Aquaman è stato il miglior incasso dell’ormai defunto (senza nessun rammarico) DC Extended Universe. Uscì nel 2019 (da noi il primo giorno dell’anno) e incasso più di un miliardo di dollari segnando un evento epocale per la Warner Bros. Pictures versione cinecomics anche grazie al raggiungimento di un paio di record. Non ci fu neanche bisogno di parlare di un sequel, tant’è la cosa che fece notizia e destò le curiosità maggiori fu l’annuncio di uno spinoff incentrato su Black Manta. Sembrava il film della risalita, almeno dal punto di vista dei numeri, perché messi da parte i dati la pellicola diretta da James Wan presentava comunque i soliti problemi, sfumati da un immaginario più interessante e un protagonista più centrato. Però sono i numeri che contano in questo tipo di operazioni, lo sappiamo e andiamo avanti.

Da lì è cambiato tutto e infatti nella recensione di Aquaman e il regno perduto, disponibile nelle nostre sale dal 20 dicembre 2023 distribuito da Warner Bros., vi parliamo di una pellicola appartenente ad un universo che non esiste più, anzi, un universo scalzato da un altro che gli spettatori di tutto il mondo non vedono l’ora di poter vedere, soprattutto perché arriverà in un momento storico in cui le azioni dei film con i supereroi sono fortemente in ribasso.

Aquaman è stato il miglior incasso dell’ormai defunto (senza nessun rammarico) DC Extended Universe.

Una pellicola sempre diretta da Wan, sempre con Jason Momoa protagonista, sempre coadiuvato da Patrick Wilson, Yahya Abdul-Mateen II, Amber Heard, Nicole Kidman, Dolph Lundgren e Temuera Morrison. In più c’è Randall Park. Una pellicola senza première (non so se esista un precedente dello studio in questione) semplicemente perché non rappresenta più nulla nel 2023, neanche un commiato degno del suo nome di un universo cinematografico praticamente rinnegato da chi lo ha creato e non ha avuto le capacità di renderlo grande.

Aquaman e il regno perduto ne è consapevole e prova anche a giocare con questa sua natura, motivo per il quale è anche difficile remargli del tutto contro, nonostante abbia una marea di criticità, che sono maggiori rispetti al film di cui è seguito, il film che è stato il miglior incasso nella storia del DCEU.

Famiglie allargate

Aquaman e il regno perduto inizia e finisce con due discorsi gemelli, ma che hanno un significato praticamente opposto, testimone delle due anime della pellicola. Proviamo a spiegare un attimo.

Il primo suona molto come quelli dello Spider-Man di Sam Raimi (soprattutto di quella meraviglia che era il secondo capitolo) e il suo senso è quello di raccordare, tirare le fila, fare il punto sul passato e imbastire subito il tema portante della pellicola: “hey, parliamo di famiglia qui.”, famiglia di Aquaman, famiglia del mare, famiglia del mondo, famiglia DC. Infatti la storia è quella del nostro eroe, Arhur (Momoa), che si ritrova a vivere a metà tra due mondi, essendo sia Re di Atlantide sia papà di una creaturina adorabile già con i poteri del babbo, che cresce felice e contenta a casa del nonno. La prima cosa gli sta stretta, dato che è costantemente messo sotto scacco dalle logiche della politica, ma è costretto a rimanere sul trono per difendere l’umanità. Insomma, tenere le famiglie unite.

Aquaman e il regno perduto inizia e finisce con due discorsi gemelli, ma che hanno un significato praticamente opposto, testimone delle due anime della pellicola.

Aquaman e il regno perduto

Il cattivo è Mantis (Abdul-Mateen II), che una famiglia non ce l’ha più e quindi ha deciso di rovinare quella di Aquaman non solo uccidendo lui, ma, grazie alla riesumazione di un tridente maledetto che porta con sé la volontà del re del Regno Perduto (un altro escluso quando si tratta di focolari domestici) di distruggere il mondo, ovvero la famiglia allargata. Per farlo deve surriscaldare la Terra, ma questa cosa serve per un altro tema fondamentale. 

