La recensione di Strange World – un mondo meraviglioso ci porta nel cuore del sessantunesimo Classico Disney, in arrivo al cinema il 23 novembre, per un’avventura verso orizzonti ignoti.
Ritrovarsi a parlare per l’ennesima volta di inclusività quando siamo dinanzi a un film Disney, a un Classico Disney, sta diventando noioso e anche abbastanza ridondante, per questo motivo nell’affrontare la recensione di Strange World – Un mondo misterioso non ci preoccuperemo eccessivamente dell’aspetto del quale l’azienda di Burbank si è fatta promotrice negli ultimi anni. Perché a Hollywood serve indicare una direzione e proprio dagli studi Disney sta arrivando quel dito che punta verso l’orizzonte fatto di inclusione, eguaglianza e di famiglie allargate.
Per questo il primo storico protagonista gay di un Classico non deve sorprenderci, tanto più perché non è utile ai fini della trama, ma lo è per caratterizzare il personaggio di Ethan, ma anche per questo la famiglia composta da Searched e Meridian, il primo di carnagione caucasica e la seconda afroamericana, non deve destare nessun tipo di chiacchiericcio o di borbottio. Strange World, d’altronde, parla d’altro, parla dell’altrove, parla della nostra vita in quanto esseri umani.
L’agricoltura è esplorazione
Jaeger Clade è un esploratore con ha per la sua vita un unico grande scopo: arrivare al di là delle montagne e scoprire cosa si nasconde dietro di esse. Nella sua intrepida avventura porta con sé suo figlio, Searched Clade, un simpatico gioco di parole per dar vita a un esploratore in erba, destinato a ben altri successi in vita. Nel momento in cui, infatti, l’obiettivo sembrerà essere così vicino, il desiderio di volgere il proprio sguardo su altro da parte di Searched dividerà per sempre padre e figlio, facendoci perdere le tracce di Jaeger.
Dall’altro lato, l’eccezionale scoperta del figlio, venticinque anni dopo diventato un ottimo agricoltore e salvatore della sua città grazie alla scoperta del Pando, una pianta in grado di generare energia da usare per alimentare qualsiasi cosa, gli ha permesso di ottenere una statua proprio accanto a quella di suo padre, ma per gesta diverse. Ora, però, dopo tutto questo tempo, quell’energia sta per esaurirsi e a Searched spetterà un’avventura per scovare qual è il problema, proprio come avrebbe voluto suo padre.
Strange World è, degli ultimi Classici Disney, indubbiamente il più maturo per tematiche trattate
Strange World è, degli ultimi Classici Disney, indubbiamente il più maturo per tematiche trattate e il più metaforico proposto dopo quei tentativi poco a fuoco di Raya e la lezione sull’elisione dell’antagonista di Encanto. Il 61esimo Classico di Burbank, infatti, si concentra sul raccontarci la vita di un pianeta, un essere che noi stessi dovremmo essere in grado di definire vivente, del quale dovremmo preoccuparci e col quale dovremmo provare a convivere costantemente.
La lezione e la morale nascosta nel film risiede in molte delle parole di Ethan Clade, il figlio di Searched, adolescente con le gambe molli al pensiero del ragazzo che ama, ma al quale non riesce a confessarsi. L’obiettivo non è mai quello di sconfiggere il nemico, bensì quello di riuscire a sopravvivere all’ecosistema circostante e adattarsi a esso.
Una lezione di vita ad alto ritmo
Strange World si ritrova a essere una lezione di vita che non molla mai il colpo e tiene sempre ben saldo il ritmo, raccontandoci un’avventura alla scoperta di un nuovo mondo, che strizza l’occhio a quei film on the road, con della buona dose sci-fi, ma senza esasperare concetti di esplorazione e di scoperte antropologiche che andrebbero ad appesantire la narrazione. C’è la storia di tre generazioni da raccontare, tre menti diverse che dovranno mettersi dinanzi a una grande scoperta che li attende, con la conseguenza di un’enorme decisione da prendere, un sacrificio al quale saranno chiamati per il bene superiore.
Nella sua costruzione di un mondo già noto, quello di Avalonia che tanto richiama i borghi americani, e di un qualcosa di nuovo, Don Hall, che nel 1999 si era occupato della sceneggiatura di Tarzan, ritrova quel suo primo amore per la scoperta di qualcosa di nuovo, di una civiltà che si alimenta in maniera diversa da quella che conosciamo. Ma c’è anche tanto de I Robinson, altro Classico al quale aveva lavorato nel 2007, sempre nel ruolo di sceneggiatore: quella civiltà tanto evoluta e tanto tecnologicamente avanzata ritorna a mostrarsi nei velivoli e nell’elaborazione del Pando, questa sostanza intorno alla quale tutto gira.
