Final Fantasy è oggi quanto più lontano possa essere dal significato del suo nome: un’ultima fantasia. Una leggenda destinata a continuare, anche grazie al remake più atteso della storia, ma della quale non tutti conoscono le origini.

Partire da dipendente part-time e diventare uno dei game designer e producer più importanti della storia dei videogiochi non è da tutti, ma non è un caso che una tra le serie GDR più longeve e amate del mondo sia legata ad una personalità divenuta ormai leggenda: Hironobu Sakaguchi, l’uomo che ha avuto l’enorme merito videoludico di creare Final Fantasy, una serie che avuto ben più che un ruolo fondamentale per il genere dei giochi di ruolo giapponesi.

Quando i fallimenti iniziano a susseguirsi e le possibilità a ridursi all’estremo, la storia ci ha insegnato che il pericoloso mix di disperazione e scommessa, unito a creatività e passione, riesce talvolta a dare alla luce qualcosa di incredibile, quel prodotto che in condizioni differenti non sarebbe mai nato.

Il modo in cui Hironobu Sakaguchi, ai tempi direttore Pianificazione e Sviluppo di una Square sull’orlo della bancarotta, diede tutto se stesso in quest’ultimo progetto divenuto poi il primo Final Fantasy è ormai un aneddoto noto a chiunque, tuttavia immaginare che a distanza di oltre 30 anni avrebbe continuato ad avere una risonanza tale andava oltre ogni aspettativa.

La notizia del remake di Final Fantasy VII ha scatenato sin da subito le reazioni più disparate, ma insieme vogliamo ripercorrere il lunghissimo e variegato percorso che ha portato la serie sino a oggi, concedendoci purtroppo qualche spoiler su ciascuno dei capitoli (siete avvisati).

 

 

 

Final Fantasy I

Il primo Final Fantasy, uscito nel 1987 su Nintendo (NES) e divenuto largamente un successo in Giappone, diede inizio nella serie alla magia dei cristalli, alle classi, al battle screen che si alternava all’esplorazione, fosse essa nella world map o nei numerosi dungeon.

La versione originale, nel rispetto dello standard dell’epoca, era particolarmente ostica e sin da subito richiedeva ai giocatori di fare parecchia attenzione anche ai più semplici nemici casuali. Non era raro vedere il proprio party spazzato via durante una semplice sessione di allenamento a causa di qualche valutazione superficiale su quando curare i propri personaggi, così come usare le classi giuste era essenziale.

Il party, però, non aveva un nome: nessun character di spicco, niente background story profonda, ma proprio questa possibilità di creazione e scelta delle classi iniziali si rivelò molto apprezzata dal pubblico di allora.

Molti degli elementi divenuti poi iconici non erano ancora presenti: neppure Cid, storico personaggio apparso praticamente in ogni altro capitolo della serie, aveva fatto la sua prima apparizione, al contrario di Bahamut, che collezionava la prima del suo record di presenze.

Final Fantasy I Amano

La trama fu sicuramente un elemento di successo, introducendo la fabula dei cristalli che rappresenta maggiormente il simbolo cardine della serie: i quattro Light Warriors partono per un’avventura che li porta in ogni angolo della terra (e non solo) per sconfiggere i Fiend che corrompono i cristalli dei quattro elementi (Terra, Fuoco, Acqua e Vento) e salvare la terra dall’arcidemone Chaos; un viaggio tra presente e passato che stregò il pubblico giapponese e valse a Final Fantasy I oltre 500 mila copie distribuite nella prima release, per superare i due milioni tra tutte quelle pubblicate negli anni a venire su differenti piattaforme.

I meriti più grandi di questo primo capitolo però risiedono nell’aver introdotto due personalità divenute importanti quasi quanto Sakaguchi nel prosieguo della serie: l’iconico illustratore Yoshitaka Amano e l’immenso Nobuo Uematsu, compositore di tutte le colonne sonore da qui in avanti e capace di dare grazie alla sua musica un contributo senza pari a ogni capitolo, tanto da dar vita a un intero filone di concerti, orchestre e progetti paralleli di enorme successo.

