Oggi partiamo per un viaggio accompagnati dalla strampalata famiglia Mitchell, un’atipica ed imperfetta famiglia americana, se vogliamo anche un po’ goffa, che si ritroverà ad essere l’unica chance di salvezza per l’umanità. In questa recensione di I Mitchell contro le macchine, il nuovo film d’animazione Original Netflix, prodotto dal duo Phil Lord e Chris Miller (The LEGO Movie, Spider-Man: Into the Spiderverse), vedremo come per quanto crescere sia inevitabile e le priorità di vita possano cambiare, tenere ben a mente le proprie radici, saper coltivare i legami e non reciderli alle prime incomprensioni, può essere la chiave di volta per la propria sopravvivenza.

Diretto da Mike Rianda e Jeff Rowe, il film arriva su Netflix dal 30 Aprile e proprio come avevamo già visto fare in Spider-Man: Into the SpiderVerse, la sua forza è proprio l’utilizzo della tecnica mista, giocando con il linguaggio cinematografico e quello animato, unito però ad una storia semplice e lineare, che ben si armonizza con la sperimentazione di genere che agisce più lato tecnico. Gli espedienti narrativi vengono però lo più utilizzati attraverso cameo, gag e citazioni cinematografiche che vi divertirete a trovare come se doveste collezionarle.

Il film, di base, è una vera e propria rivincita dei nerd che coinvolge l’intera famiglia Mitchell, ognuno a proprio modo chiuso nel suo mondo, in particolar mondo Katie, la figlia più grande di Linda e Rick, aspirante videomaker ed eccentrica content creator.

Katie, come spesso capita nella vita degli adolescenti ad un passo dal lasciare il nido domestico, è un carico di frenesia ed eccitazione. Dopo essersi sentita per una vita un’estranea, finalmente può coronare il suo sogno e frequentare la scuola di cinema che insegue da una vita, mescolarsi ed attorniarsi da persone simili a lei e, finalmente, sentirsi in un posto dove può essere capita, coltivando i suoi interessi, senza per questo sentirsi un’aliena.

recensione di I Mitchell contro le macchine

Assieme alla sua famiglia e a quello che dovrebbe essere “l’ultimo viaggio dei Mitchell di famiglia”, Katie, Aaron, Linda e soprattutto Rick, capiscono che spesso tutto quello di cui abbiamo bisogno lo abbiamo sempre avuto sotto il naso e che per quanto a volte sia complesso comunicare, farsi ascoltare e comprendere, la collaborazione tra due modi di vivere e pensare differente potrebbe rivelarsi la chiave di volta per salvare il mondo.

Bando alle ciance e veniamo a noi. Immergiamoci con questa recensione di I Mitchell contro le macchine in un mondo non troppo diverso da noi, dove tra l’apocalisse della meccaniche, Furby assassini e carlini volanti, il divertimento e l’emozione non mancheranno affatto.

 

Che fatica crescere!

Che sia nella realtà, in lungometraggio live action o in uno animato, crescere è una grande fatica e I Mitchell contro le macchine fungono un po’ da metafora di questo percorso che spesso ci porta allontanarci da quelle che sono le nostre radici, a rinnegarle, a causa di quella sensazione di disagio nel constatare che quello non sembra essere il posto per noi. Ma è davvero così?

Katie pensa di sì e dopo un’esistenza un po’ da aliena, spesa tra video in stop motion con suo fratello Aaron e il carlino Mochi, idee bizzare e trovate geniali alla ricerca di sé stessa, capisce che se vuole davvero avere una possibilità nel mondo del cinema, casa sua non è il posto migliore, soprattutto quando non ti senti accettata, capita e spronata dalla persona che veneri di più, tuo padre.

recensione di I Mitchell contro le macchine

E quante volte sarà capitato ad ognuno di noi di non sentirci capiti ed appoggiati proprio da chi ci aspettavamo avrebbe più compreso, proprio dalla persona sulla quale avevamo più aspettative. Ecco, aspettativa forse è la giusta parola per spiegare questo genere di sensazione che funge poi da miccia per dare il là all’intera storia.

Il rapporto genitori – figli che diventa un altro dei temi portanti di questo film, spingendo un padre a provare ad entrare nel mondo di sua figlia, sebbene con diffidenza e forse troppo tardi. Smuovendo ovviamente un fattor empatia fondamentale per questo genere di storia e, quindi, coinvolgendo lo spettatore che, in un modo o nell’altro, si sentirà preso in causa, partecipativo e ancora più coinvolto.

Del resto quel cortocircuito comunicativo alla base di un certo tipo di gap generazionale, oltre ad essere un tema molto caldo, ce ne introduce anche un altro, ovvero quello del vivere un’esistenza filtrata dallo schermo.

