Recensione Daemon X Machina

Abbiamo trascorso un po’ di ore in compagnia di Daemon X Machina, la nuova esclusiva Nintendo Switch targata Marvelous ed erede diretto di Armored Core.

Annunciato all’E3 dello scorso anno, Daemon X Machina si era presentato al pubblico in maniera piuttosto audace e con il solo ed unico obiettivo di fornire agli amanti dei Mecha un valido motivo per tornare a prendere in mano il pad.

Dopo le parentesi poco entusiasmanti relativi agli ultimi capitoli della serie Gundam ed il vuoto incolmabile dato dall’assenza di un nuovo capitolo di Armored Core, cercare di riportare in auge un genere così poco valorizzato si è fin da subito rivelata un’impresa tutt’altro che semplice.

Eppure, il team Marvelous è riuscito a confezionare non solo un prodotto che rappresenta pienamente il raggiungimento di tale obiettivo, ma che raffina e amplia le dinamiche propriamente legate genere, puntando molto sulla componente arcade e sulla necessità di rendere il gioco più accessibile.

D’altro canto, con Kenichiro Tsukada, producer dell’iconica serie dedicata ai Mecha di From Software, a capo del progetto, fallire sarebbe stato quasi impossibile.

 

 

 

Da uomo a macchina

La premessa narrativa di Daemon X Machina si rifà molto a quella che fa da sfondo alle vicende della celebre serie con i robottoni di From Software.
La premessa narrativa di Daemon X Machina si rifà molto a quella che fa da sfondo alle vicende della celebre serie con i robottoni di From Software. Anche questa volta, infatti, ci ritroveremo a vestire i panni di un mercenario, chiamato a combattere al fianco di svariate corporazioni al fine di abbattere potenti minacce robotiche. Per raggiungere tale scopo e ristabilire così l’equilibrio all’interno di tutte le aree dell’Oval Link, sarà nostro dovere portare a termine le missioni proposte, non prima però di aver dedicato un bel po’ di tempo alla personalizzazione del nostro personaggio. Le possibilità offerte dall’editor di creazione sono tantissime, abbastanza per poter dare vita a protagonisti ben delineati e dall’impronta unica.
Si parte dai sostanziali parametri fisici (sesso, capigliatura, forma del viso ecc…) fino ad arrivare a mettere mano a tutta un’altra serie di piccoli dettagli riguardanti il colore della pelle, la lunghezza delle sopracciglia, l’ampiezza delle narici e tanto altro.
Non è un caso, infatti, che uno degli elementi cardine della nuova produzione di Tsukuda sia proprio la profonda ed ampia customizzazione.
E ciò lo si intuisce anche solo dando una rapida occhiata al nostro Arsenal (il Mecha che andremo a pilotare). È solo dopo aver preso le redini del nostro alter ego robotico, infatti, che potremo realmente sbizzarrirci, modificandolo e ricostruendolo in ogni sua parte. Soddisfacendo determinati requisiti, il robot potrà essere interamente personalizzato sia nell’aspetto che nell’equipaggiamento, potendo contare su innumerevoli tipologie diverse di verniciature, corazze, armi ed attrezzature aggiuntive di vario tipo.

Accedendo all’hangar, l’hub centrale di gioco, avremo accesso al pannello di comando su cui sono presenti le missioni disponibili e a tutta un’altra serie di elementi extra, tra cui anche la possibilità di accedere ad una modalità multiplayer co-op online e locale fino a 4 giocatori.

 

 

Le missioni si dividono principalmente in due tipologie: le missioni proposte (ossia quelle principali) e le missioni libere. Queste ultime in particolare dispongono di un periodo e di un numero di partecipanti limitato e di obiettivi aggiuntivi (inclusi sfide a tempo, incarichi ecc…) che non solo arricchiscono il ventaglio della proposta ludica ma incrementano in maniera considerevole la longevità complessiva.

 

 

 

Proiettili e Spade Laser

Rispetto ad Armored Core, gli scontri si configurano come molto più frenetici, punitivi ed appaganti, ma in grado comunque di andare incontro alle esigenze dei neofiti del genere.

