Plasma iperimmune per curare COVID-19: nessuna cura miracolosa ci viene tenuta nascosta. È un trattamento di emergenza che si è mostrato efficace su diversi pazienti, ma non è tutto oro quel che luccica.
Siamo tutti così angosciati dalla pandemia, che non vediamo davvero l’ora di lasciarcela alle spalle come un brutto ricordo. Aneliamo nel sentire finalmente l’annuncio di una cura davvero funzionante al 100% o del vaccino. Sarà forse per questo che ogni speranza che da flebile diventa un po’ più concreta scatena l’inferno nei mezzi di comunicazione.
Eccoci quindi al caso plasma iperimmune.
L’abbiamo già detto pochi giorni fa, passi avanti se ne stanno facendo, ma non siamo purtroppo ancora al punto di dire che le cose si siano risolte. In ogni caso, dell’efficacia provata del trattamento con il plasma ne abbiamo parlato anche noi nel nostro ultimo punto della situazione aggiornato su test, terapie e vaccini.
Quindi: nessuno ci tiene nascosta una cura miracolosa, i trattamenti con il plasma, ossia la parte non cellulare del nostro sangue che contiene – tra le altre cose – anticorpi, è una tecnica antica già usata per altre malattie e che tutt’oggi serve per esempio come terapia di emergenza per il tetano. Fa parte inoltre delle possibili strategie per trovare cure che, fin da subito, sono state prese in considerazione anche per trattare COVID-19 e sta ora dando dei promettenti risultati.
Ma qual è l’idea che sta dietro a questo approccio terapeutico?
La natura sa fare le cose meglio e più in fretta di noi quindi possiamo sfruttare gli anticorpi dei guariti.
Sfruttare l’azione del loro sistema immunitario, già allenato, per mettere fuori combattimento il virus in cui si trova ancora a combattere un altro organismo infetto.
Il termine più specifico per questo trattamento è sieroprofilassi e si tratta di ben più che una teoria: un vero filone nella ricerca di farmaci che funzionino contro il nuovo coronavirus, ma che è stata discussa e provata anche in passato per esempio nel caso di Ebola, ma anche di SARS e Mers.
La sieroprofilassi consiste nell’infondere nelle persone affette da COVID-19 il plasma delle persone già guarite dalla malattia. Queste persone hanno sviluppato gli anticorpi contro il nuovo coronavirus e perciò il loro plasma, che contiene gli anticorpi, aiuta il malato a difendersi dall’avanzata dell’infezione.
Nei giorni scorsi sono circolate sui social, fra cui su whatsapp, teorie e ipotesi per cui qualcuno vorrebbe tenere nascosta un’opportunità terapeutica eccezionale, magari perché non interessa alle aziende. Ma il biologo Enrico Bucci, docente alla Temple University a Philadelphia, smentisce queste notizie, spiegando che numerose testate ne hanno parlato e che diverse case farmaceutiche sono impegnate nella realizzazione degli strumenti che permettono di trattare il plasma, nonché nello sviluppo di terapie basate sull’estrazione dal plasma dei soli anticorpi per poter somministrare solo questi anziché tutto il liquido.
Chi sono i pazienti guariti
Ma ripartiamo da un passo indietro e poiché i pazienti guariti sono protagonisti della vicenda, bisogna innanzitutto capire chi siano. Il Consiglio Superiore della Sanità li definisce così.
Si definisce clinicamente guarito da COVID-19 un paziente che, dopo aver presentato manifestazioni cliniche (febbre, rinite, tosse, mal di gola, eventualmente dispnea e, nei casi più gravi, polmonite con insufficienza respiratoria) associate all’infezione virologicamente documentata da Sars-Cov-2, diventa asintomatico per risoluzione della sintomatologia clinica presentata. Il soggetto clinicamente guarito può risultare ancora positivo al test per la ricerca di Sars-Cov-2. Il paziente guarito è colui il quale risolve i sintomi dell’infezione da COVID-19 e che risulta negativo in due test consecutivi, effettuati a distanza di 24 ore uno dall’altro, per la ricerca di Sars-Cov-2.
Il concetto di guarigione, che può comparire in intervallo piuttosto variabile dalla comparsa dei sintomi, ha un significato più esteso e complesso della semplice scomparsa dei sintomi, come ci evince dallo stesso documento, che si sofferma anche su quello di clearance (eliminazione) del virus e di comparsa della risposta anticorpale:
Nella maggior parte dei casi d’infezioni virali, la scomparsa del virus si accompagna alla produzione da parte dell’organismo di anticorpi di tipo IgG virus-specifici. Nella maggioranza delle infezioni virali, salvo rare eccezioni, tali anticorpi hanno carattere protettivo, ovvero sono in grado di proteggere l’organismo da eventuali reinfezioni con lo stesso virus. Sulla base dei dati disponibili, è ragionevole ritenere che questa protezione anticorpale possa essere presente anche per Sars-Cov-2
Queste considerazioni fanno riflettere sul fatto che per la terapia bisogna selezionare le persone effettivamente guarite e che hanno quindi sviluppato gli anticorpi. E fin qui non ci sarebbe alcun problema (a parte il fatto che non tutti i guariti sono comunque adatti a donare il plasma, o per specifiche controindicazioni personali per la donazione o perché potrebbero anche non possedere abbastanza anticorpi neutralizzanti in esso).
