The Circle: tra distopia sociale e l’ossessione della condivisione

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Arriva nelle sale il thriller distopico The Circle di James Ponsoldt, tratto dall’omonimo bestseller di Dave Eggers, con Emma Watson, Tom Hanks, John Boyega e Karen Gillan. Una storia che racconta una pericolosa evoluzione della tecnologia che fa riflettere lo spettatore sul concetto stesso privacy sui social media.

Nel 2013 Dave Eggers tornava in libreria con The Circle, labirintico thriller fantascientifico dove al centro della storia c’è la più grande compagnia al mondo tecnologia, appunto “Il Cerchio”.

The Circle è un incrocio tra Facebook, Google e Apple. Non solo prodotti più all’avanguardia, ma anche un social network, TruYou, che unisce sotto di sé tutte le funzioni di tutti gli altri social network.

Un solo account, una sola identità, una sola password, un solo sistema di pagamento per ogni singola persona. Un solo pulsante per gestire la propria vita attraverso un unico sistema.

 

La fregatura? Apparentemente nessuna. Tutto ciò che chiede TruYou, e quindi The Circle, è la vera identità dell’utente, potendo così contare su un’immensa banca di dati reali.

The Circle utilizza tutte queste informazioni per migliorare la vita del singolo all’interno della comunità. Una comunità in continuo contatto e collegamento, che apprende e insegna, ventiquattro ore su ventiquattro, nella massima trasparenza.

 

 

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Conoscere è bene, ma conoscere tutto è meglio!

 

Qual è lo scopo di The Circle?

Qual è lo scopo di The Circle? Abbattere totalmente il concetto di privacy, considerato una forma di ignoranza e di egoismo, come se si volesse privare la comunità di momenti importanti, immagini magnifiche, che rimangono unicamente impresse nella memoria di chi le vive,  e rendere tutto il mondo partecipe della vita degli altri.

Questo deve valere per tutti: dalle più alte cariche istituzionali fino ad arrivare nei luoghi più degradati del mondo, permettendo così un drastico abbattimento della criminalità.

Letta in questo modo The Circle appare, immediatamente, a metà tra il un fine positivo e uno negativo. Il solo concetto di essere guardati, proprio come il Grande Fratello di Orwell, ventiquattro ore su ventiquattro, turba non poco. Eppure il film di James Ponsoldt, così come il libro di Eggers, si basa su una dicotomia molto particolare che interessa assolutamente la società odierna.

Se da un lato siamo terrorizzati dall’ipotesi che qualcuno possa osservarci continuamente, dall’altra non possiamo fare a meno di condividere costantemente tutto ciò che facciamo ogni giorno.

Una foto, un video, uno stato. Localizzazione accesa e tutti sanno cosa facciamo e dove lo facciamo. Tutto ciò rimane impresso nei database di Google, Facebook, Apple o qualsiasi altro servizio stiamo usando in quel momento.

La visione di questo mondo ci viene data attraverso gli occhi di Mae (Emma Watson), una giovanissima nuova leva di The Circle, stregata dallo spirito di comunione creato dall’azienda e smaniosa di fare carriera il più presto possibile .

 

 

The Circle

 

 

Mae, infatti, è audace e intraprendente e riesce a cogliere, tra un misto di innocenza e malizia, l’immenso potenziale di The Circle, a tal punto da voler diventare un ingranaggio portante.

Infatti, a seguito di un incidente Mae si lascia convincere da uno dei fondatori di The Circle, il carismatico Eamon Bailey (Tom Hanks), un incrocio tra lo Steve Jobs della Apple e il Ron Hubbard di Scientology, ad abbracciare totalmente la trasparenza.

Il film di James Ponsoldt, scritto assieme allo stesso Dave Eggers, mantiene un’impronta di fedeltà al libro, sia nella struttura che nella storia principale.