 

 

 

Final Fantasy II

Un sequel a Final Fantasy I, a quel punto, era una conseguenza più legata ai numeri e al successo che a un’effettiva continuità di trama. Consci di non aver previsto dall’inizio un secondo capitolo, Sakaguchi e il suo team si misero subito a lavorare su un gioco che sì condividesse le meccaniche e il gameplay di Final Fantasy I, ma basato su una storia totalmente nuova.

Il design di Final Fantasy II ruotò proprio intorno alla trama e, a differenza del predecessore, introdusse dei protagonisti veri e propri: Firion, Maria, Guy, Leon divennero ufficialmente i primi personaggi della serie, mentre Yoshitaka Amano poté finalmente esprimersi oltre il semplice design di un generico Warrior of Light.

È il Final Fantasy dove debuttano i Chocobo, i famosissimi pennuti gialli divenuti mascotte della serie, così come quello del primo Cid, apparizione che lo legherà per sempre alle aeronavi nella serie, mentre è l’unico capitolo nel quale Bahamut non appare in alcun modo.

 

Final Fantasy II Amano

 

Uscito esattamente un anno dopo il predecessore, Final Fantasy II ne condivide quasi ogni meccanica di gioco al di là del leveling system, fondato sulla familiarità dei comandi e delle abilità in base al loro utilizzo: più si attacca, più cresce la forza; più si subiscono danni, più aumentano gli HP; più si usa la spada, più aumenta l’abilità con essa.

Un sistema mai più riproposto e che venne anche sfruttato dai giocatori spingendoli a far attaccare i propri personaggi a vicenda, forse il primo dei tanti exploit che nella serie hanno portato i più creativi a realizzare combinazioni e attacchi decisamente originali, inaspettati persino per gli sviluppatori.

Questo elemento, quello delle dinamiche e regole di un gameplay in grado di sfuggire alla linearità e ai confini previsti dal game designer, ha col tempo fatto la fortuna di Final Fantasy e favorito la nascita di sfide, corse al singolo attacco più potente, strategie su come battere un boss in maniere alternative o su come diventare più forti in poco tempo.

Un elemento nato proprio con Final Fantasy II.

 

 

 

Final Fantasy III

Oltre a essere uno dei Final Fantasy con più re-release (alcune originali, altre enhanced) come titolo singolo (i primi due sono spesso stati rilasciati in bundle), è anche l’ultimo a uscire per il NES, quella che il team di sviluppo originario definì ai tempi “la console” e per la quale non era ancora abituale aspettarsi una nuova generazione.

Forse è per questo che è anche uno dei FF più difficili, ma di sicuro è quello che introduce il Job System, spostando il potenziamento per familiarità visto in FFII dal level up alle classi dei personaggi. Mago bianco, nero o rosso, Monk, Thief, Geomancer e molti altri, ma soprattutto il famoso Cavaliere Cipolla (the Onion Knight), un job praticamente inutile fino al massimo del suo livello, quando i suoi attributi crescono vertiginosamente rendendolo uno dei più forti del gioco.

La profondità del job system domina l’intero gameplay e alcuni degli scontri più duri del gioco possono essere affrontati solo con la giusta combinazione di jobs, così come alcuni comandi introdotti in questo capitolo, come Steal o Jump, sono peculiari delle loro classi.

 

Final Fantasy III remake

 

Originariamente uscito nel 1990, nel 2006 viene finalmente rilasciato anche in America e in Europa con un remake per Nintendo DS, divenuto famoso per l’introduzione di una grafica 3D e un vero e proprio re-styling, oltre che numerose novità al gameplay legate alla funzionalità WiFi della console, su tutte proprio la classe Onion Knight, non disponibile dall’inizio come nella prima release.

Nonostante piccole differenze, entrambe le versioni raccontano la storia di Luneth, Arc, Refia e Ingus, quattro orfani che scoprendo accidentalmente un Cristal of Light in una caverna ne ricevono il potere e l’incarico di riportare l’equilibrio nel mondo, iniziando così un’avventura che li porterà infine a sconfiggere Cloud of Darkness, un’entità divina che mirava a scatenare il caos nel mondo distruggendo l’equilibrio tra luce e oscurità.