Per sventare la minaccia il nostro dovrà fare la pace con il fratellino Orm (Wilson), l’uomo che ha dovuto sconfiggere e poi fatto incarcerare nel capitolo precedente. Quindi parliamo di ricostituzione della famiglia. Insomma siamo in linea con la tematica del film, che poi è anche quella dei cinecomics in senso assoluto.

Passiamo al secondo discorso. Il secondo discorso è di addio. Non è più inteso in termini di ricostruzione di una storia o di un immaginario per il pubblico, ma una ironica e strafottente presa di coscienza (anche un po’ amara visto l’ammiccamento finale) di una storia appartenente ad un mondo che poteva essere idilliaco e invece, semplicemente, non esiste più.

Il triste addio del DCEU

Ora, il problema non è neanche come Aquaman e il regno perduto è stato pensato (o ripensato in corso d’opera), quanto il fatto che sembra la pellicola sia stata mollata anche da chi doveva darle una dignità fino alla fine. Da due delle sue colonne portanti, che sono Momoa e Wan, visto che l’attore è probabilmente l’interprete e il personaggio più dimenticabile della pellicola, mentre il regista si è reso protagonista di una delle sue direzioni più fiacche, purtroppo anche in termini di soluzioni visive.

L’idea dello schema è quella di una spy story alla Mission: Impossibile di seconda generazione, in cui la trama si sposta in giro per il mondo, cercando di sfruttare le location per una concezione cinematografica che permetta di avere sia una valenza semantica sia una valenza intrattenente. Cosa che qui non avviene e non per il copia e incolla che la pellicola fa altri immaginari (tra l’altro non nascondendosi mai), ma per il piattume delle soluzioni che mette in piedi.

Aquaman e il regno perduto

Ora, il problema non è neanche come Aquaman e il regno perduto è stato pensato (o ripensato in corso d’opera), quanto il fatto che sembra la pellicola sia stata mollata anche da chi doveva darle una dignità fino alla fine.

L’idea di trasformare il film in un buddy movie tiene in piedi la baracca perché permette al film di entrare nell’ottica del precedente, ovvero quella di non prendersi sul serio. Spostare il focus con una consapevolezza che premia sempre perché permette allo spettatore di orientarsi all’interno del film. Fai una promessa e la mantieni fino alle estreme conseguenze, cercando di spostare l’attenzione da una direzione esecrabile nei dialoghi e impalpabile nelle scene d’azione, dai dialoghi mai credibili o dalle scenografie posticce.

Aquaman e il regno perduto è la triste fine del DCEU, che gioca con il punk per fregarsene del suo destino e per prendere un po’ in giro anche i rivali di turno, che però cerca di fare il suo compito fino alla fine, facendo leva sul classico e cercando di portare alle estreme conseguenze anche un discorso collegato con la contemporaneità.

Aquaman e il regno perduto è disponibile nelle nostre sale dal 20 dicembre 2023 con Warner Bros.

55
Aquaman e il regno perduto
Recensione di Jacopo Fioretti

Aquaman e il regno perduto è la pellicola del più grande incasso della storia del DCEU, sempre con Jason Momoa come protagonista e sempre diretta da James Wan. Nonostante ciò il titolo è il triste commiato di universo narrativo già morto e sepolto, destino che accusa e da cui cerca di difendersi provando ad imbastire una storia che guarda al classico macrotema dei cinecomics (storie di famiglia), ma parlando al contemporaneo attraverso il tema ecologico. I deficit sono però evidenti dal punto di vista registico, di scrittura, di interpretazione e di creatività scenografica, ciò non permette al film di meritarsi una sufficienza che la consapevolezza con cui si muove, unita alla natura sfigata che l'ha avvolta fin dall'inizio, gli avrebbe fatto meritare.

ME GUSTA
  • La consapevolezza con la quale porta avanti il suo compito.
  • La dignità che cerca per sé, nonostante tutto.
FAIL
  • Dialoghi scritti in modo approssimativo.
  • Regia molto pigra, sia nei momenti action che in quelli più drama.
  • Jason Momoa dimenticabile come poche altre volte.
  • La creatività legata all'immaginario è nel complesso molto sciatta.