Per quanto concerne invece l’armamentario, il nostro Mech avrà a disposizione quattro armi primarie personalizzabili, oltre a tutta una serie di armi aggiuntive, che possono essere attivate e cambiate nel bel mezzo dell’azione, strumenti di supporto per le spalle del Mecha e un’ampia scelta di partner per l’assemblamento del party. Rispetto ad Armored Core, gli scontri si configurano come molto più frenetici, punitivi ed appaganti, ma in grado comunque di andare incontro alle esigenze dei neofiti del genere. Complice senza dubbio la scelta di puntare su un sistema di mira parzialmente guidato, che permette al giocatore di mirare automaticamente il suo bersaglio quando esso si trova sotto tiro. Se ciò non dovesse risultare sufficiente a rendere gli scontri un po’ meno complessi da gestire, c’è sempre la possibilità di equipaggiare delle armi e dei processori che includono un sistema di mira automatica con il quale è praticamente impossibile non mettere a segno i propri colpi. Improntato principalmente sulla velocità d’azione e sulla gestione delle risorse, il sistema di combattimento di Daemon X Machina è profondo e variegato quanto basta da permetterci di scegliere fra svariati stili di combattimento e configurazioni per il nostro Arsenal.

 

 

Veder sfrecciare il nostro esoscheletro meccanico tra di fasci di luce e scontri coreografici, a colpi di spade laser e proiettili, dimostra quanto il team abbia puntato sulla spettacolarità d’azione per rendere le battaglie ancor più coinvolgenti e caotiche. Il tutto è ovviamente incentrato sul mantenimento delle risorse, a partire dai proiettili fino ad arrivare al Femto, una misteriosa risorsa energetica.

Il Femto consente essenzialmente non solo di attivare delle abilità speciali (come ad esempio la funzione di sdoppiamento per confondere i nemici) ma anche tre armamenti ben distinti: Assalto, Ala e Scudo che permettono rispettivamente di aumentare il danno delle armi, la mobilità e la difesa.

Un ulteriore aspetto da citare è la possibilità di scendere dal proprio Arsenal nel bel mezzo degli scontri per combattere in modalità Outer, ossia senza la propria corazza ed in forma umana, usufruendo solo di granate e del supporto di una particolare arma da fuoco. Sebbene sulla carta possa apparire come un espediente alquanto interessante, a conti fatti l’introduzione di tale modalità si rivela essere una trovata esclusivamente accessoria e poco funzionale, capace di dare vita a scontri sbilanciati e sfortunatamente proposta con poco approfondimento da parte del team di sviluppo.

La campagna in single player di Daemon X Machina è composta da un’innumerevole quantità di missioni.

La campagna in single player di Daemon X Machina è composta da un’innumerevole quantità di missioni (all’incirca più di 50). Il che significa che per completarla potrebbero volerci più di 30 ore, a seconda ovviamente delle nostre capacità e della tendenza a cimentarci anche nelle missioni libere. A conti fatti, però, il titolo di Marvelous offre davvero molto in termini di longevità non solo per la quantità enorme di armi ed equipaggiamenti da collezionare, ma soprattutto per l’elevato livello di sfida proposto, che si esplicita maggiormente durante le boss fight. Queste, consistenti per quantità e varietà, puntano principalmente ad enfatizzare la componente strategica, trasportando così il giocatore all’interno di battaglie a dir poco sempre intense e stimolanti.

Al completamento di ogni missione, riceveremo dei crediti e delle ricompense, che vanno dalle decalcomanie fino ad arrivare a nuovi pezzi di equipaggiamento. I crediti acquisiti in battaglia possono essere spesi per personalizzare il Mech o per potenziare le abilità dell’Outer. Accedendo, infatti, al laboratorio presente all’interno del hub potremo modificare chirurgicamente il nostro personaggio per incrementare la mobilità e la potenza dei danni inflitti o, in alternativa, decidere di spenderli presso la fabbrica, in cui è sviluppare un nuovo equipaggiamento sfruttando le componenti raccolte in battaglia.