Final Fantasy III rimane anche il capitolo della trilogia NES criticamente più acclamato e con più copie vendute in Giappone, ben 1.4 milioni di unità per la versione originale. La serie non compete ancora con la “rivale” Dragon Quest”, edita da Enix, ma si è ormai affermata ed è pronta ad approdare su SNES.

 

 

Final Fantasy IV Amano

 

 

 

Final Fantasy IV

Final Fantasy IV cambia tutto. Primo capitolo della serie su Super Nintendo (SNES), dà inizio alla trilogia d’oro di quella che può essere identificata come la prima fase della serie e lo fa con una potenza della trama e dei personaggi che diventerà il punto forte da qui in avanti.

Nei panni di Cecil, cavaliere nero, Final Fantasy IV ci racconta una storia di potere, tradimenti e riscatto che non risparmia momenti duri: dalla morte di Anna, figlia del saggio Tellah, colpita dal bombardamento del castello di Damcyan da parte dei Red Wings, al sacrificio dello stesso Tellah, che converte la propria energia vitale per lanciare la potente magia Meteor nel tentativo, solo parzialmente riuscito, di uccidere l’antagonista Golbez.

Al contrario di quanto molti pensano, Tellah diventa così ufficialmente il primo personaggio giocabile della serie a morire, riapparendo solo come spirito verso la fine.

L’intero gioco però non risparmia i propri protagonisti: dall’amico fraterno di Cecil, Kain, che per lunga parte è un ostico nemico sotto il controllo di Golbez, al sacrificio dei gemelli Porom e Palom, che si tramutano in pietra per salvare il party; anche Yang offre la propria vita per permettere a Cecil e agli altri di scappare, ma in seguito nel gioco si scopre come sia sopravvissuto grazie ai Sylph, per quanto non più selezionabile nel proprio party, così come i due gemelli vengono liberati poco prima della battaglia finale.

La vera identità di Golbez e il crescendo finale completano infine l’enorme carica dello script di FFIV, che venne addirittura ridotto a causa dei limiti della cartuccia e che solo in successivi remake poté includere il dungeon finale Lunar Ruins.

 

Final Fantasy IV

 

Rilasciato in Giappone nel 1991, Final Fantasy IV uscì in America sotto il nome di Final Fantasy II per mantenere la continuità sul territorio nordamericano, che non aveva visto il rilascio dei due FF precedenti.

Introduce per la prima volta il fortunato ATB, Active Time Battle, sicuramente il battle system più utilizzato nella serie, basato su un misto di turnazione e combattimento in real time tramite il quale l’azione non si ferma e i nemici possono attaccare anche durante la selezione della propria mossa.

Una rivoluzione per l’epoca che cambiava drasticamente la strategia di battaglia: se i turni permettevano di pianificare le proprie mosse in tranquillità, l’ATB aggiungeva un fattore di incertezza che costringeva ad agire velocemente e a valutare possibili imprevisti, come il dover curare un compagno anziché sferrare l’attacco che si pensava inizialmente, proprio a causa di un’improvvisa azione del nemico.

È anche il capitolo più vecchio ad aver ricevuto un sequel: Final Fantasy IV: The After Years.

Uscito a episodi tra il 2008 e il 2011 su diverse piattaforme e in tutto il mondo, è ambientato 17 anni dopo gli eventi del gioco principale e ne condivide molteplici aspetti, su tutti lo stile della narrazione, ancora una volta fondato sulla lotta interiore di molti personaggi tra l’oscurità e la luce e su una trama decisamente matura, ricca di colpi di scena, devastazione e la costante sensazione che i protagonisti siano ormai senza speranze.

La fortuna di Final Fantasy IV risiede anche nella sua piattaforma di uscita: grazie alla maggiore qualità tecnica possibile su SNES, il contributo delle illustrazioni di Yoshitaka Amano e delle musiche di Nobuo Uematsu si rivelò ancora più fondamentale, con l’album delle soundtracks che addirittura registrò quattro volte tanto le vendite rispetto a quello di Final Fantasy III.