Quali sono allora i primi contro che emergono?
Non sappiamo però ancora con certezza per quanto tempo gli anticorpi nel plasma dei guariti rimangano in quantità tali da essere effettivamente efficaci per i malati, sembra comunque che il paziente non debba essere guarito da molto tempo, in particolare entro 15 giorni dalla guarigione sembra esserci la maggiore concentrazione di anticorpi.
Come si ottiene il plasma
Il plasma come già parzialmente detto, è un emoderivato, cioè deriva dal sangue intero di persone che volontariamente decidono di donarlo. Si ottiene dalla centrifugazione del sangue da cui vengono separate le parti cellulari (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) che vengono reintrodotte nel donatore. Proprio per il fatto che il donatore non perde la parte cellulare è possibile donare più frequentemente il plasma rispetto al sangue intero e, in particolare, si può fare circa una volta al mese (la cosa è leggermente più complessa ed è spiegata nel link).
L’approvvigionamento del plasma è quindi su base di una volontaria donazione e bisogna tener conto di alcuni fattori importantissimi:
- come per il sangue intero, anche per il plasma valgono le regole di compatibilità tra donatore e paziente;
- gli emoderivati portano con sé una serie di complicazioni legate alla possibile presenza in essi di altri agenti patogeni (epatite, HIV, altri virus);
- il plasma non serve per curare solo COVID-19, ma ci sono decine di migliaia di pazienti che vengono curati con il plasma e la cui vita dipende strettamente dalla disponibilità di questo emoderivato: dall’emofilia alle immunodeficienze fino ai talassemici;
- quando si infonde plasma in un paziente non si è a conoscenza dell’esatta quantità di anticorpi che gli si stanno immettendo e questo rende poco controllabile la terapia.
Concludendo
Le difficoltà legate all’uso del plasma sono:
- non è facile reperire donatori (e anche trovati, la proporzione è circa che due guariti possono curare un malato);
- non è economico;
- si possono trasmettere altre malattie (anche se il plasma è sottoposto a controlli molto rigorosi);
- l’esatta quantità di anticorpi che neutralizzano il virus e che sono in esso contenuti si può calcolare con la titolazione, per essere utilizzato però secondo l’attuale protocollo deve essere ” > 160 con metodica EIA o valore equivalente con altra metodica, sulla scorta di quanto pubblicato in altra casistica”;
- bisogna accertarsi che il plasma sia compatibile tra donatore e paziente e non ci siano altri anticorpi presenti all’interno che possano scatenare reazioni collaterali nel malato;
- non è un protocollo facile da standardizzare anche se si stanno compiendo grandi sforzi a riguardo;
- le somministrazioni di plasma possono alterare i processi di coagulazione (questione molto critica per le persone affette da COVID-19).
I vantaggi legati all’uso del plasma sono:
- la possibilità di usare la terapia fin da subito senza attendere i tempi della sperimentazione di molecole o dello sviluppo dei vaccini;
- pur con tutti i costi e le difficoltà potremmo avere una prima terapia specifica per il COVID-19;
- se ci accertiamo che gli anticorpi somministrati proteggono dalla malattia possiamo selezionarli dai pazienti guariti che li hanno prodotti e, con le moderne tecnologie biomolecolari, isolarne i geni e produrne in laboratorio una quantità illimitata, grazie al clonaggio di anticorpi monoclonali umani. Questo ci permetterebbe di aggirare gli effetti collaterali dovuti alla somministrazione di un emoderivato e contemporaneamente di controllarne perfettamente la concentrazione e la purezza.
- Utilizzo di sangue intero o plasma di pazienti guariti per curare l’Ebola (who.int)
- Use of convalescent plasma therapy in SARS patients in Hong Kong. (link.springer.com)
- The effectiveness of convalescent plasma and hyperimmune immunoglobulin for the treatment of severe acute respiratory infections of viral etiology: a systematic review and exploratory meta-analysis. (academic.oup.com)
- Definizione di pazienti guariti da COVID-19 secondo il Consiglio Superiore della Sanità (salute.gov)
- Malattie rare: decine migliaia pazienti salvati da sangue e plasma (fidas.it)
- Coronavirus: facciamo chiarezza sulla terapia con il siero di pazienti guariti (medicalfacts.it)