Sono appassionato di informatica da una vita, come probabilmente molti di voi che state leggendo. Uno dei miei più nitidi ricordi d’infanzia risale a quando avevo circa due anni mentre, col mento all’insù, osservavo stupito il bagliore blu di un vecchio TV, con i miei fratelli maggiori che giochicchiavano col Commodore VIC=20, che mio padre portò a casa in anteprima assoluta grazie al fatto che bazzicava le fiere dell’elettronica.

Modalità “vecchio brontolone” ON

Ho vissuto abbastanza intensamente tutte le “epoche” informatiche: i primi home computer (vedi sopra), l’avvento dei 16 bit, l’Amiga in ogni sua forma e le viscerali “guerre di religione” con PC e console (bei tempi…), i successi ed insuccessi del mondo Windows e la travolgente ondata Apple degli ultimi anni, insieme all’incredibile esplosione del settore smartphone e tablet.

Insomma, pur non essendo un “guru” come tanti altri posso dire di averne viste parecchie.

Ultimamente, però, mi trovo spesso a sbuffare e allargare le braccia nel constatare come quella che dovrebbe essere il fiore all’occhiello del mondo moderno, ovvero l’accoppiata informatica/tecnologia, fa sempre più spesso acqua da tutte le parti.

Dicono che il mondo e la società in generale, o forse addirittura il genere umano in sé, stiano vivendo una forte crisi, non solo economica, ma di valori in generale: quanto sia vero lo può stabilire ciascuno nel suo piccolo, ma il punto è che il mondo IT non sembra esserne immune, pur essendo nel suo pieno splendore a livello di innovazioni, utilità e diffusione.

L’Information Technology non è purtroppo immune alla “crisi” globale

Anni fa il mondo dei computer e dintorni era un cuore pulsante di passione, dedizione, cura nei dettagli, e del resto non è un caso: la potenza di calcolo era esageratamente inferiore e tutto doveva essere fatto con più attenzione.

Al giorno d’oggi, triste a dirsi, è evidente a chiunque come tutto si sia trasformato in un calderone ribollente e fuori controllo, dove le regole di un mercato frenetico e pazzo sovrastano a più riprese il buon senso, se non addirittura la logica più banale.

Quasi nessuno ne è immune, nemmeno fra i “big”: Google, Apple, Microsoft, Facebook, Spotify ecc… tutti cascano in errori e orrori, volontari e involontari, che causano “facepalm” a raffica tra addetti ai lavori e utenti di tutto il mondo.

 

 

C’era un volta il testing

Il problema principale, a mio avviso, è che non esiste più il testing: un tempo i software venivano sviluppati, poi testati e quindi rilasciati al pubblico. Ora il testing “interno” è diventato completamente marginale, e la prassi è diventata “sviluppiamo, rilasciamo e facciamo in modo che gli incauti utenti testino sulla loro pelle i vari bug che inevitabilmente salteranno fuori”.

Sembra assurdo, ma ormai è così, e non posso non pensare che sia una scelta assolutamente voluta, perché con tutta la buona volontà non posso credere che Google o Apple non possano permettersi di pagare una decina di buonanime per fare in modo che testino la nuova release di Android o iOS per almeno un paio di settimane, prima del roll-out pubblico.

Cabaret_viulenzaE ovviamente questo vale tanto su mobile quanto su computer. Ormai l’utenza minimamente esperta si divide in due macro-fazioni: chi aggiorna subito e fa da beta tester non pagato e chi aspetta al punto che, quando si trova ad aggiornare, a quel punto è già imminente un’ulteriore nuova release! Indovinate da che parte sta il sottoscritto? ;-)

I grandi dell’informatica non possono o non vogliono testare i loro prodotti prima di rilasciarli?

Oltre a questa brutta abitudine si aggiungono scelte completamente fuori da ogni logica. Ne volete una che ultimamente mi sta facendo venire il sangue amaro?

Spotify che, circa due mesi fa, ha rimosso dal client per Mac (non ho verificato personalmente su Windows) la funzione di ricerca all’interno delle playlist. In pratica, se io ho una playlist di migliaia di canzoni e devo verificare la presenza di un determinato brano o artista, non posso più farlo!

O meglio sono costretto a scorrere la lista e cercare “a manina”. Questa assurdità ha giustamente scatenato le ire degli utenti, ma dopo appunto due mesi ancora nessuna risposta se non un laconico “la funzione verrà ripristinata in una futura versione”.

Altro quizzone: indovinate se sono o no fra coloro che ogni mese cacciano noveneurienovantanove alla suddetta Spotify?

 

 

“Se funziona, non toccare niente!”

Ci sarebbe ancora molto da dire, ma è il mio primo articolo e ho fretta di pubblicarlo non mi voglio dilungare troppo! Non posso che concludere citando quella che, a mio avviso, è la regola d’oro dell’informatica: “Se funziona, non toccare niente!”.

Purtroppo gli update sono spesso necessari, ma c’è sempre più bisogno di “fede” nel fatto che risolvano un numero maggiore di problemi rispetto a quelli nuovi che andranno a portare!

E voi, cosa ne pensate?