delle macchine e ispezionare le stesse visualizzando le loro componenti e le vulnerabilità agli elementi. Un vantaggio tattico non da poco che ci tornerà utile in più di un’occasione. Mentre utilizziamo il Focus però abbiamo un raggio d’azione limitato e Aloy camminerà molto più lentamente del solito.

 

 

Dal punto di vista tecnico infine Horizon: Zero Dawn è uno spettacolo per gli occhi e per le orecchie. Una colonna sonora notevole accompagna infatti la nostra avventura tra scenari mozzafiato, caratterizzati da scelte artistiche e cromatiche estremamente ricercate. Quello di Horizon è un mondo vivo e pulsante, e su PlayStation 4 Pro soprattutto nelle zone aperte si nota il dettaglio altissimo anche nei piccoli particolari come l’erba che Aloy attraversa.

Allo stesso modo risultano estremamente curati anche le macchine e i personaggi, da Aloy ai comprimari così come i vari NPC. Dal punto di vista tecnico Guerrilla Games ha lavorato davvero bene per offrire un’esperienza verosimile ma anche fortemente spettacolare.

 

 

Concludendo possiamo affermare senza problemi che Horizon: Zero Dawn sia non solo il capolavoro che aveva promesso di essere, ma anche una delle migliori esclusive finora arrivate su PlayStation 4 e un nuovo punto di riferimento per il genere degli action-RPG open world che sempre più spesso tendono ad offrire troppe cose da fare, diluendo una sceneggiatura magari non così empatica e coinvolgente come questa in tanti extra che alla fine aumentano solo inutilmente il contatore delle ore di gioco.

Un must per tutti coloro che cercano una storia affascinante e un gameplay solido in un’avventura open world.

 

 

89
ME GUSTA
FAIL
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