Rick Mitchell è indubbiamente un uomo rimasto all’analogico, amante della natura e dal problem solving “fai da te” innato, ma che non comprende la necessità di vivere costantemente con una “luce blue” riflessa sulla faccia. L’abuso della tecnologia, sebbene non venga mai demonizzata, si mostra essere un altro punto di svolta decisamente importante del film, che andrà a segnare l’incidente scatenante che ci porterà al clou vero e proprio di questa storia divertentissima.

recensione di I Mitchell contro le macchine

Infatti, se da una parte Rick prova a recuperare in parte il rapporto con Katie, partendo all’avventura con tutta la famiglia per l’ultimo epico viaggio in macchina, dall’altra parte del Paese, nella pulsante Silicon Valley, il giovane genio Mark Bowman, presenta il suo ultimo ritrovato tecnologico che segnerà definitivamente la vita delle persone con la più efficiente intelligenza artificiale affiancata ad un vero e proprio assistente robotico.

L’aggiornamento di sistema di PAL non trova, però, molto concorde la versione precedente. Sentitasi usata, tradita e sfruttata dalla persona che l’ha creata e con cui ha condiviso la sua esistenza, PAL (che potremmo definire una Alexa che incontra Skynet) decide di ribellarsi, scatenando una vera e propria rivolta delle macchine che ha come obiettivo quello di spedire gli esseri umani per sempre nello spazio e far prosperare la vita degli dispositivi elettronici in pace e serenità sulla terra.

E come vedrete, anche in questo caso il tema dei legami torna prepotentemente, mostrandosi poi il vero e proprio filo conduttore di tutto il film.

Nessuna retorica, solo divertimento

recensione di I Mitchell contro le macchine

Assodate quali sono le tematiche del film e capito che il mondo ha una sola possibilità, ovvero proprio i Mitchell (e qualche perplessità sulla riuscita dell’operazione è più che lecita averla) in quello che potrebbe essere considerato un vero e proprio riscatto sociale di una famiglia strampalata, è importante sottolineare che il film non vuole essere retorico, moralista o ridondante.

Il raziocinio di Rick contro la sfrenata creatività e fantasia di Katye sembrano essere sempre messi in contrapposizione all’interno del racconto, spesso diventando anche un’espediente narrativo per pepare ancora di più le situazioni piuttosto al limite della realtà nelle quali si troveranno, diventando poi la chiave di volta per salvare il mondo. Spesso si insiste sul bisogno di collaborazione, di spalleggiarsi ed anche aprirsi alle esigenze degli altri, senza necessariamente prendere tutto come un attacco o dare per scontato qualcos’altro. Non è facile essere adolescenti ma non è neanche facile essere genitori. Così come non è facile essere dell’Intelligenze Artificiali date per scontato.

La storia è semplice, lineare ma al tempo stesso accattivante, proprio perché ben bilanciata con un linguaggio tecnico decisamente più eccentrico e coraggioso, per non dire audace.

Il racconto procede in maniera ritmata, dinamica e spesso e volentieri concedendo quella sensazione di giostra, di montagna russa tra le emozioni che andranno ad intervallarsi tra divertimento, commozione e adrenalina nuda e cruda.

recensione di I Mitchell contro le macchine

Il fattor empatia è “solo” un punto di vantaggio extra conferito proprio da una storia molto più basica che ha come obiettivo quello di far immedesimare lo spettatore nei personaggi del film ma, al tempo stesso, facendolo perdere in un mondo unico, assurdo e assolutamente meraviglioso.

Il mood scoppiettante e goffo dei Mitchell, i quali più volte ci mostrano essere non proprio un esempio di perfezione da seguire (ma chi lo è, in fondo?), è perfettamente inglobato con quello fantascientifico e ricco di citazioni e trovate che fanno giocare i generi tra loro così come le tecniche d’animazione, passando dal 2D al 3D, il tutto in salsa pop e fumettosa.

Inoltre, a differenza dei lavori precedenti di Lord e Miller, nello specifico dei ben più “mainstream” The LEGO Movie e Spider-Man: Into the SpiderVerse, I Mitchell contro le macchine hanno in sé un’anime indie che quasi trasporta la sensazione del film da Sundance.

Probabilmente questo aspetto, patina o sensazione facile da constatare, è data anche dall’uso più pastelloso dei colori, soprattutto nei disegni in 2D che in alcune occasioni sembrano essere degli schizzi, dei piccoli sketch che vanno ad ampliare ancora di più la messa in scena, arricchendola di dettagli.

Geometrie alla Wes Anderson, approfondimento psicologico che strizza di più l’occhio a Sofia Coppola e ancora un certo gusto nel linguaggio, nell’uso della stessa musica, che ricorda più il cinema di Edgar Wright.

recensione di I Mitchell contro le macchine

Il gusto indipendente del film non viene dato semplicemente dalla storia, ma anche dal linguaggio tecnico e dalla sperimentazione animata che viene adoperata, oltre ad un citazionismo che non va solo al cinema con gli autori che abbiamo visto (ma anche molti altri, come per esempio James Cameron, Michael Bay, Steven Spielberg e anche Quentin Tarantino) ma anche alla stessa cultura dell’internet di adesso.

Il linguaggio dei social, quello dei meme, l’uso delle piattaforme per poter emergere, farsi conoscere, esprimere se stessi attraverso video, immagini, fumetti, musica e molto altro ancora. Il senso di community all’interno di questo mondo che, volenti o nolenti, è tanto fatto di carne e sangue quanto di codici.