 

La prima parte è dominata dalla scoperta di The Circle: l’obiettivo è affascinare lo spettatore verso un’azienda che sembra essere la svolta verso il futuro.

Attraverso gli occhi di Mae siamo partecipi dell’evoluzione di The Circle, a volte interrogandoci insieme alla protagonista sui lati positivi e negativi dell’azienda. Si viene stregati dalla parlantina di Bailey che funge proprio da santone falsamente modesto e alla mano, con il suo lupetto e tazza fumante brandizzata, che apre gli occhi verso un mondo più sereno, un mondo alla portata di tutti perché trasparente.

Questa prima parte è sicuramente quella più densa e ricca di dettagli: risulta inoltre più dilatata rispetto alla seconda parte.

Questa prima parte è sicuramente quella più densa e ricca di dettagli: risulta inoltre più dilatata rispetto alla seconda parte. Siamo nel lato più futuristico della pellicola e dove apprendiamo le funzioni di The Circle assieme alla protagonista ma, al tempo stesso, siamo partecipi anche della vita privata di Mae, divisa tra famiglia, passioni e un intrigante uomo misterioso conosciuto proprio all’interno del campus aziendale.

 

 

The Circle

 

Un momento di lungo respiro, in cui a volte si viene troppo nutriti di informazioni, non sempre utili, a discapito di altri elementi molto più interessanti che arriveranno nella seconda parte e che venivano evidenziati, in modo inevitabilmente più preciso, all’interno del libro.

La prima parte di The Circle risente di quelli che sono i sacrifici da fare quando si tratta di trasposizioni letterarie.

La prima parte di The Circle risente di quelli che sono i sacrifici da fare quando si tratta di trasposizioni letterarie, senza però mai far scivolare davvero lo spettatore nella noia, ma dandogli sempre un valido motivo per andare avanti.

 

 

Nella seconda parte del film, si entra nel meccanismo più contorto di The Circle, nella sua parte più marcia, ma senza dare quell’impressione catastrofica e negativa, ai limiti dell’orrore, come avviene per esempio nell’immaginario di Charlie Brooke con il suo Black Mirror.

The Circle è molto più sottile, e forse per questo anche più spaventoso. La sua visione, basata su un meccanismo fantasioso che però attinge dal presente più di quanto ci si possa rendere conto ad un primo sguardo, è estremamente oggettiva.

La realtà viene riportata per come è davvero, senza passare da una visione più pessimista inventata dall’autore o  dal regista.

 

L’unico filtro, in questo del film, è quello della macchina da presa, che indubbiamente ha il suo peso, ma esattamente come il libro, più che raccontare una storia, The Circle conduce per mano lo spettatore verso una riflessione che si fa ancora più prepotente e disturbante nell’emblematico finale della pellicola.

Una seconda parte molto più dinamica, mai confusionaria, ma che trasmette una sensazione di velocità irreversibile. Lo scorrere del tempo, quello del progresso, che ci travolge senza che ci possiamo rendere conto di quanto, nel lasso di pochi anni, ciò che prima sembrava impossibile adesso sia diventato l’ordine del giorno.

 

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E la velocità di The Circle ingoia tutto quello che ha intorno a sé, senza dare una vera opportunità di scelta ai suoi utenti, ma indottrinandoli verso la propria filosofia di pensiero.

 

In questa seconda parte si assiste al vero cambiamento della protagonista. Una presa di coscienza molto particolare, con dei risvolti che lasciano lo spettatore interdetto, conducendolo verso una chiusura a un primo sguardo poco soddisfacente, ma che rientra perfettamente nel concetto circolare dell’azienda stessa.

 

The Circle diventa un labirinto non solo per i personaggi che ci sono in gioco, ma anche per lo spettatore.

The Circle diventa un labirinto non solo per i personaggi che ci sono in gioco, ma anche per lo spettatore. Un’effimera perfezione in cui si perde totalmente il contatto con il reale, il concreto, finendo per diventare degli ingranaggi di un meccanismo molto più grande.

