Triangle of Sadness, la recensione: posa per me e ti dirò chi sei

Charlbi Dean e Harris Dickinson

Un modo per definire una parte sostanziale delle intenzioni cinematografiche di Ruben Östlund è la realizzazione di un’opera, ben architettata, di smascheramento. Nel modo, di solito, più cinico, crudele, trendy e ironico possibile. E non è che lo smascheramento sia poco violento di per sé eh, specialmente di questi tempi. Anzi, a dirla tutta, non mi viene in mente una cosa peggiore per distruggere qualcuno, o qualcosa.

Fondamentalmente è di questo che vi parliamo nella recensione di Triangle of Sadness, il primo film in lingua inglese del regista svedese nonché quello che gli è valso la sua seconda Palma d’Oro a Cannes75 dopo quella vinta con il bellissimo (più bello di questo) The Square nel 2017, un’altra operazione di smascheramento.

Non è spoiler, né un modo semplicistico di vederlo, Östlund lo dichiara da subito, come ha sempre fatto. Questa volta con il titolo, una dichiarazione d’intenti ribadita in una delle primissime sequenze: il triangolo della tristezza è quella piccola zona posta al centro della fronte, appena sopra le sopracciglia, dove si accumulano le memorie delle emozioni passate, rivelatore inequivocabile di stress e preoccupazione. Quello che deve coprire un modello di successo, un influencer, un millenials, una millenials, la servitù sempre sorridente di uno yacht da 250 milioni di dollari, i boomer che non fanno mistero, anzi si vantano, di aver fatto i soldi passando sopra al prossimo.

Ciò che Östlund vuole smascherare stavolta non sono i nuclei familiari, la mascolinità tossica o un certo tipo di ambiente artistico. Stavolta se l’è presa con l’umanità di oggi.

Più divertente, più dichiaratamente brutale, molto meno ermetico e, anzi, piuttosto elementare e così sfacciatamente sincero da essere fin troppo leggibile. La risposta svedese (o europea) a pellicole come Parasite, a cui Östlund prova ad accodarsi costruendo il suo personalissimo schiacciasassi. Tra le frecce al suo arco c’è anche un cast formidabile in cui spiccano Woody Harrelson, Harris Dickinson e Charlbi Dean. Quest’ultima tragicamente scomparsa poco dopo la presentazione del film, ad appena 32 anni.

Triangle of Sadness è stata presentata in anteprima nazionale alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma e arriverà nelle sale il 27 ottobre 2022 distribuita da Teodora Film.

Travolti da un insolito destino che però ci siamo meritati perché abbiamo tirato troppo la corda e  non poteva che aspettarci il peggio ecc…

Carl (Dickinson) è un giovane modello che cerca di sfondare come volto delle marche più affermate, ma è ancorato alla rampa di lancio. Al contrario della sua fidanzata Yaya (Dean), modella anche lei (e pure influencer di successo), che guadagna considerevolmente più di lui.

Loro non sanno bene come gestire la cosa in realtà, soprattutto per via di tutte quelle dinamiche invischiate che evocano gli spettri del patriarcato e del femminismo contemporaneo, pronte ad entrare in gioco anche quando devono pagare un semplice conto al ristorante.

Giovani, belli, sensibili e molto confusi, sia su di loro come coppia che in quanto individui singoli. Adorabili e prede perfette.

Harris Dickinson

I due vengono invitati a partecipare ad una lussuosa crociera nel Mediterraneo, che vede tra gli ospiti un parterre du roi di tutto rispetto, composto da un gruppo di ricchi tracotanti (più che altro europei), che hanno fatto soldi nei modi più beceri o sporchi possibili.

C’è una coppia inglese dolcissima che commercia granate, un programmatore svedese diventato miliardario grazie a un videogioco e un oligarca russo orgoglioso di aver fatto fortuna con i fertilizzanti (si fa chiamare proprio “il re della merda”) in vacanza con moglie e amante. In più c’è l’equipaggio, totalmente asservito alla soddisfazione repentina di ogni capriccio dei signori volgarissimi e illustrissimi, dal più importante al più microscopico, e infine c’è il capitano (Harrelson), che più che altro non vuole uscire dalla sua cabina.

