Seguire le mosse di Epic Games è ormai come assistere a una partita di Acchiappa la talpa: sta cercando di attaccare Apple e Google nei tribunali di ogni parte del mondo, intentando ogni poche settimane nuove cause, con l’Australia che non è che l’ultimo campo di battaglia di un lungo percorso.
Epic si è infatti improvvisata avanguardia di un progetto atto a rompere il “cartello” rappresentato da iOS e Android, i quali, attraverso i rispettivi app store, esercitano uno strapotere tale da garantirsi il predominio del mondo degli smartphone, riservandosi il diritto di dettare il buono e il cattivo tempo.
Apple e Google si trattengono infatti un 30 per cento su quanto speso per gli acquisti in-app, ma molte aziende digitali medio-grandi hanno deciso che non sono più disponibili a sottostare a un simile requisito. La pazienza è terminata ed è nata questa lunga rincorsa di cause e provocazioni.
Google offre l’illusione di essere aperta al mercato citando in supporto la tesi per cui vi siano negozi di app alternativi sulla sua piattaforma o menzionando che sia possibile scaricare le app direttamente da fornitori terzi. Nella realtà, queste situazioni sono tanto rare che non fanno neppure un graffio al monopolio del sistema operativo Android,
ha lamentato Tim Sweeney, CEO e fondatore di Epic.
Guardando ai dati forniti dall’Australia, il leader di Epic Games non ha torto: metà degli smartphone presenti nel Paese adoperano i OS di Android e il 90 per cento degli acquisti viene effettuato direttamente attraverso Google Play.
Non sarà una battaglia facile, per Sweeney. L’Australia ha già recentemente dovuto combattere contro Google perché questa retribuisse le informazioni giornalistiche di cui faceva uso, non è detto che ora sia pronta ad accusare la Big Tech di violazione dell’anti-trust solamente per supportare Epic.
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