Nella settimana degli Oscar, arriva al cinema uno dei film più quotati per il titolo di miglior film, ovvero Barriere, terzo lungometraggio come regista per Denzel Washington, tratto dalla pièce teatrale Fences del 1983 di August Wilson, vincitrice del Premio Pulitzer alla drammaturgia.
Denzel Washington torna al cinema come regista, oltre come attore, con Barriere, film drammatico e dall’impostazione teatrale. Infatti, la pellicola è tratta dall’omonima opera teatrale di August Wilson, il quale compare nei crediti della sceneggiatura, sebbene l’autore sia morto nel 2005.
Barriere è una delle più considerevoli opere teatrali americane e del lavoro letterario di August Wilson.
L’opera è il sesto dramma del “ciclo di Pittsburgh” che vide il suo debutto nel 1983. Cinque anni dopo, la pièce andò in scena a Broadway, vincendo successivamente il Premio Pulitzer per la drammaturgia e il Tony Award alla migliore opera teatrale.
Nel 2010 l’opera ha un nuovo allestimento e a interpretare i protagonisti sono proprio Denzel Washington e Viola Davis, che rivediamo sette anni dopo negli stessi ruoli, ma sul grande schermo.
Candidato a ben quattro Premi Oscar (Miglior Film, Miglior Attore, Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Sceneggiatura Non originale), Barriere è un flusso di coscienza continua. Un dramma interiore che parte dal suo apparentemente di ghiaccio protagonista e si rimette in tutti gli altri personaggi, riflettendo quelle che sono delle “comuni” difficoltà di vita quotidiana sullo spettatore.
Barriere racconta una realtà, una società, che è quella dell’America degli anni ’50. Un’America ancora scossa dalla guerra, dalla differenza razziale, dalla differenza di generazione tra i nati pre-guerra e quelli post.
Troy Maxson, ex promessa del baseball, si è sempre dato da fare nella sua vita. Lavorando ogni giorno e rendendo la sua pelle sempre più spessa nei confronti di qualsiasi sofferenza. Un’infanzia nei campi, un padre padrone, un adolescenza in riformatorio con un figlio troppo presto.
L’arrivo di Rose cambia la vita di Troy. Una donna forte, dolce. Una madre amorevole sia per il figlio di Troy che per Troy stesso, oltre che per il fratello malato di quest’ultimo reduce dalla guerra. Dall’unione dei due nasce anche Cory, un giovane ragazzo che tenta di seguire le orme del padre non sentendosi mai abbastanza.
Troy per mantenere la sua famiglia è costretto a fare il netturbino, assieme all’amico di una vita Jim Bono (Stephen Henderson), combattendo ogni giorno contro le discriminazioni razziali.
Quella che è stata una vita perennemente bilanciata dalle responsabilità e dal senso del dovere, portano Troy a uno stato di frustrazione, che sfoga attraverso la relazione clandestina con una donna più giovane e sui propri figli, negando per paura di vederli soffrire e cadere nei suoi stessi sbagli, tutte le loro ambizioni, dalla musica per Lyon (Russell Hornsby) al football per il giovane Cory (Jovan Adepo).
Barriere è totalmente, o almeno per la maggior parte, strutturato come una pièce teatrale. Lunghissime scene ambientate in un unico ambiente, esterno o interno, dove i personaggi si muovono e comunicano tra di loro. Lunghissimi dialoghi molto verbosi, ma non stancanti. C’è sempre molta musicalità in ogni parola pronunciata, merito è anche del tipo di accento utilizzato dagli attori.
Inutile dire che se ne consiglia la visione, soprattutto per una questione di comprensione e armonia della storia, in lingua originale proprio perché l’intonazione degli attori e il modo di parlare è assolutamente fondamentale per il tipo di personaggio che ci troviamo di fronte. Questo discorso si applica, in particolar modo, con il personaggio di Troy. Quest’uomo trasuda la rabbia verso le sue stesse paure, le sue fragilità che non vuole ammettere, non vuole riconoscere di fronte al prossimo.
Un uomo che non accetta neanche di piegarsi, se non verso la propria compagna, cercando in lei il perdono in un modo comunque molto rigido. La bellezza di questa coppia sta proprio nel personaggio di Viola Davis, Rose. Una donna matrona, una mamma di tutti, una donna che si dona ma che al tempo stesso, nonostante tutti i suoi sacrifici e le sofferenze, non si pente di nulla. Rimane a testa alta dall’inizio alla fine.
