Questa settimana entrare in un negozio di fumetti ha rappresentato un curioso salto nel passato. Complice le ristampe della Panini Comics, prendere fumetti aveva un curioso sapore anni ’90.

Complici anni di concorrenza spietata da parte della defunta Planeta DeAgostini (defunta in quanto pubblicazione di clamorose ristampe targate DC comics), la casa editrice modenese ha finalmente messo a punto un programma di ristampe che, in certi casi è davvero succulento. Sto pensando per esempio al Doom 2099 di Warren Ellis (davvero geniale!) passando dal Devil della Nocenti (un must, ma perché far partire la ristampa a metà ciclo?) ed all’Hulk di Peter David. Bel packaging, ottima qualità della carta e della stampa. Edizione forse un po’ anonima, figlia di un design datato e poco personale ma con fondamentalmente un unico grande difetto: il prezzo è sensibilmente troppo alto.

Il catalogo di ristampe sta pescando a piene mani dal catalogo Marvel degli anni ’90.

Per intenderci quando già c’era la Marvel Italia, poi Panini comics, a pubblicare le gesta dei supereroi della casa delle idee dalle nostre parti. Se l’era di Apocalisse mi aveva affascinato per un certo segno grafico, la seria dedicata ad Onslaught mi aveva lasciato tiepido perché veramente troppo figlia dei suoi tempi.

Dopo due saghe dedicate ai mutanti (che, comunque, negli anni ’90 facevano la parte del leone in casa Marvel, al punto che le testate dell’Uomo Ragno avevano il sottotitolo ‘the non-mutant super-heroes’), questa settimana è arrivato il turno dell’Uomo Ragno che ritorna con la sua famigerata Saga del Clone.

Ora, nel ’95 avevo appena ripreso a rileggere le avventure del Ragno dopo la pausa di un paio di anni e devo dire che anche all’epoca tutto l’intreccio, seppure troppo lungo e arzigogolato, aveva parecchi pregi. Eppure, allora come ora, ricordo parecchi detrattori, inclusi editor della stessa Panini.

220px-asm149coverEd in effetti la Marvel la tirò un po’ per le lunghe, quasi tre anni sulle quattro testate mensili di Spiderman (Amazing, Peter Parker, Web e SpiderMan). Se pensiamo che, in tempi moderni Superior Spiderman, la saga con il Dottor Octopus che in persona l’Uomo Ragno è arrivata a durare poco più di un anno, ci rendiamo conto della lungaggine.

Ed in effetti, la serie di volumi che a Panini si accinge a pubblicare raccoglieranno una sorta di the best of, in modo da evitare tutti gli allungamenti di brodo che all’epoca servirono da fill-in.

Terry Kavanagh, all’epoca editor e sceneggiatore della Marvel definì le regole del gioco. E facciamo un attimo due conti. Nel 1994 la Marvel aveva appena visto passare l’ondata Image comics. I fumetti di primi anni ’90 tutta grafica e pin-up adesso avevano una loro casa editrice dedicata e i talenti che la casa delle idee aveva cercato di raggruppare per sostituire gli auto esiliati diciamo che, al meglio erano una serie di ottimi imitatori. Specialmente SpiderMan doveva riprendersi dalle onde gemelle di Todd McFarlane ed Erik Larsen che erano riusciti a trasformare le serie del ragno in  un otto volante tutto adrenalina ma, un po’ fiacco dal punto di vista dei testi.

Rileggere oggi la saga del clone fa uno strano effetto.

Rileggere oggi la saga del clone fa uno strano effetto. No, non è solo nostalgia. L’idea, al di là dello sviluppo è buona. L’uomo ragno, cinque anni nel passato (ma ben venticinque di vita editoriale prima) si scontrò con un suo clone creato da Miles Warren, alias lo Sciacallo. Nessuno sapeva cosa fosse successo poi. E quando il clone ritorna, prendendo il nome di Ben Reilly (Ben , potete immaginare da dove arriva, Reilly è il cognome da nubile della zia) viene a sconquassare lo status quo. Peter Parker è il vero clone, e Ben reclama il suo legittimo ruolo. O magari no.

Diciamo che per tre anni il dubbio attanagliò tutti i fan. Ma chi vogliamo prendere in giro? sapevamo tutti che Peter sarebbe stato l’originale. Ma fu bello dubitare del contrario. In quell’occasione, la Marvel ebbe la vera occasione di poter cambiare le carte in tavola. Peter Parker, sposato alla modella Mary Jane, una zia cagionevole ed un figlio in arrivo.

Obiettivamente sembrava difficile che un ragazzino potesse immedesimarsi in una figura che, complice una continuity ferrea era cresciuto divenendo un giovane uomo. Di certo, sostituirlo con il più giovanile Ben Reilly (e la sua immancabile felpa blu anni ’90) sarebbe stato un ottimo colpo che, obiettivamente non cancellava tutto, ma cambiava tutto.

spider-man-the-clone-saga-volume-5Purtroppo quando si decise come concludere la saga, lo status quo venne resettato e tutto fu pronto per un ennesimo reboot. Se ci pensate, siamo allo stesso punto che, dieci anni dopo, durante Civil War, portò la saga del Ragno ad un reboot fastidioso grazie alle (poco) capaci mani di Dan Slott. In quel caso dovettero addirittura inventarsi un ridicolo deus ex machina.

Dopo vent’anni i lasciti della saga del clone nell’ambito del corpus del Ragno sono relativamente pochi. Certo rimane qualche comprimario. E per quasi un decennio le avventure in un futuro alternativo di miss Mayday Parker (la figlia mai avuta di Peter e MAry Jane) sono state spassosissime. Ma nessuno si è più proposto di inserire nella storyline alcun rimando alla saga.

Eppure, a sfogliarle ora, e pagine della saga del clone, sono piacevoli. Le matite di Romita jr, di BAgley, perfino di Sal Buscema, sono invecchiate bene. Le tavole sono popolate da un piacevolissimo story-telling ed il tratto ha ben poco a che vedere con il caricaturale che accompagna gli albi del ragno di recente. Il ragno degli anni ’90 forse non è non è significativo come quello degli anni ’70 e ’80 ma è iconico alla stessa maniera.

Bisogna ringraziare la Panini per recuperare queste saghe, se non altro per godersi i personaggi della casa delle idee prima che fossero universalmente riconosciuti e semplificati come gli stessi personaggi dei film.