Tra trovate geniali, contaminazioni di genere e citazioni, I Mitchell contro le macchine assumono un gusto scoppiettante che divertente dall’inizio alla fine senza mai perdere un colpo.

 

Into the MitchellVerse!

recensione di I Mitchell contro le macchine

La Pixar ha più volte imposto il suo monopolio nell’ambito dell’animazione cinematografica ma nel 2018 è arrivato un film che non solo ha ribaltato questo ma anche tutto ciò che sapevamo sul linguaggio cinematografico animato, sperimentando, giocando, esplorando il genere e tutte le sue possibilità. Ovviamente sto parlando di Spider-Man: Into the SpiderVerse, vincitore del Premio Oscar nel 2019 e che segna una rivoluzione incredibile sia per quanto riguarda l’animazione ma anche per quanto riguarda il cinema.

La commistione di tecniche all’interno del film apriva a nuove intriganti ed interessanti possibilità, prendendo tanto dal mondo del fumetto quanto da quello videoludico, il tutto inserito all’interno della cornice cinematografica.

È un peccato vedere come nessuno abbia davvero avuto voglia di prendere la palla al balzo lanciata da Spider-Man se non per rare eccezioni, dove per si è giocato più con lo stile che con una vera e propria sperimentazione. A questo propositivo mi viene in mente il bellissimo Klaus – della stessa Netflix – e il fin troppo sottovalutato Wolfwalkers.

In questa recensione di I Mitchell contro le macchine penso che abbiamo visto in più di un’occasione come tutto questo, e forse anche di più, venga fatto all’interno del film. Certo, non si arriva al livello di perfezione visiva come quella raggiunta da Spider-Man, ma credo fortemente che non fosse neanche quello l’intento.

Se vogliamo in questa pellicola si gioca molto più. Si preferisce virare a sfumature più grezze, divertendosi di più e adoperando trovate visive, come per esempio disegnini in 2D per esprimere l’emozioni dei singoli personaggi, dando un po’ quell’effetto alla Lizzie McGuire, per intenderci.

L’animazione cambia spesso in base alle situazioni, gli stati d’animo e gli stessi personaggi, giocando in contrapposizione e rendendo il tutto ancora più particolare e diverso dal solito. Un’esempio è la caratterizzazione delle macchine che ricordano decisamente il design di Eve in quel piccolo gioiello che è Wall-E, a differenza del design usato per gli stessi Mitchell che è decisamente più cartoonesco; oppure il realismo utilizzato per dare vita ai maledetti Furby nella scena del centro commerciale (masterpiece di tutto il film) a differenza dei cortometraggi realizzati da Katie animati in stop-motion.

Anche le ambientazioni giocano parecchio con le tecniche, da fondali più realistici e anche molto impattanti, soprattutto nelle scene d’azione o quando il cielo si illumina di macchine volanti, a fondali più sketchati e cartooneschi.

L’obiettivo è indubbiamente quello di divertire e divertirsi, giocare e far giocare lo spettatore, ma anche emozionare, far battere il cuore, empatizzare con storia e personaggi, trovandosi di fronte un prodotto del tutto nuovo, autentico e con una cifra stilistica decisamente interessante e fuori dal comune.

In conclusione della recensione di I Mitchell contro le macchine, forse non ci troviamo di fronte al film d’animazione della vita, ma sicuramente la storia che ci viene proposta è un mix di divertimento, emozione e coraggio.

Una pellicola che si mostra essere una perfetta metafora sul crescere, sul non smettere mai di sognare ma non dimenticarsi neanche mai le radici da cui proveniamo, perché spesso i migliori compagni di viaggio sono stati proprio quelli che ci hanno cresciuto, ma non ci abbiamo mai fatto caso.

Alla fine di tutto, vi assicuro che vorrete farvi adottare dai Mitchell!

 

I Mitchell contro le macchine vi aspetta dal 30 Aprile su Netflix

 

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85
I Mitchell contro le macchine
Recensione di Gabriella Giliberti

I Mitchell contro le macchine sono una bellissima scoperta, divertente, adrenalinica e piacevolmente coinvolgente. Si riesce a parlare di tematiche che, bene o male, riguardano un po' tutti, senza mai scadere nella retorica ma mantenendo il ritmo del racconto sempre molto cadenzato senza mai rallentare. La sperimentazione di linguaggio, genere e tecnica mista è il plus ultra che rende questa pellicola, nella sua semplicità un vero e proprio gioiellino.

ME GUSTA
  • Dinamico, divertente ed emozionante
  • La tecnica mista è il punto forte del film, conferendogli una messa in scena audace e diversa dal solito
  • La sequenza nel centro commerciale è girata divinamente
  • Il carlino Mochi, personaggio cult!
FAIL
  • La storia di tanto in tanto sa troppo di già sentito e già visto
  • Poco approfondimento su PAL che, probabilmente, avrebbe giovato di più di una maggiore caratterizzazione