Sicuramente il film fa leva su una struttura a doppio taglio: affascinante e che sprona lo spettatore verso una riflessione che vada ben oltre l’immagine visiva; allo stesso tempo, la storia è talmente complessa, nonostante le semplificazioni visive adottate dal regista, da restare ingabbiata nella sua stessa struttura.

 

 

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Ponsoldt è un autore capace di sapere trasportare perfettamente le parole, i dialoghi, in immagini, riuscendo a condurre gli spettatori all’interno delle emozioni dei personaggi.

The Circle per James Ponsoldt, regista del piccolo capolavoro The End of the Tour, non era una sfida facile. Eppure, Ponsoldt è un autore capace di sapere trasportare perfettamente le parole, i dialoghi, in immagini, riuscendo a condurre gli spettatori all’interno delle emozioni dei personaggi.

E in questo una grandissima spinta viene proprio dagli attori, prima tra tutti Emma Watson che riesce a liberarsi della mono espressione onnipresente all’interno de La Bella e La Bestia. Rispetto alla Mae del libro, quella della Watson è molto più caparbia, riflessiva. Una persona capace di giudicare con la propria testa e compiere determinate scelta, senza farsi mai influenzare, anche quando possiamo pensare il contrario.

Un’interpretazione molto sciolta e naturale, che va incontro allo spirito coraggioso e intraprendente del personaggio, trascinando il film soprattutto sulle proprie spalle, sebbene l’attrice risulti, come sempre, terribilmente forzata nelle scene di maggior phatos, soprattutto quando si tratta di sofferenza e dolore.

 

The Circle

 

Grande interpretazione, nonostante le poche scene a disposizione, anche quella di Tom Hanks nei panni del carismatico Bailey. Un vero e proprio predicatore del “progresso” che sa come accattivarsi il proprio pubblico, rendendo ancora più brillante e rivoluzionaria l’opera di The Circle. Un personaggio che dal libro al film sembra essere stato ritagliato sulla pelle dell’attore, nonostante un po’ di scene sacrificate.

E parlando di sacrifici, l’attore/personaggio a rimanere più scottato è quello di John Boyega. Per questioni di tempo, o altre scelte di adattamento a noi sconosciute, il suo personaggio è la somma di due diversi personaggi presenti nel libro, uno dei quali di fondamentale importanza per la storia.

Purtroppo il risultato riduce il suo ruolo ad una mera parte di funzione, perdendo tutto il fascino, mistero e importanza che questo personaggio ha nel libro. Non solo è sacrificato il personaggio, ma anche l’attore sembra essere tremendamente stretto all’interno di una parte che non riesce a trovare un ampio respiro, restando castrata e sofferta.

 

 

The Circle

 

 

Pur non arrivando al coinvolgimento del libro, il The Circle di James Ponsoldt resta un buon film nel genere sulle distopie tecnologiche. Senza aspirare ad una storia vera, ma strizzando appena l’occhio, esattamente come il libro, a classici del genere da Gattaca a The Social Network, è una pellicola che vuole portare lo spettatore verso una riflessione sulla condizione tecnologica attuale.

Un film che si spinge oltre il semplice concetto di privacy e attraverso i personaggi scava in quella che è ormai una vera e propria ossessione: la condivisione.

Il futuro brillante della prima parte di The Circle diventa un terribile involucro di schermi.

Una realtà che è un enorme reality show, in onda ogni giorno, no stop, dove i partecipanti dono gli spettatori stessi. Una realtà, che senza urlare all’allarmismo o ai toni più dark di prodotti come il già citato Black Mirror, raffigurano perfettamente il presente in cui viviamo.

Un meccanismo circolare senza via d’uscita. Un labirinto a forma di cerchio, dove vince il più smart invece del più forte.

 

The Circle sarà nelle nostre sale dal 27 Aprile.

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