Quando un film esce in streaming è difficile quantificare il suo successo: a differenza di quanto avviene con i botteghini, i numeri di piattaforme come Netflix non sono pubblici. Le cose potrebbero dover cambiare.
Quando un film esce in sala riusciamo a quantificare le sue performance al botteghino in modo completo. Sappiamo in quante sale è proiettato, conosciamo gli incassi, riusciamo a ponderarli in base al numero di cinema raggiunti e al costo della produzione.
Ma con lo streaming la storia è diversa. Netflix, Prime Video e Disney Plus sono ancora molto opachi su questo fronte. Ogni tanto riceviamo delle liste sui film più visti dagli utenti di un determinato servizio, ma i dati forniti non permettono di avere una fotografia fedele e precisa del numero di spettatori coinvolti da ciascun prodotto.
Secondo Sarah Whitten della CNBC la cosa è destinata a cambiare:
La pandemia ha fondamentalmente cambiato l’intera industria dell’intrattenimento. Con i cinema chiusi, gli studi sono stati costretti a scegliere tra due opzioni: posticipare la release o affidarsi ai servizi di streaming o on-demand. Sebbene i cinema si stiano preparando a riaprire questo mese, non è ancora chiaro se la domanda sia sufficiente per mantenere il loro business profittevole.
Quantificare con precisione il successo di ogni serie TV e di ogni film non è esattamente una delle più grandi preoccupazioni del pubblico, salvo l’eccezione di una piccola minoranza di ultra-nerd del botteghino. Ma l’industria, di quei numeri, ne ha assolutamente bisogno.
I membri dell’Industry sono preoccupati dall’ipotesi che se i film inizieranno a spostarsi sulle piattaforme streaming, tutte le metriche che una volta venivano usate per misurare il successo scompariranno di punto in bianco.
È anche complesso assegnare un valore monetario ai film distribuiti sulle piattaforme, visto che la maggior parte di queste, a partire da Netflix, Disney+ e Amazon, non fanno pagare il singolo utilizzo, ma prevedono una tariffa flat che dà accesso alla totalità del catalogo.
Inoltre, le metriche usate da piattaforme come Netflix sono più simili a quelle di Youtube che a quelle dei cinema: la piattaforma di Reed Hastings attribuisce ai contenuti una “view” ogni volta che questi vengono guardati per più di 2 minuti.
Ma non fraintendete, Netflix è una compagnia che vive interamente di numeri. Sa esattamente quante persone guardano per intero i suoi film, e soprattutto sa “chi” sta guardando i suoi film. Riesce a dividere ogni spettatore per censo, età, etnia e livello d’educazione. Tutte queste informazioni vengono utilizzate per scegliere su quali prodotti puntare, e per determinare come venderli all’audience: è noto che la piattaforma mostri locandine diverse a seconda dell’etnia di chi sta guardando. Se l’utente è di colore potrebbe mostrargli un poster con un personaggio afroamericano.
Molti artisti avevano denunciato come lavorare con Netflix sia frustrante, proprio perché la compagnia prende ogni decisione, incluse quelle artistiche, in base ai suoi dati.
Le informazioni ci sono, e sono anche più di quelli che si ottengono staccando un biglietto nei cinema. Che poi questi non vengano condivisi con l’esterno è un altro discorso, ma secondo Sarah Whitten questo potrebbe cambiare molto presto.