Tutto va bene finché una tempesta (e ci sono molte forme di tempesta) si abbatte sull’imbarcazione, sovvertendo l’intero ordine sociale.

Se ti abbronzi poi le rughe si vedono di più

Sembra quasi costruito come un heist movie questo film di Östlund, ma dal punto di vista di chi viene derubato. Tant’è che è diviso in tre parti associabili a quelle ricorrenti nel genere: la presentazione delle vittime con cui lo spettatore può empatizzare; il furto e infine la condizione di privazione, che in questo caso fa rima con la rivelazione di un qualcosa che è stato sempre mascherato da ciò che ora non c’è più. I soldi, banalmente.

Un piano ordito da un deux ex machina super partes di wertmülleriana memoria che riesce, chirurgico, a fregare sempre il malloppo.

Woody Harrelson e Arvin Kananian

La prima parte porta un po’ fuoristrada perché, dopo la dichiarazione d’intenti del triangolino, sembra indicare la via per una pellicola improntata sull’analisi del mondo della moda e delle difficoltà dei ragazzi nel coniugare i propri bisogni identitari con gli standard sociali.

Invece si va verso altri lidi, cominciando nel secondo atto un’opera di demolizione satirica piuttosto sempliciotta del conflitto tra le classi sociali, usando la crociera come una sorta di ambiente controllato in cui prima ci si diverte a nutrire e poi uccidere i vari esponenti di un mondo passato che hanno contribuito loro stessi ad affondare (ops). In questa parte c’è il sopravvento della messa in ridicolo dei ricchi e i due ragazzi finiscono un po’ in secondo piano, soprattutto quando si mettono alla berlina le ideologie del secolo scorso (in una delle sequenze più importanti del film suona anche L’internazionale).

Tutto ben girato, tutto ben ritmato, tutto raccontato con un’ironia veramente efficace, ma tutto così diretto ed elementare da sfociare nel superficiale.

Harris Dickinson

Il reprise è nell’atto finale, quello sotto il sole dell’azzurro mare d’agosto, in cui Triangle of Sadness ci consegna un mondo con il potere di classe rovesciato, ma che di fatto è solamente un ennesimo reality, cioè un’ennesima finzione in cui i meccanismi dei canoni estetici, dell’apparenza, della prevaricazione e della vendita di un moralismo a buon mercato regolano comunque i conti, anche se ora che il denaro non c’è più e solo chi è più utile comanda. Lo smascheramento diventa quindi dell’umanità intera, che continua ad oggettivizzare dal punto di vista sessuale, schiacciare il più debole e rifarsi sui giovani, belli e ingenui. Terribile, vero? Però il film fa molto ridere.

Triangle of Sadness arriverà nelle sale il 27 ottobre 2022 distribuita da Teodora Film.

80
Triangle of Sadness
Recensione di Jacopo Fioretti Raponi

Triangle of Sadness è la prima pellicola in lingua inglese del regista svedese Ruben Östlund, oltre questo è anche quella che gli è valsa la sua seconda vittoria al Festival di Cannes dopo l'ultima volta nel 2017. Una satira spietata sul conflitto tra le classi sociali ai giorni nostri, che passa per una messa alla berlina di tutte le maschere della nostra società, da quelle dei millenials dolci, ma vuoti a quelle dei boomer traditori e squallidi, rei di aver distrutto un mondo che aveva offerto loro degli ideali altri. Divertente, ben girato, solido e dal ritmo incalzante, pecca di superficialità nella forma di ironia, a dispetto di una violenza perfettamente calibrata, e di uno scopo piuttosto elementare. Si risolleva nell'atto finale, salvo poi ripensarci un po' troppo.

ME GUSTA
  • Un ritmo e un'ironia efficacissima, soprattutto nella sua deriva violenta.
  • Ottime prove autoriali, soprattutto quella di Harrelson, nonostante il piccolo ruolo.
  • La chimica tra i personaggi dei due ragazzi.
  • Girato ottimamente, regala delle sequenze che non si dimenticano facilmente.
FAIL
  • La forma di satira scelta è piuttosto terra terra.
  • L'intenzione in tutta la seconda parte è sgamabile e piuttosto becera.
  • Il finale, nonostante faccia un passo avanti interessante nella tematica, può scontentare.
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