 

 

Final Fantasy V

Final Fantasy V AmanoNonostante le opinioni siano differenti e le vendite dicano diversamente, Final Fantasy V rappresenta il primo, piccolo passo indietro della serie. Complice anche l’ottima riuscita di FFIV, la storia di Bartz, Lenna, Faris, Galuf e Krile si ricollega più a quelle dei primi tre capitoli e abbandona un po’ quella profondità dei personaggi e dei temi trattati che aveva reso un successo Final Fantasy IV.

Di nuovo tutto torna a ruotare intorno ai cristalli, all’equilibrio che mantengono e a un essere malvagio che vuole servirsene per i propri scopi, con una linearità e semplicità di trama non più riviste nella serie.

Exdeath è sicuramente un antagonista di tutto rispetto ma gran parte del merito va a Yoshitaka Amano, che lo disegna con un look tra i più accattivanti della serie: al di là di questo, nemmeno lo scontro mortale tra lui e Galuf, che rispecchia un po’ quello tra Golbez e Tellah, riesce a trasmettere le stesse forti emozioni dell’avventura di Cecil e compagni.
Non a caso uno dei character più amati del gioco è Boco, il Chocobo di Bartz, che in pochi minuti di comparsa è riuscito negli anni a conquistare moltissimi fan grazie alla sua dolce love story con Coco.

Una menzione a parte merita anche Gilgamesh, boss dal carattere decisamente peculiare contro il quale il party si trova a combattere più volte nel gioco: tra battute fuori dagli schemi e siparietti divertenti, quello che dovrebbe essere il braccio destro di Exdeath finisce con il sacrificarsi per salvare i protagonisti, alla fine di un discorso goliardico ma commovente che lo ha reso uno degli elementi più iconici della serie, ripreso più volte anche nei capitoli successivi.
Final Fantasy V Amano - GilgameshCroce e delizia di Final Fantasy V è il suo job system, il più ampio e profondo fino a quel momento, che permette totale libertà di selezione delle classi per i quattro protagonisti e il cui level-up ne rende disponibili le abilità speciali anche per gli altri job. In questa maniera un Knight può usare i comandi del Black Mage, oppure un Ninja può usare quelli di un Samurai e così via.

Questa totale apertura alla creatività del giocatore ha contribuito tanto alla fortuna del gameplay quanto alla mancanza d’identità dei protagonisti stessi: potendo essere qualunque cosa, falliscono nell’essere qualcuno in particolare e a trasmettere la propria personalità.

Se a questo si aggiunge la mancanza di una love story o comunque di rapporti forti come invece FFIV aveva mostrato, si capisce perché Final Fantasy V è stato il capitolo della trilogia su SNES ad ottenere il voto più basso dall’iconico magazine Famitsu: un rispettabile 34/40, che però non può competere con il successo del capitolo precedente, ma soprattutto con il capolavoro che lo avrebbe seguito due anni più tardi.

 

 

Final Fantasy VI

Final Fantasy VI è uscito nel 1994 per Super Nintendo (SNES), ma se fosse uscito tre anni più tardi su PlayStation, oggi staremmo parlando del suo remake, non di quello di Final Fantasy VII. Per quanto il valore di quest’ultimo sia innegabile, FFVI rimane persino oggi qualcosa di inconcepibile, un titolo di grande successo che avrebbe meritato ben più ampia diffusione e ancora più fortuna, uno di quei giochi che si possono definire geniali, una vera pietra miliare.

FFVI rimane persino oggi qualcosa di inconcepibile, uno di quei giochi che si possono definire geniali, una vera pietra miliare.

Set di personaggi più ampio della serie, tutti dal background estremamente curato e peculiare, ognuno, incredibilmente, con un battle system dedicato, coerente con le proprie caratteristiche; trama ben articolata, matura, che non risparmia colpi di scena, sofferenza, distruzione, tradimenti, riscatto, amicizia, amore, divertimento; mix di elementi fantasy e magici con politici e tecnologici; level design rivoluzionario per l’epoca, con scenari dove il gameplay cambia per una sezione e poi ritorna a quello standard; scrittura e dialoghi dinamici, in grado di adattarsi al party selezionato quando più personaggi sono costretti a dividersi; quantità di armi, equipaggiamento, magie, summon, abilità speciali e finali mai raggiunta prima, quasi folle, e molto molto altro.