 

 

Questione di stile

Giocare a Daemon X Machina è come vedere le pagine di un manga improvvisamente animarsi.

Uno degli aspetti più interessanti ed affascinanti legati a questa nuova produzione di Tsukuda riguarda sicuramente l’aspetto stilistico. Giocare a Daemon X Machina è come vedere le pagine di un manga improvvisamente animarsi. Yusuke Kozaki, celebre character designer di titoli come No More Heroes e Fire Emblem Fates, ha scelto di optare per un cel shading lievemente marcato e per una palette cromatica che predilige colori più accesi e aggressivi, a differenza dei toni cupi e polverosi scelti per la serie di riferimento Armored Core. Una precisa scelta stilistica adoperata per tentare di replicare il tratto più esuberante presente negli anime dei primi anni ’80/90. Non è un caso, infatti, che il team abbia coinvolto nel progetto anche Shoji Kawamori, una sorta di leggenda tra gli appassionati del genere nonché mente creativa che ha dato vita agli iconici variable fighter trasformabili della serie nipponica Macross (1982). Il design dei Mech presenti in Daemon X Machina, infatti, è caratterizzato in ogni sua parte in maniera impeccabile e quasi maniacale: dotato di accessori e numerose bocche di fuoco, il robot viene rappresentato da linee leggermente più morbide per assumere un aspetto più sinuoso e mai eccessivamente scolpito e pesante nella forma. L’idea appunto doveva essere quella di dare vita più ad una corazza che fungesse da involucro per il protagonista che ad un robot vero e proprio. A fare da sfondo poi alle incredibili e spettacolari evoluzioni in game, è l’ispirata colonna sonora. I brani scelti abbracciano uno stile marcatamente rock con note che enfatizzano il ritmo dell’azione e gli effetti sonori dei colpi messi a segno.

 

 

 

Sul fronte prettamente tecnico, Daemon X Machina soffre di tutta una serie di magagne. Dopo il rilascio di alcuni video di gameplay che penalizzavano sensibilmente la fluidità di gioco, il team si era immediatamente prodigato per porre rimedio al problema. La versione di gioco definitiva giunta nelle nostre mani dimostra in effetti quanto il team abbia fatto tesoro dei feedback ricevuti, rendendo il tutto decisamente più stabile rispetto al passato, non senza rinunciare a qualche limitazione in termini grafici. Purtroppo tali migliorie, però, non sono bastate per raggiungere una piena solidità: il titolo infatti soffre ancora di cali di frame rate piuttosto aggressivi, riscontrabili soprattutto durante le boss fight e quando sono presenti più elementi a schermo. Il titolo, in situazioni favorevoli, gira ad una velocità di 30 fps, sia in modalità portatile che in dock, per raggiungere repentinamente dei picchi di diminuzione nelle fasi sopra citate, che inevitabilmente vanno a minare un’esperienza di gioco che punta in gran parte sulla reattività e sulla velocità del movimento.

Al netto degli evidenti limiti grafici e tecnici e di qualche espediente non proprio convincente, il gioco risulta comunque essere estremamente appagante e divertente sotto svariati punti di vista.

In linea definitiva, Daemon X Machina si presenta come un titolo che amplia profondamente lo spettro dell’offerta ludica proposta da Armored Core, risultando così accessibile e piacevole anche ai non avvezzi al genere. Una produzione dal taglio deciso e particolare che saprà sicuramente incuriosire ed entusiasmare tutti possessori di Nintendo Switch.

 

 

78
ME GUSTA
  • Scontri frenetici e divertenti
  • Elevato livello di personalizzazione
  • Lo splendido design dei Mecha di Shoji Kawamori
  • Il gameplay acquisisce profondità missione dopo missione
FAIL
  • Frame rate sensibilmente instabile
  • Graficamente poco rifinito
  • La modalità Outer risulta poco approfondita
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