Lo scorso 5 Gennaio ha debuttato su Netflix la serie The End of the F***ing World, omonima trasposizione della graphic novel di Charles Forsman, dopo essere andata in onda per la prima volta su Channel 4 lo scorso ottobre. Otto episodi da 20 minuti per una serie che, nella sua semplicità, è riuscita subito a fare colpo.

Il 2017, sia per il cinema che per la serie tv, è stato caratterizzato dalla tematica dell’adolescenza. Sicuramente stiamo parlando di uno dei periodi più complessi della crescita, in cui spesso ci si ritrova a chiedersi troppo spesso “chi sono”, ritrovandosi circondato da sempre più incertezze che, il più delle volte, generano incomprensioni ancora maggiori.

Periodo in cui per la prima volta entrano in gioco moltissimi fattori, tra cui la sessualità, una serie di prime volte, le continue aspettative da parte della famiglia, fomentate dagli stessi modelli assoluti insiti all’interno della società.

 

The End of the F***ing World

 

Può sembrare uno scherzo, ma l’adolescenza è una vera rottura di scatole.

Può sembrare uno scherzo, ma l’adolescenza è una vera rottura di scatole. Eppure tutto questo perché funge da ponte tra l’infanzia e l’età adulta. Trampolino di lancio verso le vere responsabilità, il dover affrontare i veri ostacoli della vita e comprendere che ad ogni azione equivale una determinata conseguenza.

 

 

E questo lo impareranno molto bene, soprattutto a proprie spese, i giovani protagonisti di The End of the F**ing World, James e Alyssa. Due ragazzi di diciassette anni molto diversi: Alyssa estroversa, eccentrica, alla continua ricerca di attenzione e con l’indole di entrare nelle vite degli altri come un tornado senza chiedere permesso; James estremamente introverso, incapace di provare emozioni, inquietante e con la macabra passione per… l’omicidio.

 

The End of the F***ing World

 

James e Alyssa condivido il non essere capaci di stare al mondo. La spasmodica ricerca del loro posto, della loro identità.

Eppure James e Alyssa condivido il non essere capaci di stare al mondo. La spasmodica ricerca del loro posto, della loro identità. Il bisogno, sebbene un po’ controverso, di affetto, di avere delle regole, di sentirsi più tutelati e compresi nel loro procedere a tentoni verso un territorio sconosciuto che conosciamo comunemente con il nome di vita.

Entrambe le famiglie dei ragazzi sono disastrate a modo loro, spesso incapaci di capire le problematiche che li affliggono o, peggio, poco pratici nel dimostrare loro, in modo più diretto, la propria apprensione. Come molti ragazzi, Alyssa e James crescono in una società priva di input giusti, una società che li vorrebbe solo in un determinato modo, dove o sei in o sei out, o sei un vincente o perdente, incapace di vedere, di comprendere, i veri bisogni, le paure e incertezze di un adolescente.

 

The End of the F***ing World
Ed è proprio così che Alyssa vede in James la possibilità di una via di fuga, nel venir assecondata in ogni sua stravaganza, e al tempo stesso James vede in Alyssa l’ipotetica prima vittima per comprendere se la sua natura sia davvero quella di un feroce predatore.

Inizia il viaggio on the road di The End of the F***ing World che non poco strizza l’occhio alle più classiche bad romance story come True Romance (1993) di Tony Scott o Natural Born Killer (1994) di Oliver Stone, ma usando l’adolescenza come chiave di volta del racconto. Un’innocenza, un’ingenuità che si porta avanti per tutto il racconto, venendo sempre più macchiata dal circolo vizioso di bugie che si accavallano tra di loro.

 

The End of the F***ing World

 

Metaforicamente la serie sembra racchiudere in sé il senso stesso della vita

Metaforicamente la serie sembra racchiudere in sé il senso stesso della vita, arrivando sul finale della serie con quella che potrebbe essere una soluzione sbrigativa, ma che con una leggera riflessione in più acquista un senso più preciso. Il non poter scappare per sempre, il doversi arrendere e affrontare, una volta per tutte, i problemi. Affrontare il peso delle proprie azioni, consapevole che ognuna di sé, ogni conseguenza che ne segue, è frutto delle nostre stesse scelte.

 

 

Tutto questo si viene a formare senza l’uso della morale e dell’etica, almeno da parte dei due giovani protagonisti, vero nucleo portante dell’intera storia dove, di tanto in tanto, compare la figura dell’adulto.

Così come nel caso del precedente 13 Reason Why, la serie è definita dalla stessa presenza di giovani che si muovono in un contesto in cui la figura dell’adulto viene inquadrata nel lato più pessimistico. Adulti egoisti, ciechi, incapaci di andare oltre la superficie, intrappolati nelle loro stesse paure e debolezze.

C’è chi vede solo bianco e chi solo nero, senza inquadrare tutta l’altissima gamma di colori che vi è nel mezzo. E di questo sistema Alyssa e James ne sono completamente vittime, rispecchiando la situazioni che troppi ragazzi di adesso vivono.

 

The End of the F***ing World

 

La serie è una vera pillola agrodolce che scorre con fin troppa velocità, coinvolgendo lo spettatore quasi come se si stesse vedendo un film. Alex Lawther e Jessica Barden si mostrano più che all’altezza del ruolo, dando un’incredibile prova attoriale. Giovani attori che non danno respiro alle loro controparti più adulte e che sanno ben interpretare i loro personaggi, al punto da arrivare con facilità allo spettatore.

Più che con i sentimenti, a farne da padrone è l’azione stessa. Ogni scena si forma con il giusto dinamismo, creando un ritmo serrato che dall’inizio alla fine non da tregua. Le uniche perplessità si possono avvertire sul finale, spiazzante e che lascia in bilico lo spettatore su cosa sia davvero accaduto.

 

The End of the F***ing World
La storia è molto realistica ma, proprio sul finale, qualche elemento fin troppo di finzione, e anche piuttosto critico nei confronti della polizia, fa perdere l’equilibrio di verosimiglianza che si era riuscito a mantenere fino a quel momento.

 

Difficile non restare rapiti da questo lavoro tipicamente british.

Nonostante questo, difficile non restare rapiti da questo lavoro tipicamente british che, a suo modo, riprende anche le prime stagioni di Skins e si pone come un focus su una giovinezza sempre più abbandonata a se stessa, sporcata, dove gli ostacoli si fanno sempre più ingombrati. Giovinezza che spesso si sopravvaluta e, troppo spesso, si abbandona a se stesso condannando, il più delle volte, i protagonisti a un destino inevitabile.

 

The End of the F***ing World

 

Sarebbe stato interessante vedere The End of the F***ing World in una chiave direttamente filmica, magari con una regia ancora più pop e fumettosa, scampando la possibilità di una seconda stagione che, a giudicare dai fatti, ben poco avrebbe da dire.

La serie resta comunque un piccolo gioiellino del genere di cui se ne raccomanda assolutamente la visione in lingua originale.

 

The End of the F***ing World è disponibile su Netflix