 

Final Fantasy VI Amano

 

Si potrebbe parlare per ore di ogni elemento che ha reso unico e originale FFVI, ma di sicuro il lavoro più sorprendente è quello fatto con il battle system personalizzato per ogni personaggio.

Anche se alcuni di loro condividono la maggior parte dei comandi più comuni, ciascuno possiede un proprio modo di essere speciale in battaglia: partendo da Terra, protagonista della storia e capace di trasformarsi per cambiare statistiche e attacchi, a Sabin, che richiede una combinazione di tasti a la Street Fighter per eseguire i suoi colpi speciali, passando per Gau, in grado di acquisire abilità dai nemici per poi riutilizzarle a sua volta, o Cyan, la cui SwordTech può essere caricata più o meno a lungo a seconda della tecnica da sferrare.

Ogni personaggio di FFVI ha tutto il necessario per poter diventare il proprio preferito, e questo non si limita solamente a quelli giocabili.

Ognuno dei 14 personaggi principali possiede un aspetto unico legato al proprio modo di combattere e la varietà, ampiezza e possibilità di un sistema del genere si traducono in un incredibile numero di combinazioni, capace di soddisfare qualunque giocatore, soprattutto quelli che vogliono scavare fino in fondo tra le tante sfaccettature nascoste; un esempio? Non tutti sanno che alcune abilità di Edgar sfruttano il parametro Strenght (la forza fisica), altri quello Magic (la forza magica), quindi è importante sperimentare e capire quale equipaggiamento e accessori assegnargli a seconda delle tecniche da usare.

Lo script poi è forse quanto di meglio sia stato realizzato da Sakaguchi e Yoshinori Kitase, altro elemento essenziale nella serie: una storia mai banale, che amalgama perfettamente vicende legate alla narrazione e sezioni dedicate ad approfondire i personaggi, con dialoghi brillanti e accattivanti, un perfetto mix di humor e serietà coinvolgente dall’inizio alla fine. Ogni personaggio di FFVI ha tutto il necessario per poter diventare il proprio preferito, e questo non si limita solamente a quelli giocabili.

 

 

Final Fantasy VI Kefka

 

 

Su tutti, però, non può che spiccare Kefka Palazzo.

Nell’ultimo famoso sondaggio lanciato da NHK occupa il secondo posto di una strana categoria che unisce Boss e Summon dell’intera serie, ma essendo il primo gradino del podio occupato dall’invocazione Knights of the Round (FFVII) si conferma a tutti gli effetti il villain più amato dai fan.

Non è difficile capire il perché: Kefka non è solo l’antagonista di FFVI, è anche il cattivo per eccellenza, un personaggio subdolo, cinico, disposto a tutto per raggiungere il potere supremo e i propri obiettivi e dotato di un carisma terrificante e ammaliante allo stesso tempo.

All’inizio del gioco occupa una posizione di rilievo nelle forze armate dell’impero Gestahl, ma sin dalla sua introduzione è evidente come sia una figura fuori dagli schemi, a partire da come i soldati della sua scorta, seppur si trovino nel mezzo del deserto, si apprestino con rapidità a pulire i suoi stivaletti quando Kefka si lamenta della sabbia che vi è finita addosso.

Una risata malvagiamente fragorosa, che nel gioco accompagna tutti i momenti più bui e disperati della storia.

Una scenetta seguita immediatamente da uno degli elementi più iconici della sua figura: l’effetto sonoro della sua risata, qualcosa di mai usato prima nella serie e di tecnicamente anomalo. Una risata malvagiamente fragorosa, che molti hanno paragonato a quella del Joker di Batman, che col prosieguo del gioco accompagna tutti i momenti più bui e disperati della storia.

