Il Condensato di Bose-Einstein e il superfotone


Una rappresentazione del Condensato di Bose-Einstein

Evento non propriamente recente ma non ancora trattato qui. Di recente presso l’Università di Bonn quattro ricercatori ( Jan Klars, Julian Schmitt, Frank Vewingler, Martin Weitz) sono riusciti ad effettuare un esperimento (con esito positivo) sulla ricreazione in laboratorio del Condensato di Bose-Einstein. Questo esperimento potrebbe portare alla costruzione di nuovi tipi di laser a luce fredda, enormemente più precisi di quelli attuali.

Da tempo stavano provando a sintetizzare questa nuova forma di luce fredda, tramite il raffreddamento di atomi di rubidio a bassissime temperature. Ma questo tipo di luce è impossibile da ottenere con dei fotoni, che infatti al diminuire della temperatura scompaiono progressivamente. Ma come ci sono riusciti? Tramite l’utilizzo di un “corpo nero” (che altro non è che la massa di rubidio) sono riusciti a definire prima di tutto la temperatura del colore: infatti questa massa sperimentale se scaldata agli stessi gradi K della temperatura che si desidera ottenere, rilascia fotoni dello spettro desiderato. Il problema però che al raffreddarsi del “corpo nero” i fotoni scomparivano, lasciando il posto, man mano che si tornava a temperatura ambiente, a semplice radiazioni infrarossi (IR). Quindi la quantità di fotoni necessari per comporre il Condensato di Bose-Einstein non era facilmente raggiungibile. Qui l’idea dell’abile espediente. I ricercatori hanno posizionato 2 specchi ad altissimo potere riflettente, tra i quali hanno fatto riflettere un fascio di luce. Tra questi 2 specchi sono state disciolte molecole di un pigmento, in modo che una volta scaldato il “corpo nero” alla temperatura desiderata, i fotoni sprigionati collidessero con le molecole di pigmento disciolte tra 2 specchi. Queste molecole, una volta colpite, assorbivano la temperatura del fotone, e successivamente reimmettevano all’esterno il fascio di luce del fotone. Questo ha permesso ai fotoni di raffreddarsi alla temperatura desiderata senza disperdersi e scomparire. Tramite l’utilizzo di un laser si è aumentata la quantità di fotoni presenti sollecitando il pigmento e una volta arrivati a raffreddarli al punto desiderato tanto dal poterli condensare un unico “superfotone”, questa nuova forma di luce ad onde corte e leggere.

Ma ora, a parte l’innegabile soddisfazione di aver generato da zero stati della materia fino ad oggi solo teorizzati, come può essere impiegata questa nuova forma di luce fredda? Presto detto: per la prossima generazione di laser, che saranno quindi ad onde corte, come fossero laser ad UV o a raggi X. Grazie a questi laser basati sul Condensato di Bose-Einstein avremo un’estrema precisione attualmente non raggiungibile con nessun laser, questo grazie sempre alla natura della nuova forma di luce originata dal super fotone: la forma delle onde, che sono appunto corte e leggere, aprirebbe la porta ad nuova generazione di processi produttivi che spaziano dalla produzione di CPU (campo dove la precisione dei laser è FONDAMENTALE) fino alla produzione di nuovi pannelli fotovoltaici in grado di trattenere diverse lunghezze d’onda attualmente non sfruttabili. Per le CPU in particolare sembra che questa tecnologia possa portare un salto generazionale notevole, permettendo la scrittura molto più precisa in uno spazio molto più denso di informazioni.

Fonti 1 | 2

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