Adotta una parola

La Società Dante Alighieri, in accordo con quattro dei più importanti dizionari dell’uso dell’italiano contemporaneo, promuove una campagna per l’adozione di parole dell’italiano allo scopo di sensibilizzare il pubblico ad un uso corretto e consapevole delle parole, favorire una conoscenza più ampia del lessico, monitorare l’uso di alcuni termini, e più in generale promuovere la varietà dell’espressione nel mondo della comunicazione globale.

La Lega, si sa, pullula di una categoria di persone di cui mi onoro di far parte: i :gn: Grammar Nazi. Noi, aristocratico baluardo della bellezza della lingua italiana contro le orde barbare dei bimbiminkia, sentiamo la sacra chiamata alla salvaguardia della diversità del nostro lessico – concepito come ricchezza preziosa e messa a repentaglio – nonché alla difesa della purezza della grammatica, dagli abusi e dalle offese del volgo dall’eloquio, ahinoi, sempre più povero.

Naturalmente, la Società Dante Alighieri è dalla nostra e, nonostante non sia così conservatrice come piacerebbe a me (ho trovato con raccapriccio i lemmi “emozionale” e “visuale”, orribili calchi anglofoni che si stanno, ahimè, imponendo sulle nostre “emotivo” e “visivo”, giusto per fare un esempio…) ha avuto la bella idea di proporre, a chiunque lo desideri, l’adozione di una parola.

Il progetto non è nuovo – prima di noi pare sia stato fatto con successo in Spagna e Inghilterra -e l’atto è prevalentemente simbolico: una volta scelta la parola tra quelle giudicate “a repentaglio” dall’associazione, ci si può registrare come “custode” della parola stessa, ricevendo un attestato in cambio dell’impegno di diffusione e monitoraggio dell’uso corretto di tale termine.

Oltre a farci gongolare nel sentirsi finalmente riconosciuto il nostro ruolo di paladini della lingua, cimentarvisi può riservare un piacere inaspettato: nella ricerca dei lemmi da proteggere è facile imbattersi in parole peregrine e affascinanti le quali, come amanti segrete ignorate da tantissimo tempo, ammiccano al lettore desiderose di farsi amare, e la cui giocosa esplorazione, nel tentativo di scovare un piccolo gioiello dimenticato da trasformare nel proprio beniamino, può tramutarsi ben presto in una dipendenza da cui è difficile uscire.

Per fare un esempio, nella mia ricerca della parola da adottare mi sono imbattuto in termini quali: l’arguto ”dicàce”, il nerdissimo ”occamistico”, il nostalgico ”flogisto”, la languidissima ”negghienza” …e molti altri tra cui, dopo una dolorosa cernita, mi sono portato a casa l’epico termine: ”ctonio”, come è facile evincere dall’immagine d’apertura dell’articolo.

Una bella iniziativa di sensibilizzazione sulla lingua, che può incentivare anche chi normalmente non si interroga riguardo al nostro lessico e alla sua trasformazione, ad interessarsi ai termini meno conosciuti, e alla bellezza e all’importanza di avere una lingua ricca e in buona salute.

Adotta una parola

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