Con il suo vestiario clownesco, i suoi atteggiamenti irriverenti e il suo modo di agire senza scrupoli, in poco tempo Kefka finisce col terrorizzare gli stessi soldati dell’impero a cui appartiene, ma il suo potere combattivo, militare e politico continuano a crescere anche grazie ai suoi continui e atroci esperimenti sulla tecnologia Magitek e sugli Esper, l’equivalente delle Summon.

La sua abilità strategica non è da meno, come dimostrano i molteplici casi in cui riesce a pianificare, anticipare e sfruttare a proprio vantaggio le azioni dei protagonisti, ma la sua follia è ancora più grande, come si vede dalle sue reazioni alle poche sconfitte subite, dai comandi che impartisce al suo esercito e dal golpe che riesce a mettere a segno contro lo stesso imperatore.

Kefka Palazzo, di fatto, è l’unico villain della serie che riesca a vincere.

Nonostante l’ovvia sconfitta finale, propedeutica al lieto fine che ogni FF deve avere, per gran parte del gioco e soprattutto nelle ultime sezioni Kefka continua ad avere la meglio fino a surclassare e sconfiggere gli eroi protagonisti, assoggettando il mondo intero al proprio volere e follia.

Se Sephiroth in FFVII è sicuramente il villain più “cool” e famoso della serie, Kefka è largamente riconosciuto dai fan come quello più cattivo, più carimastico, più profondo, più potente, più folle.
Impossibile non amarlo.

 

Final Fantasy VI

 

Per quanto Kefka basterebbe da solo a valere il prezzo di FFVI, le oltre tre milioni di copie vendute sono dovute non solo ai fattori descritti sopra e al villain più riuscito della serie (tutt’oggi), ma anche ad ogni altro aspetto del gioco, praticamente perfetto.

Il sistema di crescita e acquisizione delle magie, gestito tramite la familiarità da sviluppare con i Magicite, è ben elaborato, equilibrato e lascia tantissimo spazio alla personalizzazione, senza intaccare lo stile e l’identità dei personaggi come invece faceva il Job System; le animazioni e la resa grafica sono di gran lunga superiori a quelle di FFV; il gioco è pieno di sessioni atipiche ben riuscite, con un continuo effetto sorpresa per il giocatore, per non parlare di alcune chicche nascoste come le desperation moves, attacchi super potenti che ogni personaggio potrebbe sferrare quando in fin di vita in maniera totalmente casuale (al posto del normale comando Attack).

Se Sephiroth in FFVII è il villain più famoso della serie, Kefka è quello più cattivo, più carimastico, più profondo, più potente, più folle.

Quasi superfluo citare quanto sia stato importante anche il classico, solido contributo di Yoshitaka Amano nelle illustrazioni (soprattutto di Kefka) e di Nobuo Uematsu in una delle colonne sonore più amate di sempre, così come quello di Tetsuya Nomura, graphic director del gioco e creatore dello stile e delle background stories di Setzer e Shadow.

Un enorme passo in avanti nella sua carriera in Square, come dimostrò poi il suo successivo coinvolgimento come main character designer di un certo Final Fantasy VII, proprio al posto di Amano.

Final Fantasy VI chiuse la trilogia della serie su SNES e, concettualmente parlando, anche la prima fase della lunga storia di Final Fantasy.

I cambiamenti nel gameplay, nelle tecnologie, nello sviluppo e nella diffusione da quel momento in poi furono così enormi che è doveroso segnare un netto confine tra ciò che Final Fantasy è stato fino al sesto capitolo e ciò che invece iniziò a diventare con Final Fantasy VII.

Quella che doveva essere l’ultima spiaggia di Hironobu Sakaguchi in soli sette anni si trasformò in una realtà della quale il pubblico giapponese, e non solo, non poteva più fare a meno: la nascita di un fenomeno culturale, di un simbolo per un intero genere, di un mondo più grande di quanto si potesse immaginare, di una vera e propria leggenda, destinata a crescere ancora.

 

 

Road to Final Fantasy VII Remake
In attesa dell’uscita dell’atteso nuovo remake di Final Fantasy, ripercorriamo la storia del franchise in una serie di approfondimenti che speriamo vi interessino, da oggi fino al 10 aprile. Leggi tutti gli articoli