Ultimamente Tesla non è stata assolutamente in grado di intrattenere rapporti idilliaci con la Cina, tuttavia il mercato asiatico è estremamente importante per la ditta dell’automotive, quindi non sorprende lo scoprire che chi di dovere abbia deciso di raddolcire l’establishment promettendogli di preservare in loco i dati degli automobilisti cinesi.

L’evoluzione manageriale avanzata dal brand non è particolarmente sorprendente o scioccante, tuttavia giunge in coda a una serie di rivelazioni sul come Apple abbia piegato molti dei suoi principi pur di far felici i potenti che che risiedono a Beijing, cosa che ovviamente non ha mancato di creare spiacevoli parallelismi.

In senso assoluto, la trasmissione di dati su piano internazionale si sta dimostrando sempre più deontologicamente insidiosa, soprattutto perché ogni singola nazione ci tiene a preservare i propri interessi e la privacy dei suoi abitanti, non c’è dunque motivo di denigrare o mettere in dubbio le mosse di Tesla in Cina. L’importante non è il dove si mantengono i dati, ma come li si usa.

Delle nuove regole cinesi, codificate mentre Tesla era presente al tavolo dei dibattiti, impongono peraltro che le aziende automobilistiche si assicurino che i “dati importanti” non valichino i confini nazionali. Quindi condizioni del traffico in vicinanza delle strutture governative, sistemi di mappe paralleli a quelli pubblicamente accettati dal governo, lo stato delle reti elettriche, le informazioni biometriche degli autisti, le targhe e altro ancora dovranno quindi comunque rimanere in Cina.

Tesla, semmai, ha solamente velocizzato i termini di un processo che le sarebbe comunque toccato. Una prontezza che è forse giustificata da alcune recenti esperienze negative che ne hanno compromesso l’immagine pubblica agli occhi dei locali. Ora non resta che vedere se le informazioni in questione saranno abusate per scopi di controllo o se l’azienda preserverà un codice di condotta ferreo.

 

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