Il rapporto uomo donna e marito e moglie. Una donna che per amore arriva a tutto ma mantenendo sempre alto il proprio di onore, una profonda dignità verso il suo essere femminile. Una madre che insegna il rispetto verso i genitori e non importa i difetti di uno o dell’altro, bisogna imparare dagli errori e dimostrare di essere delle persone mature portando sempre e comunque rispetto. Imparando dagli altri e non ponendosi mai a un livello più basso.
Viola Davis è incredibile. A parlare per lei sono soprattutto i silenzi e gli sguardi. Un’attrice che sa comunicare tantissimo nel suo fingere un atteggiamento remissivo, ma capace di gestire l’intera situazione. Una donna rispettosa del proprio uomo, come soprattutto il tipo di epoca insegna, ma che sa quando è necessario mettere dei paletti, una barriera.
E le barriere, in questo caso, fungono da doppio simbolo. La barriera unisce da un lato e divide dall’altro. Nella pellicola si parla proprio di questo. Tenere unita una famiglia, lasciando al di fuori l’estraneo, ma al tempo stesso essere costretti a separare, ad ottenere ognuno il proprio spazio per poter vivere, e non semplicemente sopravvivere.
Denzel Washington è incredibile fin dai primi minuti. L’attore, spesso visto in film piuttosto action, cambia totalmente pelle e si trasforma. Il suo è un lavoro intenso sul personaggio, diventando un tutt’uno con Troy dal modo di parlare ai movimenti.
In Troy si vedono subito quelle che sono le delusioni del suo tempo, riflettendole sui propri cari senza comprendere quanto dalla sua giovinezza a quella dei suoi figli i tempi siano cambiati, di come la guerra abbia cambiato e trasformato tutto.
Troy non riesce ad avere fiducia nell’umanità e questo, purtroppo, si riflette su tutti i suoi affetti, portando l’uomo a dei continui scontri molto dolorosi che, alla fine, lo porteranno a comprendere la profonda delusione degli altri nei suoi confronti e la terra bruciata che si è fatto attorno.
Il tipo di recitazione, ovviamente per tutti i personaggi, è molto teatrale, ma mai troppo sopra le righe. C’è sempre armonia e coerenza nei movimenti e azioni dei personaggi. Si tratta sempre di un film, il quale però mantiene un’estrema fedeltà alla sua pièce teatrale.
La disposizione dei personaggi, come entrano ed escono dalla scena, come si muovono negli spazi interagendo con essi, tutto è un chiaro riferimento al teatro. Ad ampliare l’intero quadro, rendendolo più tridimensionale è il gioco delle inquadrature che, rispetto al teatro, possono dare una visuale a 360° gradi allo spettatore, andando ben oltre la parete piatta del palcoscenico.
Curiosiamo lì dove non potremmo fare, cambiando ogni volta sguardo dei personaggi, osservando le loro sensazioni ed emozioni. Escamotage che possiamo ritrovare in questo genere di film, come per esempio Carnage o Venere in Pelliccia di Roman Polanski.
Gli stessi attori sono “definiti col contagocce”. Solo quelli essenziali. Il teatro insegna che se c’è un personaggio non parlante, e se questo personaggio non è essenziale fisicamente, così come vedere gli interni di un’abitazione o di una struttura, si può semplicemente citare dando il compito della costruzione e dell’illusone di aver visto quella persona o quell’ambiente attraverso il dialogo.
Barriere è un film che si interroga su tematiche semplici e complesse al tempo stesso. La responsabilità, il senso del dovere, di vivere una vita in funzione di mutuo, tasse, figli da mantenere. E poi il bisogno di lasciarsi andare, vestire i panni ipocriti di chi ha bisogno della libertà ma sente di non poterla cedere agli altri. Restare legati al continuo senso di inferiorità, il continuo rimpianto verso il passato.
Al tempo stesso c’è il bisogno di crescita, di dimostrare di valere più di qualcosa, più di qualcuno, di sapere affrontare la propria vita e prendere le proprie decisioni al di fuori del tetto familiare.
Un fiume di parole dal duplice significato alimenta il film. Il rapporto padri e figli, diversificato e tormentato dai soliti battibecchi. Il desiderio di essere sempre grandi e la paura di non essere mai abbastanza.
Un film profondo. Intenso.
Una pellicola che scava attraverso il suo protagonista nell’animo dello spettatore, sviscerando continuamente argomenti che lo portano a nuove riflessioni.
Barriere sarà nelle sale italiane dal 23 Febbraio.