Strange World ha tanto del percorso di carriera affrontato dal regista, che dall’evoluzione tecnologica torna a una dimensione più intima della storia umana
Inutile dire quanto per Hall sia stata importante l’analisi della tecnologia nella sua prima parte di carriera, visto poi anche il lavoro fatto con Big Hero 6, che gli è valso un Premio Oscar. Altrettanto importante, però, è stato il ritorno alla natura, come avvenuto con Oceania, dove aveva collaborato con due mostri sacri della Disney, ossia Clements e Musker: Strange World ha tanto del percorso di carriera affrontato dal regista di Glenwood, che dall’evoluzione tecnologica torna a una dimensione più intima della storia umana, domandandosi in che direzione stiamo andando.
Tra umorismo Disney e musical
Non mancano, ovviamente, i capisaldi della recente produzione Disney, che nella fugace battuta di un membro dell’equipaggio riesce anche a fare della sottile autoironia nei confronti delle proprie attività di marketing: “facciamone un gadget”, dicono non appena notano la creaturina alla quale, insieme al cane di famiglia (che ha solo tre zampe a causa di una menomazione della quale non si parla, ma che si accetta perché fa parte della natura), è riservato il ruolo di spalla comica. Non in maniera eccessiva, ma comunque gradevole, la sua presenza è equiparata alla funzione di un Olaf meno chiacchierone e sicuramente più gradevole a schermo.
Ciò che invece è completamente assente in Strange World è la componente musicale: la colonna sonora fa da tappeto musicale a tutta la vicenda, ma non si canta mai, se non durante i titoli di coda. Un evento non nuovo in Disney, perché già Raya and the Last Dragon viveva della medesima scelta, con ventiquattro tracce delle quali solo una, quella di chiusura (Lead the Way) era cantata, in italiano da Camille Cabaltera. Niente musical per un’avventura dai temi maturi, dalla ricerca introspettiva di ciò che è il rapporto padre-figlio, ma allo stesso tempo di cosa stiamo facendo al nostro pianeta.
Tutto attorniato da una qualità di animazione sempre di altissimo livello, che si esalta e ci stupisce nella creazione di un mondo totalmente nuovo, estraneo, fatto di creature che danno la libertà a Don Hall di farle muovere come meglio crede e preferisce, estraendo tentacoli al bisogno e svolazzando di qua e di là senza alcun timore di sorta. Gli scenari, soprattutto quelli in cui il nuovo mondo ci viene presentato, sono mozzafiato, sia per la quantità di elementi e dettagli che è possibile ritrovarci sia per la capacità di tutti quanti loro di muoversi in serenità come un corpo a sé stante.
Tra flussi di energia composti da tantissime piccole particelle o mostriciattoli di contenute dimensioni, Strange World ci farà sentire davvero circondati da un ecosistema che non conoscevamo e nel quale vorremmo affondare e ritrovarci magari coinvolti, per poter girare lo sguardo e ammirare tutto ciò che ci circonda. Un lavoro di world building davvero pregevole, che non ci meraviglieremmo di vedere ampliato nei prossimi anni, quasi come fatto con Zootropolis.
Strange World è un film diverso dai soliti Classici Disney degli ultimi anni. Siamo dinanzi a un lavoro che analizza il nostro stato attuale e ciò che sta accadendo al nostro pianeta, ma ce lo propone attraverso un'avventura singolare alla scoperta di un nuovo mondo, a noi estraneo. Ciò che ci resta tra le mani è una grande metafora sui nostri tempi, con dei protagonisti che non rimarranno nella storia, non avendo una caratterizzazione estremamente singolare, ma rappresentando più che altro dei simboli di qualcosa. Questo fa di Strange World un film che verrà ricordato più per il messaggio lasciato che per scene memorabili o singoli personaggi, il che non è per forza un male. Perché siamo sicuri che in questo momento Disney stia cercando di adempiere a una missione. E chi meglio di loro?
- Un'animazione di livello sempre altissimo
- Un film maturo, ma non pedante
- Ritmo sempre alto e narrativamente affascinante
- Protagonisti non memorabili