Il 24 febbraio è uscito nelle sale cinematografiche Occhiali Neri, il nuovo lungometraggio di Dario Argento, che non arrivava con un nuovo film in sala dai tempi di Dracula 3D (parliamo di ben dieci anni fa). L’uscita di Occhiali Neri può fare da spunto per una riflessione su un maestro del cinema horror per farci domandare perché i film di Dario Argento non funzionino da ormai trent’anni. C’è da dire che anche Occhiali Neri conferma un trend non positivo per il filmmaker italiano, che dalla sua ha mostrato in questo lungometraggio una brutalità ed elementi che lo avvicinano un po’ al suo periodo d’oro, inseriti però in un contesto tecnico piuttosto carente. E partiamo da qui per fare un paio di riflessioni.
Occhiali Neri e la visione sbiadita del cinema di oggi
Paradossalmente per rendere più efficace Occhiali Neri occorrerebbe vedere questo lungometraggio con un filtro immagine capace di mostrarlo come una pellicola anni Ottanta. Questo perché il ritmo, le scelte estetiche (nonostante alla fotografia ci sia il pluripremiato Matteo Cocco), di scrittura e sonore sembrano tutte figlie di quell’epoca. Da un lato si potrebbe considerare questo un elemento positivo, perché permetterebbe di inquadrare Dario Argento come un regista cristallizzato in un’epoca che grazie ai suoi film potrebbe essere vissuta ancora oggi, ma la realtà è diversa.
Guardare un film di Dario Argento dagli anni Novanta (ma soprattutto Duemila) in poi dà la sensazione di un qualcosa di datato e fuori contesto.
In Occhiali Neri, ad esempio, le performance dei protagonisti sembrano appartenere ad un’epoca in cui in certi contesti di genere si potevano proporre character molto sopra le righe ed anche bidimensionali. Mentre in questo film un impatto del genere offre solo cattive performance. E tutto ciò è legato anche ad una sceneggiatura che vacilla, soprattutto nei dialoghi, ma anche nella scelta del killer e del suo movente, che per certi versi fa scattare un po’ d’ilarità.
Occhiali Neri può essere l’emblema di ciò che non funziona nel cinema di Dario Argento da trent’anni: il maestro dell’horror nel tempo non è stato in grado di rinnovarsi, mentre registi del calibro di Martin Scorsese e Steven Spielberg, anch’essi figli di una vecchia scuola, hanno saputo reggere lo scorrere degli anni proponendo costantemente prodotti e progetti freschi. Dario Argento, invece, sia probabilmente per scelte individuali, che a causa dei suoi collaboratori, continua a viaggiare su un sentiero che è diventato ormai obsoleto. E tutto ciò non c’entra con le caratteristiche tematiche e con gli elementi di base del suo cinema: quelli in un modo o nell’altro sono sempre stati vivi, magari meno brillanti, ma avrebbero comunque potuto avere maggiore fortuna se valorizzati da elementi tecnici di un certo tipo. Guardando, invece, certi film di Dario Argento (praticamente l’intera sua filmografia dagli anni Novanta in poi) il livello estetico e tecnico dei lungometraggi è diventato sempre più carente.
La Terza Madre e Dracula 3D: quando toccando dei mostri sacri si generano mostri
L’esempio più calzante sotto questo punto di vista potrebbe essere rappresentato da La Terza Madre, film che si affianca ad un dittico da brividi (in tutti i sensi), in cui sono compresi Suspiria e Inferno, e che dovrebbe chiudere col botto la saga delle tre madri. E, invece, il capitolo finale della trilogia è veramente debole, scialbo, non molto esaltante a livello di contenuto, ma soprattutto impoverito da una tecnica carente: dalla fotografia, agli effetti speciali che, nonostante abbiano ottenuto una candidatura ai David di Donatello, indeboliscono la qualità visiva del lungometraggio. Il film ambientato a Roma mostra una città spenta, soprattutto a livello di colori: è come se Dario Argento avesse perso per strada quella sua capacità di pennellare una pellicola con un tono preciso, così come faceva in passato (la grande luminosità della zona Eur in cui è ambientato Tenebre, e l’oscurità con cui viene avvolta la Torino di Profondo Rosso, tanto per fare degli esempi). In tutto ciò si possono menzionare anche delle performance recitative andate sempre più a calare: negli ultimi decenni a Dario Argento sono mancate delle muse ispiratrici, come la Jessica Harper di Suspiria, o la Jennifer Connelly di Phenomena, ed anche in questo il maestro dell’horror ha fatto fatica a individuare una personalità in grado d’impattare in maniera forte sullo schermo.
Poteva essere arrivata l’occasione buona con Dracula 3D, un film in cui il maestro dell’horror si cimentava con un’opera immortale, riarrangiandola ed inserendo degli elementi che rappresenterebbero un po’ la sua cifra stilistica. Ma, mentre l’inizio del lungometraggio è piuttosto efficace, con una scena di fuga nella foresta che mostra a livello visivo dei richiami espressionisti, il resto del film si perde in scene d’interni che non danno valore alla fotografia, e ad un Dracula reso poco significativo da una variante sul tema non molto efficace. Verrebbe perciò da chiedersi: cosa resta oggi del cinema di Dario Argento? Occhiali Neri ha mostrato che il maestro dell’horror è ancora in grado di trasmettere un certo tipo di brutalità, una violenza cieca, figlia di una sorta di forza maligna che riesce a guidare certi personaggi e certe situazioni. Il personaggio di Ilenia Pastorelli poteva funzionare meglio, ed aveva dalla sua un elemento innovativo come la presenza del giovanissimo Xinyu Zhang (che è stato mal diretto in gran parte del film). Tutto ciò però è andato perduto a causa di una sceneggiatura molto debole a livello di battute, depotenziata anche nelle sue parti migliori da tutta una serie di elementi tecnici.
Quindi chiudiamo questa analisi sul perché i film di Dario Argento non funzionano da ormai trent’anni provando a suggerire un what if? che sarebbe stato intrigante: e se il maestro dell’horror ad un certo punto della sua carriera, diciamo dalla fine degli anni Novanta in poi, avesse deciso di affiancarsi ad uno o più giovani e talentuosi collaboratori in grado di ristrutturare il suo cinema, catapultando la sua cifra stilistica nel nuovo Millennio? Siamo sicuri che, attorniato da alcuni giovani capaci di individuare gli elementi tecnici obsoleti del cinema dell’ultimo Dario Argento, gli stessi film, nonostante delle pecche di scrittura, avrebbero potuto ancora trasmettere un po’ della forza delle vecchie pellicole del filmmaker (basti pensare a quanto risulta efficace la storia di Dylan Dog scritta dallo stesso Argento qualche anno fa). Oggi come oggi sembra che da Dario Argento non ci si possa attende più nulla di nuovo e veramente soddisfacente, ma se una decisione ed un tentativo del genere maturassero all’ultimo minuto potremmo forse ancora vedere l’ultimo squillo di un maestro immortale del cinema di genere, i cui capolavori del passato sono comunque inscalfibili ed intoccabili, nonostante tutto.
Occhiali Neri è nelle sale cinematografiche dal 24 febbraio distribuito da Vision Distribution.