American Vandal: re del binge watching

27 macchine del parcheggio insegnanti recano 27 peni rossi fatti con vernice a spray: Dylan Maxwell (Jimmy Tatro), un diplomando conosciuto per i suoi pranks seriali, è l’unico sospettato.

Un canale youtube raccoglie persino gli scherzi più elaborati, gestito insieme a un gruppo di amici. Insomma la vita di questo American Vandal medio gira intorno alle bravate e perciò vanta un curriculum che lo marchia agli occhi di insegnanti e compagni, e lo fa additare come responsabile dell’atto vandalico pari a centomila dollari di danno.

Solo Peter Maldonado (Tyler Alvarez) e Sam Ecklund (Griffin Gluck) credono si debba fare luce su un fatto a loro avviso controverso, dove il corpo insegnanti, gli amici, i genitori, gli studenti, il passato, niente e nessuno escluso, saranno materia e bersaglio del documentario di inchiesta amatoriale.

Non voglio dilungarmi nel merito della trama, una frizzante e coinvolgente opera di suspence distribuita onestamente su 8 episodi, con tanto di recap che invita a partecipare attivamente alla soluzione dell’enigma senza perdere alcun pezzo. Intendo invece raccontarvi il mio approccio volgare alla serie,  aprendo poi una polemica gratuita sulla sua categorizzazione.

In un articolo nostrano, recuperabile qui, vengono riportate le classifiche redatte da Netflix sulle serie più viste. American Vandal risulta lo show più divorato in Italia.

Insomma dati alla mano pare che sia stato il più assuefante, vero cibo per la mente, cibo, quindi, che nutre senza saziare mai.

Nel novero delle altre produzioni citate mi ha incuriosito. Lo avevo notato più volte nella home di Netflix, ma con pregiudizio (tema portante della serie e nemico principale da annichilire) ero finito con l’optare ogni volta per facili ‘one film stand’. La breve descrizione offerta dal sito era diretta e impegnativa. Recitava:

Verità. Giustizia. Pene. Un giovane cerca la nuda verità in un parcheggio scolastico imbrattato con disegni di falli.

Pensavo trattasse di una persona col disturbo ossessivo-compulsivo del ritrarre simboli fallici.

Era già accaduto in Superbad a Jonah Hill, in chiave demenziale o comico-drammatica che fosse, ma in questo caso il tono era tutto l’opposto, e non mi suonava.

Mi ripeto ora: ogni capolavoro a suo tempo (e visione). Infatti dopo una scorsa all’articolo linkato e una rapida visita su Rotten, sulla forza dell’esperienza mi sono dovuto ricredere. Se qualcuno mi dicesse di buttarmi dal ponte, senza ulteriori dettagli, è sicuro che non lo farei. Le stesse statistiche di Netflix di per sé le prenderei con le pinze, e non solo per innata quanto egocentrica voglia di essere anticonformista.

Mi sono buttato dal ponte, e mi sono fatto un binge jumping coi fiocchi

Il fatto è che l’anzianità della relazione intrattenuta col noto aggregatore di recensioni è più attendibile della storiella di un anno o poco più che ho con Netflix. E Rotten Tomatoes non mente mai, diversamente dai campioni di alibi e asimmetria o parzialità informativa che animano American Vandal. Al limite esagera di tanto in tanto (come parecchi personaggi della serie). Stadifatto che mi sono buttato dal ponte, e mi sono fatto un binge jumping coi fiocchi.

 

 

American Vandal è descritto come un mockumentary su varie piattaforme, Wikipedia in primis, e probabilmente gli stessi autori, Dan Perrault e Tony Yacenda, lo presentano con quella etichetta. Anche Project X era su quell’onda. Se però dovessi tirare fuori gioiellini indigesti e incompresi come I’m still here, con Joaquin Phoenix, il concetto va ripensato.

Il falso documentario, o in inglese mockumentary (parola macedonia formata dai termini mock, “fare il verso” e documentary, documentario[1]), è un genere cinematografico e televisivo nel quale eventi fittizi e di fantasia sono presentati come reali attraverso l’artificio del linguaggio documentaristico.  (Wikipedia)

 

Un film in stile finto documentario prodotto di sana pianta è un conto.

Le cose cambiano se un finto documentario utilizza found footage tratti dal mondo reale.

Le cose cambiano se un film in stile finto documentario come quello di Casey Affleck utilizza found footage tratti dal mondo reale, in un’atmosfera dove in principio i media si fecero raggirare, coinvolti a loro insaputa in un progetto di mockumentary.

L’apparizione di Joaquin da Letterman, un grande mattatore suo malgrado, racchiude una ambiguità e una genesi con cui American Vandal non ha nulla da spartire.

 

 

Abbiamo comunque a che fare con un prodotto superiore alla media, dove ad esempio l’utilizzo di falsi foundfootage è efficace e funzionale, non un pretesto per essere cool. Sono anzi gli stessi documentaristi a farne un incredibile uso investigativo.

Si potrebbe parlare di  meta-mockumentary.

Si potrebbe parlare allora di meta-mockumentary, ma non avrebbe senso perché nella cornice del film i personaggi e le vicende accadono ‘davvero’, e il documentario inquirente sulla presunta colpevolezza di Dylan è un prodotto concreto. E’ invece la confezione del film, visto attraverso stralci di quello che è effettivamente il girato dei ragazzi e dei loro fuori scena o extra, a complicare il lato tecnico-concettuale dell’intera faccenda.

La confezione del film complica il lato tecnico-concettuale dell’intera faccenda

Altro elemento a fare da collante della sceneggiatura è infatti la voce narrante dell’ideatore del documentario, Peter, durante inquadrature fisse chiaramente non riprese da lui o dall’amico collaboratore Sam o da terzi. Ergo American Vandal non è un mockumentary né parla di qualcuno che ne crea uno.

Ergo American Vandal non è un mockumentary.

Piuttosto, nelle intenzioni dei creatori, dovrebbe corrispondere a una parodia del giornalismo investigativo (su crimini reali) come Serial.

La mia opinione è che si tratti ‘soltanto’ di una grandissima serie tv, spesso divertente, che inscena l’indomita passione per una giustizia sociale, prima che penale, e che delinea lo stato di crisi identitaria non di una parte dei giovani contemporanei, costretti ad affacciarsi all’età adulta come prodotti finiti della società, ma delle istituzioni e del senso comune.

American Vandal è ora disponibile su Netflix.

Damsel, la recensione: una damigella in difficoltà
Damsel, la recensione: una damigella in difficoltà
Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice - Ecco il teaser ufficiale
Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice - Ecco il teaser ufficiale
Rebel Moon, perché è lo Star Wars di Zack Snyder
Rebel Moon, perché è lo Star Wars di Zack Snyder
Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco, la recensione: una nuova scommessa
Rebel Moon - Parte 1: figlia del fuoco, la recensione: una nuova scommessa
Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F, nuovo teaser trailer per il ritorno di Alex Foley
Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F, nuovo teaser trailer per il ritorno di Alex Foley
Napoleon, la recensione: Brutto, sporco e cattivo
Napoleon, la recensione: Brutto, sporco e cattivo
Napoleon: nuovo trailer ufficiale per il film con Joaquin Phoenix
Napoleon: nuovo trailer ufficiale per il film con Joaquin Phoenix