Il fantasy classico, inteso come genere popolato da elfi, nani, troll… è un genere fortemente codificato, per certi versi quasi impermeabile ad ogni tipo di cambiamento. Proprio per la sua connotazione, fortemente debitrice delle fiabe di matrice anglosassone come dei miti nordici, forse è più facilmente assimilabile alla cultura europea.

Non è un caso che il suo epigono sia quel Tolkien che con il suo Signore degli Anelli ha stregato e strega tutt’ora migliaia di persone ad ogni lettura.

Se vogliamo considerarne la naturale evoluzione, chi se non gli anglossassoni Gaiman e Rowling con i loro racconti, e, naturalmente, con le gesta del piccolo mago più famoso dei tempi moderni, ha saputo dare nuova linfa ad un genere che ormai si stava arrotolando su se stesso? Eppure credo sia molto più facile trovare estimatori di questo genere nel nuovo continente.

È nelle high school americane che nasce grazie a Gary Gygax il gioco di ruolo per eccellenza,  Dungeons & Dragons, consegnando ad intere generazioni la possibilità di impersonare elfi, nani, ladri e barbari in avventure dettagliate in moduli perfettamente coerenti eppure dotate di tutta la libertà necessaria per scatenare la fantasia della generazione che avrebbe creato per prima i videogiochi. O meglio, le prime avventure testuali che avrebbero portato a tutto quello che è conseguito dopo.

Pensate al prossimo film di Steven Spielberg, Ready Player One. Ernest Cline nel romanzo originale ambienta parte della sua avventura esattamente in un modulo di D&D riprodotto fedelmente in un MMMORPG. È stato un americano, Robert E. Howard a dare nuova vita al fantasy ad inizio del secolo scorso, raccontando le avventure del barbara di Cimmeria, Conan. E senza Frank Frazetta e John Buscema poi il modo della grafica e del fumetto avrebbe perso un pezzo fondamentale. Pensate alle storie di Roy Thomas, a quella miscela esotica di civiltà antiche e trovate moderne.

Pensate allo stesso Star Wars, come fosse un colossale fantasy con un po’ più di tecnologia. E pensate che a sua volta deriva da Flash Gordon che è un altro tipo di fantasy. Pensate ai Masters of the Universe, a quel He-Man che era lui stesso un po’ Conan e un po’ Flash Gordon.

 

 

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Forse in America alcuni elementi, quelli legati alle vecchie fiabe, sono andati slavati, perfino perduti, ma nel complesso, il genere ha trovato consistenza, maturità e pubblico.

Ed in questo mare magnum naviga anche il ciclo, ormai quarantennale di Shannara.

Per una sorta di purismo da far storcere il naso, per anni il ciclo è stato considerato come una brutta copia delle opere di Tolkien perché in fin dei conti, è una storia che tratta di nani, elfi, ed oggetti mistici. Io magari mi sbaglio, ma uno sta alla letteratura colta come l’altro ai giornaletti pulp. E non per questo con minora dignità. Tutt’altro.

Pochi giorni fa sono stati trasmessi i primi episodi della prima stagione di the Shannara Chroicles. Qui in Italia, li ho appena finiti di guardare su Sky Atlantic ed eccomi qui a scriverne.

Per come si stanno mettendo le cose, credo proprio che avrò qualcosa da fare nei prossimi venerdì sera.

Devo ammettere che il mio tipo di fantasy è più urbano. Qualcosa alle Neverwhere per intenderci. Proprio perché deve rispondere ad un canone così ristretto, e soprattutto con un corpus spalmato su quarant’anni di pubblicazione, Shannara mi è sempre stato ostico. Però non ho saputo rinunciare a dedicarci un paio d’ore. E, per come si stanno mettendo le cose, credo proprio che avrò qualcosa da fare nei prossimi venerdì sera.

Mettiamo un paio di cose in chiaro, affinché non si inquinino i fatti. La produzione di MTV (ma esiste ancora MTV?) non è quella HBO. In certi casi il budget più limitato si nota molto, ma ci arrivo tra poco.

 

 

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A dover fare un paragone con la serie fantasy per antonomasia dei nostri gironi, direi che the Shannara Chronicles e Game of Thrones sono due universi completamente differenti. Tanto è realistica, contemporanea, sessualmente esplicita la seconda, tanto la prima risente di un’impronta più da prime time generalista, gli attori rimandano più a pellicole tipo Insurgent o Hunger games. Il sesso è quasi adolescenziale, pruriginoso, agognato, ma mai esplicito.

Non che l’assenza di un paio di tette ogni venti minuti sia necessariamente un male.

L’idea veramente geniale di tutta la saga di Shannara è che non ci si trova in nessun mondo esotico. Il mondo è il nostro, dopo un olocausto di qualche genere, con modificazioni genetiche che hanno portato all’evoluzione della razza umana in nani, troll e simili.

Data la mia scarsa conoscenza della storia di base, per il momento non intendo sbilanciarmi sulla trama, anche se, sarei portato a credere che, vista l’origine dei primi libri (fine anni ’70) un bel po’ di videogiochi, romanzi e fumetti ne sono debitori.

Da un punto di vista squisitamente estetico, la scelta è giocata su colori vividi, che forse rimandano più ad un contesto videoludico. La scelta degli attori non dà spazio a dubbi, malgrado venga trasmessa su Sky Atlantic, è marcatamente velata su un pubblico teen.

Una sequela di personaggi tutti bellocci e perfettini era da un po’ che non la si vedeva in tv. Eppure ne traspare la passione, soprattutto l’intreccio, ed i rapporti tra i vari character è ben gestito. John Favreau, tra l’altro fautore dei primi capitoli del Marvel Cinematic Universe (Iron Man I e II) produce sapientemente.

La computer grafica utilizzata ed alcuni set troppo in cartapesta danno l’idea di un budget limitato ma, visto che è la prima escursione di un network (non più) musicale in un campo così complesso come quello di noi nerd, posso provare ad essere comprensivo.

 

 

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Quello che mi ha colpito, ed è stato come avere per cena due vecchi amici, l’ho trovato però nei titoli di testa. Alla scrittura ed alla paternità produttiva troviamo Alfred Goufh e Miles Millar, menti creative dietro Smallville ed al secondo, geniale Spider Man 2 di Sam Raimi.

Da sempre esperti nel gestire trame che implicano personaggi extra umani in un contesto umano, i due sono sempre stati molto bravi a creare profondità nelle profondità di personaggi altrimenti bidimensionali (Smallville in fondo, era un altro teen drama).

Non è male perdersi in un universo che mescola rottami di vecchi palazzi coperti da vegetazione (E’ Seattle o sbaglio?) e una sparuta squadriglia di tardo adolescenti con le orecchie a punta.

Vien voglia, insomma, di stare a vedere.

Voi che ne pensate? Avete già visto le prime puntate di The Shannara Chronicles?